‘Ci siamo’. Ma da che parte? Precari vs Camusso al Pigneto
Esposto uno striscione e dei cartelli con un fake della campagna della CGIL “ci siamo”, al quale era aggiunta la provocatoria domanda “da che parte”, è stata letta (peraltro ottenendo interesse e consenso di molti presenti) la seguente lettera.
“Ci siamo” Ma da che parte? alcune domande al Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso.
Siamo giovani, precari, studenti, fuorisede che vivono e animano il Pigneto. Quotidianamente ci troviamo ad affrontare i problemi che la precarietà ci impone, di cui tutti si riempiono la bocca, ma che evidentemente non tutti conoscono.
Siamo lavoratori di qualche locale della zona, costretti a pagare 400 euro per una stanza, e magari anche in nero!
Studiamo, facciamo corsi di formazione, frequentiamo l’università, facciamo gli stage, lavoriamo in nero stretti tra tempi di vita che nemmeno si possono immaginare.
Siamo, però, anche quelli che tentano collettivamente di ribellarsi, attraverso la cooperazione e l’autogestione, occupando abitazioni e liberando spazi abbandonati, costruendo sportelli di autotutela gratuiti, organizzando seminari autogestiti, per riappropriarci di ciò che ci vogliono togliere: il tempo e il futuro.
Per questi motivi riteniamo che il dibattito “#liberiamoci dalla precarietà – la CGIL incontra i giovani” potrebbe essere interessante, anzi dovrebbe esserlo data la gravità della situazione sociale dei giovani in questo Paese.
Tuttavia pensiamo che se veramente si vuole avere un confronto con chi è precario lo si possa fare solo partendo dal confronto con i contenuti e le pratiche che in questi mesi e in questi anni sono state gridate nelle strade, nelle scuole e nelle facoltà del nostro Paese.
Non si può lasciare spazio a chi vuole utilizzare la crisi economica come scusa per un ulteriore diminuzione dei diritti, quando al contrario ora come non mai si impone di cogliere l’’occasione per nuove conquiste e per una necessaria redistribuzione della ricchezza.
Partendo da queste considerazioni, vorremo porre alcune domande:
1. Perché sedersi ad un tavolo di trattativa dove l’unico punto chiaro di dibattito è l’eliminazione dell’art. 18 anziché invece aprire un dibattito sull’allargamento dell’articolo 18 per chi entra nel mercato del lavoro?
2. Con quale legittimità i sindacati confederali, i cui iscritti sono principalmente pensionati e lavoratori dipendenti delle grandi aziende, ritengono di poter siglare accordi in nome dei precari, dei lavoratori autonomi, delle partite IVA, senza un confronto reale con il Paese e con i movimenti? Un accordo, magari concordato preventivamente in qualche misterioso incontro privato con un governo tecnico privo di qualsivoglia legittimità.
3. Come può pensare la CGIL di confrontarsi con i giovani ed i precari senza mettere al centro delle proprie rivendicazioni e della propria proposta politica la questione del nuovo welfare, a partire dalle pratiche dal basso sperimentate in questi anni e dalla rivendicazione del reddito garantito svincolato dalle condizioni di lavoro, superando ogni retorica di “conflitto fra generazioni” nella prospettiva invece di rivendicazioni universali ed unificanti?
Ci piacerebbe se a queste domande si rispondesse, da domani, nei fatti perché la vita da precari in Italia è oramai insostenibile!
Student* e precar* del Pigneto
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