
La potenza dell’autorganizzazione al teatro del Lido di Ostia
Una vertenza durata cinque anni che si conclude con un discreto risultato. Non il migliore dei mondi possibili, ma sicuramente una vittoria contro quella classe politica che ha deciso di definanziare il mondo della cultura.
Il Teatro del Lido Occupato è stato in questi anni luogo di ricomposizione, dove hanno trovato casa le vertenze e le aspettative di una periferia romana fortemente colpita dalla crisi. L’autunno della gioventù lidense, il progetto casa della cultura, le assemblee dei cassintegrati Alitalia e del mondo della sanità, le giovani compagnie teatrali, e tutte quelle nuove esperienze che formano il puzzle dell’altra Ostia. Il Teatro del Lido Occupato è stato tutto questo: una vertenza che aveva la presunzione di allargare per essere megafono delle resistenze metropolitane. Uno strumento che ha permesso il moltiplicarsi di realtà sociali fondamentali per Ostia.
Il Teatro del Lido è anche il primo dei teatri comunali dismessi che è stato occupato, dimostrando come il mondo della cultura e dei saperi non fosse disposto ad accettare di essere semplicemente una voce di bilancio da tagliare. Un modello che ha dato lo spunto a tante altre esperienze di occupazione e di lotta che sono sorte in tutta Italia. Un faro per tutte quelle resistenze al saccheggio dei beni comuni e alla dismissione del welfare state.
Nel tempo dei bilanci possiamo affermare la rinnovata potenza dell’autorganizzazione, unica vera vincitrice di questa importantissima esperienza di occupazione e autogestione. Fosse dipeso dai partiti, di centrosinistra quanto di centrodestra, avremmo ancora un teatro abbandonato e lasciato al degrado. Proprio questa mancanza di fiducia nei rappresentanti dello stato è il motore dell’attivazione di centinaia di persone che hanno reso possibile questa esperienza. Fuori dalla delega elettorale e nell’attivazione politica troviamo le coordinate di questo risultato, non certo nella concertazione e nell’agire di una classe politica subalterna ai palazzinari di tutto il paese.
Del Teatro del Lido Occupato prendiamo i dati positivi come i suoi limiti. Da questa esperienza prendiamo gli strumenti di azione, lungo la linea direttrice di chi vuole una radicale trasformazione dell’esistente. Lasciamo volentieri quella tendenza alla compatibilità e alla sterile difesa del pubblico che non riesce ad andare oltre alla richiesta istituzionale.
Quando collettivamente prenderemo coscienza che non esistono salvatori della patria, forsè allora avremo la possibilità di vedere una trasformazione della realtà. Quando questo paese accetterà l’inefficacia della delega, senza cadere nell’insidie dell’autoritarismo, forse avremo la possibilità di mandare a casa una classe politica e imprenditoriale dedita alla devastazione e al saccheggio. Oltre il profitto privato e la compatibilità pubblica, per la costruzione di istituzioni autonome che impediscano la ruberia dei beni comuni.
Dopo il Teatro del Lido non scegliamo la presa elettorale del “palazzo d’inverno”. Ci troverete piuttosto ovunque si deciderà di resistere collettivamente al capitalismo, unica barbarie del nostro tempo. Ci troverete dove la voglia di liberazione si trasformerà in processo di autorganizzazione costituente. In questa Italia bastarda, ci troverete sempre nella parte giusta di ogni barricata.
Riot Lab (Ostia, periferia di Roma)
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