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La Foxconn ammette i sindacati liberamente eletti

La lotta operaia vince contro i Marchionne made in China. 

ll primo produttore mondiale di elettronica per conto terzi – marchi come Apple e Sony – fa un passo indietro. Per la prima volta la grande azienda con sede in Cina – in una delle innumerevoli ‘Zone Economiche Speciali’ create per attrarre maggiori investimenti stranieri – consentirà agli operai di eleggere i propri rappresentanti sindacali. Una svolta storica anche per il resto del pianeta, perché il gruppo asiatico è la “fabbrica più grande del mondo”, con oltre 1,2 milioni di dipendenti solo in Cina. Qui vengono prodotti tutti gli I-Phone e gli I-Pad venduti nel resto del mondo.

La vittoria, seppur parziale (perché non elimina del tutto il controllo dell’impresa sulle commissioni), è il risultato degli innumerevoli atti di resistenza, sabotaggio, sottrazione, rivolta messi in campo dagli/le operai/e cinesi in questi ultimi anni. Si è trattato, il più delle volte, di una conflittualità invisibile, di cui magari si accorgevano solo i consumatori finali (trovandosi di fronte uno smart-phone non funzionante) o i controllori delle linee di assemblaggio, quegli scienziati del controllo/comando sul lavoro impegnati nell’estorcere il massimo di produttività oraria da* singol* opera*. Solo negli ultimi due anni le terribili condizioni di lavoro del miracolo made in china sono emerse su scala mondiale, in prima battuta per il proliferare dei suicidi che cancellavano l’immagine della “società armoniosa” costruita con tanta cura dal governo, quindi da più aperte forme di contestazione come picchetti e riots (nell’ultimo anno).

Un buon reportage sulle condizioni del lavoro operaio nella Cina del miracolo economico (al femminile, quindi sicuramente peggiori) si possono ritrovare nell’inchiesta della giornalista sino-americana Leslie T. Chang “Operaie”, raccolta di innumerevoli storie di vita operaia dal Dongguan, una delle zone a più alta concentrazione di multinazionali della Cina. Oggi alcune testate italiane riportano la notizia, sottolineando la grande svolta in atto. Si premurano però solo di evidenziare il ruolo della pressione dell’opinione pubblica mondiale, tacendo delle grandi lotte operaie costruitesi in questi ultimi anni nel ventre della bestia. Rimuovendo quindi il ruolo della lotta di classe diretta che ha permesso il raggiungimento di nuovi diritti. Né arrivano a cogliere come la posta in palio di questa lotta sia in fondo lo stesso che oppone, per fare un esmpio di casa nostra, Marchionne a quegli/le operai/e che hanno provato a resistergli. Sempre di turni, ritmi, diritti si tratta…

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