Il secondo numero di “Case in Rivolta”
Di seguito pubblichiamo l’editoriale del bollettino “Case in Rivolta”. Al fondo potrete trovare l’intero pdf scaricabile.
La protesta degli studenti davanti alle facoltà universitarie di tutta Italia ha contribuito a rendere evidente una volta di più quello che i collettivi di lotta per la casa stanno denunciando da decenni: la mano libera del mercato sulla questione abitativa non solo non riesce a contenere un’emergenza che ormai è diventata strutturale ma aggrava di giorno in giorno la situazione, estendendo la problematica del bisogno abitativo a una serie sempre più ampia di categorie sociali. L’aumento del costo dei mutui, la sottrazione di alloggi agli abitanti per destinarli ai turisti, l’aumento dei prezzi indipendentemente dalla domanda sono tutte conseguenze perverse di un processo in cui il mercato, dominando in modo assoluto la questione abitativa, semina sempre nuove vittime. La mobilitazione studentesca contro il caro affitti, contro la mancanza di alloggi pubblici per studenti e contro la chiusura nei loro confronti di un mercato immobiliare che ha trovato altri clienti più redditizi da spennare (i turisti), ha saputo trovare in diverse situazioni momenti di contatto con l’emergenza abitativa nel suo complesso, confrontandosi con i movimenti di lotta per la casa e alimentando la mobilitazione per il diritto all’abitare. Il Governo Meloni, asservito come e più degli altri agli interessi degli immobiliaristi, colpevole di una completa indifferenza sulla questione abitativa (basti pensare alla cancellazione del fondo affitti e del fondo per la morosità incolpevole) davanti alla protesta degli studenti se ne è uscito con una risposta raffazzonata che a fronte dei ritardi dell’utilizzo dei fondi PNRR dedicati all’aumento dei posti letto negli studentati, ha attribuito ai privati la realizzazione e la gestione degli stessi, confermando la tendenza a fare delle politiche perla casa una occasione di business per gli immobiliaristi. Vedasi a tal riguardo l’articolo di Sara Gainsforth “Le parole del PNRR e il diritto alla casa” su Jacobinitalia. Sempre a proposito di PNRR è da notare come l’Italia abbia ottenuto la quota più ampia di contributi a livello europeo ma sia anche lo stato che ha investito di meno in politiche sociali per la casa: per fare un esempio, il Portogallo ha preso cinque volte meno fondi dell’Italia, ma ha dedicato il 20% all’edilizia pubblica. L’Italia ha il PNRR più grande d’Europa, da 191 miliardi, e ne stanzierà 2.8 alla questione abitativa, ma questa voce di spesa sarà stanziata per “rigenerazione urbana” e “social housing”, cioè sussidi alle infrastrutture e alla costruzione privata, con criteri d’accesso opachi e stabiliti dagli stessi costruttori; non per le case popolari (Gli Asini n. 109, luglio – agosto 2023).
Nonostante la mobilitazione sociale riesca ad imporre a livello locale delle soluzioni in controtendenza, in linea di massima la funzione pubblica sulla questione abitativa si risolve solo nel suo aspetto repressivo: dopo il blocco degli sfratti che ha sospeso le esecuzioni nel periodo pandemico, si stanno accumulando gli interventi della forza pubblica per cacciare di casa gli inquilini, non disdegnando di intraprendere l’infame provvedimento dello sfratto a sorpresa. Di pari passo vanno gli sgomberi delle esperienze di occupazione, che sono allo stesso tempo la risposta a un bisogno e nuclei di costruzione di comunità di quartiere a fronte di una situazione socialmente sempre più disgregata. Ricordiamo gli ultimi in ordine di tempo: lo sgombero della occupazione abitativa di Via Siusi e lo sgombero della Baronata, nel quartiere Barona, entrambe a Milano cioè una delle città dove la speculazione immobiliare ha raggiunto livelli da primi in classifica a livello internazionale. (ricordare se ci sono state altre manovre repressive da menzionare).
Questo però sembra non bastare all’apparato giuridico amministrativo a servizio del mercato che ci governa. Ben consapevole del fatto che la perdita di potere d’acquisto dei salari, la precarietà e lo stato di guerra permanente in cui ci troviamo possono portare a importanti mobilitazioni e conflittualità sociale, l’apparato affila le sue armi di repressione preventiva.
Per le lotte sul fronte del diritto all’abitare sta prendendo forma in Italia così come in Francia un disegno di legge che i grandi gruppi immobiliari hanno sempre sognato. Nel marzo del 2023 Fratelli d’Itali ha infatti avanzato una nuova proposta di legge che mira a criminalizzare definitivamente le occupazioni, ovvero la “spoliazione o turbativa violenta del possesso o della detenzione di cose immobili”, per le quali fino ad oggi non esisteva un reato specifico. Per la nuova fattispecie di reato si ipotizzano fino a 9 anni di carcere e una sanzione fino a 25mila euro. L’autorità giudiziaria, inoltre, avrebbe l’obbligo di intervenire entro 48 ore dalla denuncia. Il testo introduce inoltre la possibilità di arresto in flagranza di reato e nega la possibilità di rito abbreviato. È una (ulteriore) escalation securitaria contro i movimenti per il diritto all’abitare.
Contro questo provvedimento e per organizzare una risposta adeguata ai compiti che la situazione socioeconomica ci impone, riteniamo necessario fare uno sforzo in più, ricostruendo uno spazio di discussione nazionale che sappia dare corpo, spessore e impulso a tutte le azioni e vertenze che con coraggio e ostinazione continuiamo a intraprendere nei nostri territori. Per questo proponiamo di incontrarci a Roma l’8, il 9 e 10 settembre allo spazio Metropoliz per rimettere tutte le questioni al servizio non solo di un ragionamento collettivo, ma per la costruzione di una mobilitazione comune che in autunno sappia confliggere e impattare con questo governo e il Ministero delle Infrastrutture. Per dire tutt* insieme che le uniche grandi opere necessarie sono casa, reddito, salute individuale e dei territori per tutt*.
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