Precari e disoccupati sotto accusa
di Adriana Pollice (Il Manifesto)
Associazione a delinquere. Un reato che a Napoli si può consumare a mezzo manifestazione, il bottino è un posto di lavoro che, per ora, non si vede. E’ l’effetto che fanno sui precari Bros i dispositivi utilizzati dalla procura partenopea per reprimere il dissenso. La scorsa estate il presidente della cooperativa Gesco, il suo ufficio stampa e un operatore sociale furono condannati in contumacia, senza potersi neppure difendere, per le proteste contro i tagli al welfare (il primo è poi diventato assessore comunale alle Politiche sociali). Ai 4mila precari del progetto Bros, disoccupati di lunga durata formati con protocolli firmati al ministero sotto governi di destra e sinistra per la raccolta differenziata e le bonifiche, niente condanna in contumacia, ma tutto il resto sì. Occupare il suolo pubblico, la ferrovia o una chiesa costa tra 5mila e 20mila euro di multa, a discrezione della prefettura. In 150 circa invece hanno avuto un avviso orale dalla questura: diventate persone pericolose per la sicurezza pubblica, non possono andare a manifestazioni o assemblee, oggetto di misure di sorveglianza speciale fino al soggiorno obbligato, per tre anni. Così non possono usare cellulari, computer o altri mezzi di comunicazione, possono uscire di casa solo dopo le otto e non possono rientrare dopo le 20, né uscire dal comune di residenza, parlare con pregiudicati, né stare in un bar o portare l’ombrello. Le violazioni posso portare a condanne di un anno. Adesso sono diventati anche un’associazione a delinquere: cortei, occupazioni e proteste servirebbero a favorire un pezzo di politica che li pilota, la ricompensa per il lavoro sporco il posto fisso.
“Come associazione a delinquere facciamo piuttosto schifo se dopo oltre dieci anni di lotte siamo ancora tutti a spasso. Un teorema davvero strano visto che non abbiamo mai fatto campagna elettorale e, anzi, abbiamo sempre detto: non votare, lotta” spiega Paola. L’appuntamento è per martedì mattina a Santa Lucia, davanti il palazzo della regione che il governatore Stefano Caldoro ha dichiarato ‘zona rossa’, impermeabile a ogni protesta. Con loro ci saranno disoccupati e precari, soprattutto i lavoratori Arpac e Astir. Giovedì scorso sono stati arrestati in quattro durante gli scontri seguiti a una manifestazione. Senza stipendio da 4 mesi e senza garanzie per il futuro, sono stati liberati sabato ma uno è ai domiciliari, un altro ha l’obbligo di firma. Quindici precari Bros, invece, martedì scorso sono stati svegliati alla 4 di mattina, una perquisizione che ha fruttato qualche foto agli appartamenti, l’elenco degli iscritti preso la sede, qualche documento e un Pc dal centro sociale Banchi nuovi. “Si vorrebbe mettere fine all’esperienza dei movimenti organizzati napoletani – scrivono – con atti repressivi spudoratamente giustificati dalla vergognosa accusa di associazione a delinquere. Un’accusa che ben si adatta ai responsabili delle emergenze, dei disastri e delle nefandezze compiute in questa regione e che trova ,non nei movimenti, ma nei palazzi fulgidi esempi del delinquere e della commistione con la camorra”. L’ultimo tavolo interistituzionale con comune di Napoli, provincia e regione ha chiarito le posizioni: dalla provincia zero contributi, il comune promette un bando che tenga conto delle competenze acquisite dai Bros quando partiranno i progetti America’s Cup, Forum delle Culture, raccolta differenziata spinta, tutto per ora fermo. La regione tiene i cordoni della borsa chiusi e li rimanda al Piano lavoro, che per ora ha fruttato giusto l’emersione di qualche lavoratore al nero.
Per rifiutare il teorema lotta per il lavoro uguale devianza, mercoledì 30 il centro sociale Banchi Nuovi e la Biblioteca Ramondino-Neiwiller organizzano una serata di solidarietà: “In una situazione in cui, sotto i colpi della crisi, il disagio sociale è destinato a crescere, la criminalizzazione dei movimenti disegna una pericolosa strategia volta a risolvere il conflitto sociale sul piano dell’ordine pubblico, nel tentativo di sbarazzarsi di chiunque osi organizzarsi per rivendicare i più basilari diritti come quello al lavoro, al reddito, alla casa o alla salute”. Agli artisti, agli intellettuali, ai lavoratori della cultura e della conoscenza è stato chiesto di testimoniare la loro solidarietà scrivendo e disegnando sulle pareti degli spazi occupati di via del Grande Archivio mercoledì 30 dalle ore 18 alle ore 24. Testi e immagini saranno lasciati in permanenza negli spazi del Centro sociale e l’azione avrà il carattere di un work in progress, restando aperta a ulteriori contributi nel tempo. L’azione collettiva sarà documentata e le copie del video realizzato saranno a disposizione degli autori intervenuti. Tantissime le adesioni, tra cui Almamegretta, Maurizio Braucci, E zezi – gruppo operaio di Pomigliano D’Arco, Luciano Ferrara, Peppe Lanzetta, Canio Lo Guercio, Mario Martone, Valeria Parrella, Daniele Sepe, Vauro, Virgilio Sieni, Maurizio Zanardi.
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