InfoAut
Immagine di copertina per il post

Confindustria all’attacco del Recovery Fund

||||

Mentre la popolazione italiana è ancora intorpidita dagli effetti della pandemia, traumatizzata dalle incerte prospettive sia epidemiologiche sia economiche, il dibattito politico post-elezioni/referendum (20-21 settembre) si è spostato velocemente sulla Legge di Bilancio (finanziaria), sulle finalità del Recovery Fund, e sull’annosa questione del MES (meccanismo europeo di stabilità).

Purtroppo dobbiamo riconoscere che, in assenza di spinte dal basso, il tema dell’allocazione delle risorse è una partita che si sta giocando interamente nel campo della compatibilità istituzionale: Confindustria alla carica, governo ‘mediatore’, e sindacati riluttanti e ormai completamente disabituati all’esercizio della forza.  

Come avevamo già sottolineato in un precedente articolo (Crisi Pandemica, Crisi Globale), la temporalità di questi tre ‘momenti finanziari’: Legge di Bilancio, Recovery fund e Mes non è fattore di secondo piano.

Nelle ultime settimane l’esecutivo ha annunciato una crescita della manovra finanziaria da 25 a 40 miliardi tramite l’emissione di nuovo deficit, un ulteriore 1.3% che si andrebbe a sommare al 12% già contratto dall’inizio della pandemia in marzo.

Questa sempre ‘magra’ Legge di Bilancio dovrà essere presentata e dettagliata entro la fine di ottobre, così come i progetti del Recovery, che dovranno però discutersi con l’UE e saranno quindi utilizzabili a partire dalla primavera 2021.

Nei sei mesi che intercorrono i margini di spesa rimarranno bloccati, con una disoccupazione all’8.3% a cui vanno sommate come spiega l’Istat le centinaia di migliaia di persone che hanno smesso del tutto di cercare lavoro (tra agosto 2019 e agosto 2020 ci sono 470 mila posti di lavoro in meno).

I dati che riguardano i giovani sono quelli più drammatici (disoccupazione giovanile al 32%), infatti, nel protrarsi della pandemia, interi segmenti dei servizi e della produzione stagionale hanno notevolmente ridotto le posizioni richieste. Lavori precari e sottopagati dirà qualcuno: certamente, ma sarebbe miope non rendersi conto che su essi si basava il reddito di milioni di individui e famiglie.

Infine, è opportuno spendere qualche parola sul MES ‘rinegoziato’. Rinegoziato non vuol dire migliore, ma significa che lo strumento che doveva ‘salvare gli stati’ dalle speculazioni sul debito in cambio di riforme e commissariamento, è divenuto tutt’altro, ossia una linea di credito (altro debito da restituire con tassi di interesse minori) da 36 miliardi utilizzabili solo per le spese sanitarie direttamente legate al Covid. Le alte sfere del PD, con Zingaretti e Gentiloni (Commissario economico dell’UE) in prima fila, ne invocano l’accesso per sopperire alle carenze strutturali della sanità di fronte ad una pandemia che prosegue, peggiora e costa.

Un dibattito questo che non ci esalta ma che tuttavia rappresenta un elemento importante del riassetto decisionale sia interno al governo (si veda la postura dei 5 Stelle) sia nei confronti dell’UE.

Qualcosa su cui ci sembra più utile ragionare è la complessiva partita sulle risorse che sta dando una svolta decisiva all’azione del governo che, in assenza di idee e pressioni sindacali reali, sta supinamente inseguendo il dibattito dettato dalla nuova Confindustria di Bonomi.

Il nuovo presidente Bonomi, eletto in primavera in piena crisi Covid, ha dettato la linea durante l’assemblea di Confindustria 2020 (29 settembre), alla quale, come sempre, erano presenti le figure di maggior spicco di tutto l’arco parlamentare.

Gli industriali spingono per la sottoscrizione di un patto per una ‘nuova produttività’ da tradursi in: nessuna tassa su ricchi e patrimoni (a questo proposito sarà dirimente analizzare la tanto sbandierata riforma fiscale ‘progessiva’ alla tedesca), incentivi alle imprese in forma di sgravi fiscali, IRPEF a carico dei lavoratori, fine sia del reddito di cittadinanza, che sta leggermente spingendo verso l’alto il costo salariale, sia di quota 100 con la solita solfa del costo di lungo periodo sulle spalle delle generazioni più giovani.

Per non parlare delle grandi opere, da fare tutte e subito, a leggere i giornali sembra che alla Tav Torino-Lione manchino solo i binari per il completamento, a fronte di un progetto che senza il movimento No Tav terminerebbe ugualmente tra il 2035 e il 2040.

Tralasciando un’analisi della riforma fiscale per la quale è opportuno aspettare il compromesso che sarà prossimamente edito da Gualtieri (ministro dell’economia), la messa in discussione del reddito di cittadinanza e di quota 100 assume tratti concreti.

Reddito di cittadinanza

Come diffuso da INPS (luglio 2020), il reddito di cittadinanza (Rdc, applicato dall’aprile 2019) è stato erogato verso 2,9 milioni di individui (circa 1.2 milioni di famiglie). L’importo medio è stato di 521 euro. Mentre la pensione di cittadinanza è andata a 131 mila nuclei (149 mila individui) per un importo medio di 240 euro.

Questi dati sono evidenza sufficiente di come nessuno si stia arricchendo con l’Rdc, ma mostrano invece come questa misura abbia dato respiro ad una parte delle 5 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà. A questo proposito è sempre utile ricordare che altri 5 milioni di persone in Italia vivono al limite della soglia di povertà, in totale parliamo di 1/6 del paese.

Con la crisi Covid, INPS prevede un aumento del 30% delle richieste dell’Rdc, una naturale conseguenza dello shock sull’occupazione che abbiamo descritto sopra.

Tuttavia a fronte di una povertà crescente, l’esecutivo giallo-arancio si sta lentamente piegando alle retoriche sui ‘furbetti del reddito’, sulla gente sul divano a non far nulla in attesa del sussidio e via dicendo.

È evidente che questo dibattito sia potenziato dal progressivo indebolimento dei 5 stelle che, ricordiamolo, con la battaglia sul reddito hanno fatto il pieno di voti, soprattutto nel martoriato sud.

La pandemia impone sacrifici, ulteriore taglio del costo del lavoro, ossia la ‘nuova produttività’ di Bonomi, il reddito di cittadinanza ha bisogno di un tagliando, come affermato dal suo promotore Di Maio.

Con queste politiche la parabola discendente dei 5S potrebbe assumere una pendenza verticale, ma su questo tema ci promettiamo di reintervenire in futuro.

Quota 100

Per quanto riguarda quota 100, la situazione è più chiara, nessun tagliando ma fine dell’attuale finestra pensionistica. A partire dal 2021 la somma dell’età e dei contributi per andare in pensione sarà almeno 102 ma potrebbe essere più punitiva. A questo proposito è sempre necessario ricordare che la formula di quota 100 ha avuto un successo parziale in quanto discretamente penalizzante in termini di corrispettivi pensionistici per coloro che decidevano di accedervi.

Nel 2019 erano previsti 290 mila pensionamenti ‘anticipati’ ma ne sono stati liquidati circa la metà (150 mila: 74 mila dal settore privato, 42 mila nel pubblico e 33 mila tra gli autonomi).

Non c’è molto da discutere, chi ha lavorato una vita non vuole decurtazioni e penalizzazioni ma preferisce continuare a sacrificarsi sul posto di lavoro pur di ottenere ciò che gli spetta in termini di contributi versati. Infatti, come spiegato da Tridico (Presidente Inps) un terzo dei 150 mila che sono acceduti a quota 100 sono lavoratori in cassa integrazione o mobilità.

Quota 100, i cui costi alla luce della platea ridotta sono stati abbastanza esigui e lontana dall’essere una riforma equa per i lavoratori e le lavoratrici, ha tuttavia rappresentato un ottimo strumento per la narrazione leghista e pentastellata nel definirsi forze politiche che superavano la tanto, giustamente, odiata Legge Fornero.

Riforma ‘lacrime e sangue’, punitiva e utile unicamente alle proiezioni sui conti pubblici in funzione di garanzia dell’elevato debito pubblico: abbattere i costi della previdenza sociale è un ottimo segnale per gli investitori.

Quella riforma, nonostante fosse edita dai tecnici del mercato Monti&Co, è assolutamente al di fuori dall’attuale perimetro di scelta del settore privato che in nome della produttività non può permettersi di tenere uomini fino a 67 anni e donne fino ai 64. Più invecchi meno produci, it’s the economy stupid!

Queste due riforme, nonostante i limiti descritti sopra, hanno però rappresentato la colonna vertebrale dell’espressione di voto dell’elezioni del 2018, quando, vale la pena ricordarlo, 5S e Lega ottennero il 51% dei consensi (34 e 17). Due leggi parziali ma discontinue rispetto alle politiche di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, governanti che dal 2012 al 2018 hanno imposto un massacro sociale che gli ha portati a scomparire dai radar elettorali (ma non da stampa e tv).

Recovery Fund

Compresa la traiettoria delle due riforme cardine del governo giallo-verde (2018-2019), tentiamo di descrivere il dibattito sul Recovery Fund, nel quale, come sottolineato in principio, Confindustria sta incidendo pesantemente.

Questo consta di 208 miliardi da dividersi su sei macro temi: 1) digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, 2) rivoluzione verde e transizione ecologica, 3) infrastrutture per la mobilità, 4) istruzione, 5) equità sociale, di genere e territoriale, 6) salute.

Il 37% deve essere impiegato per la riconversione ecologica (parola di Gentiloni), è già le contraddizioni si sprecano.

La più evidente è la richiesta da parte del Ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli (5S) che richiede 12.5 miliardi per l’aggiornamento ‘green’ dell’industria militare al fine diconsentire al comparto un salto tecnologico nella ricerca, nell’innovazione e nella costruzione di piattaforme duali ad elevatissime prestazioni, con ridotto impatto ambientale, totale sicurezza cyber ed innovazione digitale: elicotteri di nuova generazione FVL, aerei di sesta generazione, tecnologia sottomarina avanzata, tecnologia unmanned intersettoriale, I.A., navi.

Insomma armi green!

La voce ‘competitività del sistema produttivo’ dovrebbe attribuire alle imprese, direttamente o tramite sgravi, la possibilità di investire nella digitalizzazione (industria 4.0), scaricando i costi d’impresa per l’innovazione (investimenti in ricerca e sviluppo) sulle casse statali.

La locuzione ‘infrastrutture per la mobilità’ lascia spazio ad ampie interpretazioni. Incentivi per bici e spostamento elettrico e/o pubblico dovranno vedersela con la declinazione Bonomiana: autostrade e alta velocità. Consumo di suolo, opere altamente impattanti sull’equilibrio idrogeologico a fronte di incrementi in termini di sostenibilità da ottenere in decenni, insomma il top del green.

Sull’istruzione, si sta delineando l’erogazione di migliaia di posti nella ricerca ma strettamente legati alle necessità industriali di avanzamento tecnologico e, anche qui, green. Non sia mai si assumano insegnanti e ci si occupi dell’edilizia scolastica. Investire nella ricerca vuol dire formare specialisti utili all’industria.

Sulla sanità il rapporto di Speranza sugli ospedali eco-sostenibili fa venire i brividi davanti alla carenza stessa di ospedali, medici e infermieri, con proiezioni di medio periodo che descrivono un collasso del sistema dettato dalla mancanza di personale a prescindere dalla pandemia in corso.

Le prime linee guida di questo piano di rilancio nazionale e la prepotenza di Confindustria nel dibattito non lasciano presagire niente di buono. Noi non ci accodiamo alle critiche ‘sinistre’ di occasione mancata per un supposto ‘vero’ rilancio del paese ma prendiamo atto che il dibattito odierno sulle risorse si sta velocemente spostando verso gli interessi del 10% più ricco della popolazione con Confindustria alla sua testa.

In un paese stordito, la battaglia per le risorse ha preso la solita strada verso chi ne ha molte, urge un contrattacco che vada oltre la decennale lotta contro la Tav Torino-Lione, cattedrale nel deserto del conflitto italiano.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Bisognidi redazioneTag correlati:

confindustriaRECOVERY FUNDREDDITO DI CITTADINANZA

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Bisogni

2.5 Radura || La prima cosa. Lotte per la salute in Calabria

La salute è un indicatore delle disuguaglianze sociali tra i più chiari. L’ambiente in cui viviamo, ciò di cui ci nutriamo, lo stile di vita a cui abbiamo accesso, le condizioni di lavoro, l’accesso alla cura sono una tessitura che influisce sul nostro stato di salute.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Roma: cariche verso chi protesta contro la cancellazione del Reddito di Cittadinanza

Cariche ieri contro i disoccupati arrivati a Roma da Napoli per protestare contro la cancellazione del Reddito di Cittadinanza.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Palermo, i percettori del reddito di cittadinanza ancora in piazza: tensione con la polizia

Mentre migliaia di famiglie siciliane hanno perso il reddito, i servizi sociali, i centri per l’impiego e le APL versano nel caos.Questa mattina i disoccupati palermitani sono tornati in piazza, davanti l’assessorato del lavoro, per continuare a manifestare contro l’abolizione del reddito. da Trinacria «Reddito o lavoro» si legge così sullo striscione che i manifestanti […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Roma: Reddito contro Rendita, tre giorni per il diritto all’abitare lancia la proposta di mobilitazione nazionale per il 19 ottobre

Dall’8 al 10 settembre si è svolta a Roma presso Metropolix la tre giorni “Reddito contro rendita. Dalla parte del diritto all’abitare.”

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Palermo, Caivano, Quarticciolo: solo carcere e polizia.

Dopo gli stupri di gruppo di Caivano e Palermo, dopo il ragazzo di 24 anni ucciso a Napoli, il governo Meloni cavalca l’onda mediatica e approva un disegno di legge mirato a rendere più semplici e frequenti gli arresti dei ragazzi minorenni. Meloni dichiara che per lei questa è “prevenzione, non repressione”, affermando che istituire […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Mondo Convenienza: fermato lo sgombero si rilancia con una settimana di mobilitazione a livello nazionale.

Continuano a protestare ma in forma autorizzata i facchini e gli autisti, da 100 giorni impegnati a rivendicare, davanti al magazzino di distribuzione di Mondo Convenienza a Campi Bisenzio (Firenze), l’applicazione del contratto del settore logistica.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

I medici a gettone e la sanità pubblica

Come una piaga d’Egitto, l’esternalizzazione dei servizi medici ad agenzie di somministrazione lavoro, amichevolmente dette cooperative, si è diffusa, partendo dai pronto soccorso ed è andata via via espandendosi agli altri reparti, mortificando e desertificando i servizi.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Caos totale. Ancora in piazza a Napoli contro l’eliminazione del reddito di cittadinanza

Ieri ha avuto luogo a Napoli la quarta giornata di mobilitazione in un mese contro l’abolizione del Reddito di Cittadinanza.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Campi Bisenzio: tentativo di sgombero al presidio di MondoConvenienza.

Questa mattina la polizia si è presentato al presidio di via Gattinella a Campi Bisenzio, deposito di Mondo Convenienza, con l’intenzione di procedere allo sgombero dei lavoratori in sciopero da 100 giorni.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La parte che manca – Sale

“La parte che manca” è un podcast a puntate per raccontare dal basso il cratere che ha lasciato il crollo del ponte Morandi.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Lavoro: cosa sappiamo delle nuove piattaforme digitali per l’inclusione sociale e lavorativa?

Niente più reddito di cittadinanza, ma piattaforme e strumenti digitali attraverso i quali i cosidetti «occupabili» dovrebbero poter trovare lavoro.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Napoli: cariche della polizia contro chi protesta per l’abolizione del Reddito di Cittadinanza

Questa mattina, lunedì 28 agosto, a Napoli è stata organizzata una manifestazione per protestare contro l’abolizione del Reddito: circa 500 persone si sono date appuntamento in piazza Garibaldi e hanno cominciato a muoversi in corteo verso corso Garibaldi, in prossimità della stazione della Circumvesuviana di Porta Nolana, bloccando il traffico in entrambe le direzioni.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Appello a tutti i percettori, ex-percettori, disoccupati/e, precari, realtà e movimenti

È il momento del contributo di tutte e tutti per alimentare e moltiplicare la partecipazione alle piazze unitarie contro il taglio del Reddito di Cittadinanza.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Napoli paralizzata per la difesa ed estensione del Reddito. A Settembre tutti a Roma

Nuova giornata di mobilitazione oggi a Napoli in difesa del reddito di cittadinanza.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Napoli: giù le mani dal reddito, tagliate i fondi per la guerra, i vitalizi e l’evasione fiscale

Oggi un corteo spontaneo dei percettori del reddito di Cittadinanza insieme ai “Comitati per la difesa e l’estensione del Reddito” ed anche una folta presenza dei disoccupati 7 Novembre e di Scampia, hanno attraversato le strade di Napoli per protestare contro l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza approvato lo scorso 1 Maggio dal Governo meloni ed annunciato nei giorni scorsi con un arido SMS che sta togliendo il sonno a centinaia di migliaia di famiglie a Napoli e nel resto d’Italia.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Tagliano il reddito di cittadinanza, aumentano le spese militari

Il governo Meloni taglia il reddito di cittadinanza e dice no al salario minimo, e acquista 200 carri Leopard per 8 mld. Che si aggiungono ai quasi 27 miliardi di spese militari. È il passaggio dallo stato sociale allo stato militare.