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Marchionne, il capriccio del ricatto

Nel giorno del debutto di Fiat Industria a Piazza Affari, Sergio Marchionne rinnova l’intensità del suo attacco progettuale contro la forza-lavoro degli stabilimenti Fiat, contro la resistenza sindacale della Fiom. Se prima della chiusura dell’anno 2010 nel mirino della dirigenza del Lingotto c’era innanzitutto la pratica burocratica (…) relativa alla ristrutturazione in opera per Pomigliano, oggi l’attenzione assoluta è concentrata su Mirafiori, in attesa del referendum sull’accordo separato programmato per metà gennaio nella città della Mole.

Alla cerimonia inaugurale di Fiat Industrial in Borsa il Marchionne che rintuzza il tiro in preparazione della battaglia referendaria e della sua gestione è ancora più tronfio e supponente del solito, nervoso e perentorio. Si scaglia nuovamente contro la Fiom, minaccia il ritiro di ogni investimento su Torino, si spazientisce contro chi chiede conto del “Piano Italia”, promuove a pieni voti il governo Berlusconi, medita l’uscita da Confindustria e l’assoggettamento più massiccio di Chrysler.

Nelle parole di Marchionne non si può che trovare l’esplicita sintesi del peso della posta in gioco così come del pedrigree autoritario e ricattatorio di casa Fiat:

Sulla Fiom – “La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom”
Su Mirafiori – “Se al referendum vincono i no, non faremo alcun investimento”
Sul Piano Italia – “Farlo è veramente offensivo. Smettiamola di comportarci da provinciali. E’ la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti per portare avanti il piano. Andate in giro voi a prendere i soldi”
Sul governo Berlusconi – “Ho trovato molto incoraggiante l’atteggiamento del governo, che ci ha dato tutto l’appoggio necessario”
Sulla Confindustria – “La vedo come possibile, ma non probabile. Fiat non può continuare ad essere condizionata”
Sulla Chrysler – “Sì, ci stiamo pensando, ci pensiamo sempre… anche nel 2011”

Il “dovere di stare al passo coi tempi” per l’amministratore delegato della Fiat si consuma quindi, per l’ennesima volta, con ulteriore foga padronale, nell’aggressione dei diritti della forza-lavoro, nell’annichilimento delle libertà sindacali, mettendo (nei piani del Lingotto) sotto campana il diritto irrinunciabile dello sciopero ed escludendo a tavolino una forza sindacale (la Fiom) non conforme alle possibilità gialle concesse dalla Fiat…

Ancora troppo timida e tirata la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che ieri mattina in un’intervista sul Corriere della Sera ha si ribadito la contrarietà all’accordo, ma ha dall’altra parte aperto all’esaustività del referendum come “strumento di accertamento della volontà dei lavoratori”, dichiarando che se vincerà il Si bisognerà “prendere atto del risultato e rispettare il voto”… L’ennesima troppo semplice, perchè troppo (mal) rodata ed accettata (!), strada della presunta democraticità dei processi decisionali, quando a far da premessa ad un voto non c’è che la boriosità del ricatto firmato Marchionne.

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