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Green Pass: esiste ancora la possibilità di verità?

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Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo per la rubrica Green Passion che prova a interloquire con alcune delle domande che le realtà organizzate, le singole soggettività e i collettivi si stanno ponendo nei confronti dell’emersione delle mobilitazioni No Green Pass. Buona lettura!

Il concetto di verità nella storia ha assunto varie forme e significati, qui ciò a cui ci riferiamo è guardare alla realtà materiale nel suo essere mutevole secondo i rapporti di forza che si costruiscono processualmente nella società. Ciò significa che non è possibile attestarsi su delle verità intese in termini assoluti o dogmatici perché eludono dalle condizioni materiali in atto.

La pandemia ha sconvolto tutti gli assetti mondiali, sociali, i punti di riferimento storici. Oggi a livello superficiale, la percezione generale intravede una luce in fondo al tunnel : possiamo suggerire che questa consegue dal fatto che la pecentuale di vaccinati in Italia si aggira intorno all’80% e che ciò permette di limitare o eliminare – non propriamente a ragion veduta – l’utilizzo di altre forme di precauzione sicuramente più invalidanti ed evidenti. Questo sta permettendo agli ospedali di sostenere il numero di malati in terapia intensiva da un lato e dall’altro, per chi non è contagiato, di uscire, andare a lavorare, andare al bar, al ristorante, a scuola. Ovviamente questo discorso vale per l’Europa.

La gestione della pandemia oggi annovera tra i suoi pseudostrumenti il green pass, specchietto per le allodole per non doversi assumere la responsabilità dei rischi, palesemente esistenti, di una campagna di vaccinazione obbligatoria per l’intera popolazione. Attraverso questo strumento la responsabilità è tutta individuale, si può “scegliere” se vaccinarsi o meno ma assumendosi dunque il ricatto, sul lavoro, nella socialità, nei consumi, e l’eventualità di effetti collaterali. Durante quest’anno il vaccino è stato venduto come l’unica soluzione alla pandemia, dato non vero, seppur non si possa negare che sia una parziale soluzione emergenziale. La vera soluzione per questa, ma soprattutto per attrezzarsi di fronte a future pandemie, sarebbe stravolgere l’attuale sistema di priorità negli investimenti e l’impianto organizzativo della riproduzione sociale e della cura. È fuor di dubbio che questo strumento sia da combattere, in quanto incarna l’ennesima prova di una gestione pandemica criminale a livello statale e che vada rifiutato in quanto impositivo e deresponsabilizzante nei confronti dei governi. Il campo dell’agire portando queste argomentazioni oggi è però occupato da un movimento che nell’opposizione al green pass si allinea su posizioni ultra liberali e individualistiche. Nella sua opposizione è in realtà allineato al sistema dominante. Questo è dato dal fatto che il movimento no green pass non individua nei centri del potere, in Confindustria o nella Regione il nemico, bensì si dirige verso gli ospedali, sanziona i centri vaccinali (pubblici o privati non c’è differenza), oppone a condizioni di realtà una verità assoluta, appellandosi ad “altri” medici e scienziati, richiamando alla difesa dei bambini (facendo eco a Quanon e alla manif pour tous), assimilando il covid a un’influenza (per i più forti e sani) accettando di conseguenza che i più deboli, gli immunodepressi, i più poveri siano colpiti più ferocemente – per quanto si possa stare al sicuro solo sulla base della propria età anagrafica (cosa confutata nel corso della pandemia dalle evidenze dei decessi).

Inoltre, se quella iniziale è la lettura che possiamo fare del momento storico attuale pensare che dire no al green pass sia sinonimo di rifiuto dei dettami statali poco attenti alla salute collettiva e non un no al vaccino diventa illusorio. E quindi, come si può pensare di negare che una parte della soluzione, certo emergenziale e contingente debba essere, ad oggi, la vaccinazione quando effettivamente i dati dicono che i decessi e i ricoverati sono calati e riguardano perlopiù non vaccinati? Certo bisogna fare un distinguo tra quella che è la pratica della vaccinazione in sé da accettare come parte della soluzione, e quella che è stata la campagna vaccinale messa in atto dallo stato, essa è evidente che abbia mostrato tutti i suoi limiti, enormi criticità e sconsideratezze: dalle difficili e poco chiare informazioni, all’andamento quasi casuale della scelta dei target e della tipologia dei vaccini, ai filoni mediatici alquanto fastidiosi che dal prendersela con i furbetti dei vaccini sono passati a demonizzare i no vax come capri espiatori di ogni male. Quindi la domanda diventa, perché utilizzare la formula di cui ci siamo dotati per leggere i movimenti degli ultimi anni che molto spesso sono stati di difficile interpretazione proprio perché ambigui, vagamente reazionari, prodotto della fase che stiamo attraversando, quando questa volta questo tipo di lettura implica chiudere gli occhi di fronte a una variabile esistente: ossia la pandemia? In questo caso diventa strumentale stare dentro, implementando, un movimento che si basa su presupposti non condivisibili perché non si basano sulla realtà delle condizioni attuali. Così come leggerci un rifiuto alla società del controllo e una messa in discussione della neutralità della scienza, quando esso non si pone né come una reale critica alla gestione pandemica né come possibilità di trasformazione degli assetti pre esistenti, ma piuttosto ne rimuove semplicemente l’esistenza, sta più nel campo di “cosa ci piacerebbe ci fosse” che in quello che c’è realmente.

Negli ultimi anni recenti i movimenti o i momenti di scombussolamento dell’ordine sono fortemente permeati da ambiguità, posizioni reazionarie, difesa della libertà individuale, attaccamento ai propri privilegi, confusione. È stato giusto provare a capire, guardare oltre la superficie, inchiestare, non pretendere di cercare composizioni pure quando la realtà è un’altra e con essa dobbiamo fare i conti. Allo stesso tempo oggi questo tipo di posizione assume più i contorni di una safe zone in cui non dirsi che tutto è perduto e soprattutto per non togliere legittimità all’unica cosa che si muove. Questa infatti è una realtà dei fatti, il primo movimento nell’epoca della pandemia è questo, attraversa più confini e ha una sua continuità e diffusione. Esiste e possiamo anche comprenderne i motivi e le radici, ciò detto se vogliamo mantenere una lucidità di intenti e una attenzione alla realtà delle cose interroghiamoci con chi possiamo condividerle.

 

Per inviarci eventuali contributi scriveteci alla pagina facebook di Infoaut o ad infoaut@gmail.com. Vi invitiamo a proporci riflessioni ragionate ed articolate al fine di evitare di riprodurre la tribuna da social network che, ci pare, non sia molto fruttuosa in termini di possibilità di avanzamento collettivo.

Qui i primi contributi pubblicati.

 

 

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