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Ennesimo caso di femminicidio. Il comunicato di Casa Rossa Occupata

“…Tiziana Rizzi, 36 anni Landriano (Pavia), 9 luglio 2013, uccisa dal marito dopo una lite con una coltellata al collo. Rosi Bonanno, 25 anni Palermo, 10 luglio 2013, uccisa a coltellate dall’ex convivente. Michelle Campos, 21 anni, Parma, 17 luglio 2013, uccisa dal fidanzato a martellate e poi avvolta in un lenzuolo e nascosta sotto il letto. Nicoletta Figini, 55 anni, Milano, 19 Luglio 2013, trovata dalla donna delle pulizie, che ha notato la porta d’ingresso aperta e all’interno, a terra, c’era il corpo della donna, con nastro adesivo sulla bocca. Cristina Biagi, 38 anni Marina di Massa, 28 luglio 2013 Uccisa a colpi di pistola dall’ex marito che non accettava la separazione…”

Questo è uno stralcio, una parte piccolissima , di un elenco pauroso, enorme, angosciante.

Quello a cui stiamo assistendo non è altro che una guerra, una sporca fottuta guerra che in ogni parte del mondo con le sue prerogative colpisce quotidianamente un numero impressionante di donne, e che in Italia, con le sue specificità dovute a una millenaria cultura patriarcale, si dispiega con una frequenza ormai quotidiana. E’ una cultura maschilista che ha trasformato i rapporti di genere in questioni di possesso, che pervade le dinamiche famigliari e i rapporti di coppia, i luoghi di ritrovo e di svago, i contesti pubblici, le realtà politiche e associative. Semplicemente, quotidianamente, ogni ambito della vita.Perchè, ed è bene sottolinearlo, il femminicidio è la parte più grave, più dolorosa e drammatica, ma è semplicemente la punta di un fenomeno ampio e variegato che ci parla di negazione della libertà, di annullamento della possibile affermazione di sè. E’ un fenomeno culturale profondamente radicato, che ha le sue ripercussioni in ogni ambito della vita, da quello lavorativo e pubblico a quello privato e domestico.

Noi, Compagne e Compagni della Casa Rossa Occupata, che abbiamo fondato la nostra attività politica su un’analisi che individua nel capitalismo la radice delle ingiustizie sociali, economiche e politiche di questo mondo, riteniamo che il maschilismo non sia altro che la trasposizione del capitalismo ai rapporti di genere. Per questo siamo convinti che questa battaglia decisiva, sia parte di uno scontro più ampio, complessivo, che tocchi tutti gli ambiti e che debba portare a una ridefinizione di un patto di convivenza fra gli esseri umani, per arrivare a un mondo nuovo, basato sul rispetto e l’uguaglianza.

E’ per questo che riteniamo inutile e completamente infruttuoso fare appello alle istituzioni, o ancor peggio, misurare la possibilità di incidere nei rapporti di genere, sul numero più o meno grande di donne inserite nei meccanismi di potere. Il potere e l’istituzione sono essi stessi luoghi in cui si esercita il dominio patriarcale, in cui ci si lava la coscienza con le quote rosa o uno sportello per le pari opportunità e poi parallelamente si legittima un dominio maschile, con caratteristiche maschiliste e di prevaricazione.

No. Noi crediamo che la risposta debba essere a più livelli e che debba partire da noi stessi, dal nostro modo di comportarsi nel contesto pubblico e in quello privato, dalla capacità di comprendere che il personale deve essere sempre più politico e viceversa. Pensiamo che questo è un enorme problema culturale che colpisce le donne in quanto vittime, ma del quale anche gli uomini sono bersagli, con i loro ruoli cristallizzati e tutti rispondenti al modello della virilità.

“…Abbiamo iniziato a riunirci per cospirare per l’eliminazione del genere maschile. Siamo stufe di millenni di oppressione patriarcale, di dominio, di fallocrazia. E’ giunto il momento per le donne di prendere il potere. Ogni uomo che incontreremo sulla nostra strada lo asfalteremo, tanto ci dite che non sappiamo guidare. E quelle donne che non sono d’accordo con noi le considereremo complici dell’oppressione maschile, succubi volontarie, e non degne di definirsi donne. Quando finalmente avremo il potere, nelle città non ci saranno più grattacieli a forma di fallo. Uccideremo ogni figlio maschio, ne terremo uno ogni dieci solo per procreare altre donne. E finalmente vivremo in un mondo di pace, dolcezza, comprensione, sensibilità, fragilità, mansuetudine, fino ad arrivare all’apice della Civilizzazione…”

Ovviamente la Casa Rossa Occupata è il contrario di quanto riportato in questa provocazione. Noi proviamo a ragionare al nostro interno e nel rapporto con il “mondo di fuori” sulle questioni di genere e a portarle all’esterno in ogni momento pubblico. Tuttavia non possiamo fare a meno di notare che quella medesima presa di parola legittima e straordinaria che abbiamo visto stasera, non si ha in situazioni diverse ma altrettanto gravi. Non abbiamo assistito alla medesima mobilitazione quando Marta, una compagna pisana, è stata ferita, picchiata, umiliata sessualmente e nella propria dignità, dalle forze dell’ordine a seguito della sua contestazione in Val Susa. Non vorremo che stia passando, nella nostra città e nei movimenti che hanno il predominio della parola sulle questioni di genere, l’idea secondo cui in pratica chi contesta il sistema, magari con modalità non sempre pacifiche, in fondo in fondo un po’ se l’è meritato. Abbiamo paura che possa passare la concezione secondo cui nel momento in cui una donna prende una posizione di rottura dell’ordine cotituito, sia meno da difendere, soprattutto quando a operare l’assalto maschilista è un uomo o donna in divisa.

Ebbene a tutto questo non ci stiamo. Perchè in fondo noi vediamo Cristina in ogni donna violentata e picchiata, discriminata e uccisa. Ma anche la vediamo in ogni immigrata a cui è negata la libertà di movimento, in ogni donna a cui è negata una casa, in ogni lavoratrice che subisce discriminazione nel luogo di lavoro.

SE TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE

LE COMPAGNE E I COMPAGNI DELLA CASA ROSSA OCCUPATA

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