InfoAut
Immagine di copertina per il post

La nostra spending review

Il costo del debito pubblico italiano non è sostenibile: 85 miliardi all’anno di interessi su 1.900 miliardi di debito complessivo, che l’anno prossimo saranno probabilmente di più: 90-100; a cui dal 2015 si aggiungeranno (ma nessuno ne parla) altri 45-50 miliardi all’anno, previsti dal patto di stabilità europeo, per riportare progressivamente i debiti pubblici dell’eurozona al 60 per cento dei Pil. Ma questa è solo la parte nota del nostro debito pubblico; ce n’è un’altra “nascosta”, che forse vale quasi altrettanto e che emergerà poco per volta, mano a mano che verranno a scadenza impegni che lo Stato o qualche Ente pubblico hanno assunto per conto di operatori privati sotto le mentite spoglie di una finanza di progetto. Il Tav (treno ad alta velocità) è l’esempio e il modello più clamoroso di questo sistema; comporta per la finanza pubblica – finora, ma non è finita qui, e Passera ci si è messo di impegno – un onere nascosto di circa 100 miliardi di euro. Ma secondo Ivan Cicconi dietro le circa 20 mila Spa messe in piedi dalle diverse amministrazioni locali si nasconde un numero indeterminato di “finanze di progetto”, i cui oneri verranno alla luce poco per volta nei prossimi anni. Doppia insostenibilità. Colpa della Politica? Certamente. Ma soprattutto colpa delle privatizzazioni, che non sono un’alternativa agli sperperi della Politica, ma il loro potenziamento a beneficio della finanza privata e di profittatori di ogni risma. La vera alternativa alla cattiva politica è la trasparenza e il controllo dal basso della spesa e dei servizi pubblici: la loro riconquista come beni comuni..

Finora gli interessi sul debito pubblico italiano sono stati pagati ogni anno, in tutto o in parte, con nuovo debito (che infatti è in larga parte il prodotto non di veri investimenti, mai fatti, ma di interessi accumulati nel corso del tempo). Ma con il pareggio di bilancio in Costituzione, quegli 85-100 e poi 130-150 miliardi all’anno, dovranno essere ricavati interamente da un taglio ulteriore della spesa pubblica o da maggiori entrate fiscali. Finché il sistema finanziario globale è stato stabile, il debito italiano (ora al 120 per cento del Pil) non creava problemi: era una cuccagna sia per coloro che incassavano gli interessi, sia, soprattutto, per l’evasione fiscale (120 miliardi di euro all’anno!) e la corruzione (altri 60 miliardi; altro che le pensioni troppo generose!). Quei costi e quegli ammanchi venivano infatti coperti dallo Stato, indebitandosi. Ma da quando il sistema finanziario è diventato turbolento (e nei prossimi anni lo sarà sempre di più) fare fronte a quel debito è sempre più difficile e costoso; e prima o dopo la corda si spezza. È un po’ quello che è successo con i mutui subprime; per anni hanno reso bene a chi li concedeva, a chi li rivendeva impacchettati a milioni nei cosiddetti Cdo, e a chi li ricomprava, ripartendo il rischio – come sostiene la teoria economica – su tutto il pianeta: in particolare, per quello che riguarda l’Europa, tra le banche inglesi, francesi e tedesche, che ne sono ancora oggi piene. Ma un debito non può crescere e accumularsi all’infinito; prima o dopo arriva la resa dei conti. Con i mutui subprime la si è in parte attutita e in parte nascosta finanziando a man bassa, con migliaia di miliardi di denaro pubblico, le banche che li detengono perché non fallissero. Con i debiti pubblici dei paesi dell’Europa mediterranea la Bce di Draghi ha deciso di fare la stessa cosa: finanzia le banche a tassi scontati perché riacquistino i debiti pubblici in scadenza, a tassi cinque-sette volte maggiori. E le banche lucrano la differenza. Ma è un gioco che non può durare in eterno; nemmeno se, per miracolo, la Bce fosse autorizzata a comprare quei titoli direttamente (“stampando” – come si dice, ma le cose non stanno proprio così – moneta). Che cosa c’è, allora, alla stazione di arrivo di questo binario? O la “crescita” o il default. 

Ecco perché politici ed economisti (e gli economisti-politici) si sbracciano a snocciolare ricette inconsistenti e persino ridicole per la “crescita”. Ma quale crescita? Con il pareggio di bilancio – e in un contesto in cui gli interessi sul debito non vanno a sostenere la domanda, ma volano a gonfiare la bolla finanziaria – per tornare a crescere il Pil italiano dovrebbe aumentare a un tasso superiore all’incidenza del servizio del debito (interessi più ratei di rimborso). Ritmi cinesi (e di una Cina che non c’è più) se lo spread resta ai livelli attuali; ma anche, a partire dal 2015, se tornasse a livelli giudicati “normali”. Ma niente di questo è in vista: invece di crescere, l’Italia è già in recessione; l’Europa sta per entrarci; le economie emergenti non “tirano” più e il mondo intero sta correndo incontro a un disastro ambientale irreversibile. Per questo il default non è fantascienza ma, ahimé, una prospettiva sempre più probabile; non ci siamo abituati, ma non sarebbe né il primo né l’ultimo della storia.

Meglio dunque prepararsi. E prepararsi vuol dire negoziare a livello europeo una ristrutturazione del debito (di molti paesi; e di molte banche; anche di quelle dei paesi più forti). E per ristrutturare i debiti bisogna sapere come si sono formati, chi li detiene, e come isolare le conseguenze più negative di un loro congelamento, di una loro riduzione (il cosiddetto haircut: taglio di capelli) o di un loro annullamento selettivo (larga parte del debito italiano è classificabile come “odioso” o “illegittimo”) a seconda delle categorie coinvolte. È l’audit del debito: un programma di indagine che dovrebbe vederci impegnati per i prossimi mesi e forse anni; ma con cui è possibile costruire in forme condivise una piattaforma alternativa di governo dell’economia. In altri paesi – in Europa, Grecia, Irlanda, Spagna; e in altri in America Latina – questo lavoro è già in corso. Da noi potrebbe assumere dimensioni più vaste e profonde. Non si tratta infatti soltanto di coinvolgere un gruppo di economisti – il più vasto possibile – disposti a impegnarsi in questo esercizio; di rivendicare l’accesso a documenti mai resi pubblici; e di diffondere i risultati della ricerca con una grande campagna di informazione. Per essere esauriente, l’audit dovrebbe ricostruirne non solo il passato – come si è formato il debito – ma scavare nel presente e, per i motivi spiegati prima, anche nel suo futuro. Cioè, portare alla luce come viene gestita la spesa pubblica nella sua dimensione operativa.

Per condurre un audit in questo modo bisognerebbe costituire in ogni città e in ogni ente un nucleo di persone disposte e interessate a rendere pubblico – senza violare per ora alcun obbligo di riservatezza – il modo in cui concretamente si formano le decisioni relative all’erogazione della spesa in cui il loro ufficio o il loro servizio è coinvolto; e di includere in questa disamina una rappresentanza dei cosiddetti stakeholder: gli utenti, siano essi pazienti, fruitori, soggetti di registrazione o controlli, o contribuenti; le imprese che accedono a qualche servizio o che ne sono fornitori; le altre branche, correlate, della pubblica amministrazione.

Chiunque abbia lavorato in o a contatto con organismi pubblici sa che tra le leggi che disciplinano una materia e la loro applicazione operativa c’è un’infinità di passaggi, alcuni normati in forma di regolamento, altri gestiti in modo discrezionale, alcuni del tutto inutili o facilmente semplificabili, e molti sottoposti ai condizionamenti sia di lobby legali che di attività illecite. In più, chiunque abbia lavorato in questo contesto sa che in certi ambiti una parte del personale è veramente superflua, perché l’organico risponde esclusivamente a una logica di potere della gerarchia; mentre in altri è decisamente insufficiente o insufficientemente qualificata; e che anche la mobilità interna potrebbe essere gestita molto meglio, e in modo non vessatorio, con il coinvolgimento non episodico e non condizionato sia di chi il lavoro lo svolge tutti i giorni che di chi ne fruisce o concorre al suo risultato come fornitore o utente. Si tratta di portare tutto questo alla luce, connettendolo, mano a mano che l’analisi procede, al contesto della elaborazione macro sul debito sviluppata dagli economisti. Una riforma democratica della spesa pubblica e del debito non può prescindere da un’operazione del genere. Ma non può prescinderne nemmeno una vera riforma della pubblica amministrazione fondata sui principi della partecipazione. Quella spending review che Brunetta ha varato interpretandola come licenza di bastonare sadicamente i lavoratori e Tremonti come programma di “tagli lineari” a cui sottoporre in modo indiscriminato e devastante tanto gli organici della pubblica amministrazione quanto la dotazione di risorse gestita da ogni servizio, i lavoratori del pubblico impiego la potrebbero prendere nelle loro mani. Per farne la base tanto di una piattaforma rivendicativa per una riorganizzazione dal basso del loro lavoro, quanto di una informazione dirompente del modo in cui si forma giorno per giorno la spesa e giorno per giorno si accumula il debito. È una proposta irrealizzabile o è il complemento irrinunciabile di un programma di conversione ecologica?

Da Il Manifesto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

crisidebitogoverno montiitaliaspending review

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ancora catene da spezzare – Appunti su pratiche di libertà e ed autodifesa

Negli ultimi anni, all’interno dei movimenti transfemministi italiani ed europei, si è manifestata una dinamica preoccupante: l’uso di linguaggi e strumenti nati per la liberazione come dispositivi di delegittimazione e controllo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Nuova strategia Usa e chi non vuol capire

A proposito della nuova strategia degli Stati Uniti e le reazioni che ha suscitato

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Bulgaria: cade il governo dopo le proteste. Quali scenari?

Giovedì il primo ministro della Bulgaria Rosen Zhelyazkov ha annunciato le sue dimissioni.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’importante non è partecipare

Penso tuttavia che il punto cruciale, l’oggetto della nostra critica, debba essere la democrazia nel suo pieno sviluppo: la democrazia politica moderna.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ecomarxismo e Prometeo liberato

Nel Prometeo incatenato di Eschilo, Prometeo è una figura rivoluzionaria.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I tatuaggi di Pete Hegseth, l’America Latina e la guerra che viene

Mentre scriviamo queste righe il Presidente degli Stati Uniti dichiara unilateralmente chiuso lo spazio aereo sopra il Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (Parte 2). 

Proseguiamo la traduzione in lingua italiana di questi preziosi contributi sul contesto delle lotte in Cina nel 2024, tradotti in inglese dal collettivo Chuang.  Consapevoli delle profonde differenze tra il nostro contesto e quello cinese, a sua volta molto difficile da restituire come un intero, alcuni dati e considerazioni che vengono avanzati nel testo sembrano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Continuano le piazze per la Palestina e nella notte nuovo abbordaggio della Flottilla

Ieri, 7 ottobre, in particolare in due città italiane, Torino e Bologna, si sono tenuti appuntamenti per continuare la mobilitazione in solidarietà alla Palestina. Entrambe le piazze sono state vietate dalle rispettive questure in quanto considerate “inopportune”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Russia formalmente sostiene l’Iran, ma mantiene un difficile equilibrio nello scacchiere mediorietale.

Con l’Iran la Russia ha un accordo strategico che però non prevede l’assistenza militare reciproca formalizzato nel Trattato di partenariato strategico del gennaio 2025, in realtà  è un accorod molto più all’insegna del pragmatismo e degli interessi reciproci anche perchè Mosca continua ad avere buone relazioni con Israele non fosse altro perchè un sesto circa della popolazione israeliana è costituito da russi di origine più o meno ebraica.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Montichiari: cancellato il volo con i missili in transito.

Vittoria per lavoratrici e lavoratori. Revocato lo sciopero.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

l’Occidente che uccide:retoriche vuote per giustificare l’ingiustificabile.

L’idea che si possa “difendere la civiltà” a suon di bombe e crimini di guerra è il paradosso fondativo del progetto coloniale. E oggi è il cuore della propaganda bellica israeliana, e di chi la sostiene in Occidente.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Centro addestrativo per i piloti di elicotteri da guerra in Liguria.

Sorgerà in Liguria un grande centro di formazione ed addestramento dei piloti di elicottero delle forze armate italiane e straniere; la realizzazione sarà affidata ad un’azienda leader del complesso militare-industriale di Israele.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La crisi nel centro: la Germania nell’epoca dei torbidi. Intervista a Lorenzo Monfregola

La Germania, perno geopolitico d’Europa, epicentro industriale e capitalistico del continente, sta attraversando senza dubbio un passaggio di crisi.