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Renzi all’attacco della sanità

Tagli alla sanità. Il governo prevede tagli per oltre 7 miliardi di Euro al settore della sanità (comunque meno del costo del Tav in Valle di Susa), 2,3 miliardi circa ogni anno tra il 2015 e il 2017. La manovra è contenuta in un maxiemendamento al decreto sugli enti locali. Ciò che è stato annunciato lascia intendere che dietro lo slogan di una “maggiore efficienza” saranno in realtà mascherati tagli e diminuzione dei servizi offerti. Tanto che Renzi è dovuto intervenire personalmente per correggere il commissario alla Spending Review Yoram Gutgeld che aveva parlato di tagli, compiendo in questo modo un “errore di comunicazione”.

Il ministero compilerà una lista delle patologie che richiedono esami e visite “necessari”, per le prestazioni mediche al di fuori di queste liste il paziente dovrà pagare di tasca propria. Inoltre nel caso il medico prescriva un esame senza che questo sia “necessario”, potrò incorrere in una decurtazione dello stipendio. Per smantellare ancora più a fondo il sistema sanitario sono previsti tagli ai ricoveri, agli acquisti di materiali e a quelli dei dispositivi medici. Un’altra nota dolente sarà il tetto stabilito dal ministero per il rimborso dei medicinali, anche in questo caso il cittadino dovrà sborsare di tasca propria il costo non coperto dal servizio pubblico. Questo è solo un breve sommario dei cambiamenti che si stanno discutendo in parlamento.

Il governo Renzi, quindi, procede senza sosta nella distruzione dei servizi pubblici. In questo caso a fregarsi le mani sono le assicurazioni e gli operatori privati della sanità, pronti a coprire il vuoto lasciato dal welfare statale e trarne succulenti profitti. Per chi usufruisce del servizio sanitario, invece, significherà doversi sobbarcare di tasca propria (oltre a quanto sborsato con le tasse) i costi delle cure. Se per una parte della società questi costi, per quanto gravosi, saranno sostenibili, per i ceti popolari si tratterà di una netta riduzione di possibilità, quindi un’ulteriore esclusione dal godimento della ricchezza socialmente prodotta.

D’altronde si fa sempre più feroce la competizione tra poli capitalistici, per reggere lo scontro diventa necessario ridurre il più possibile i costi non orientati verso il profitto, scaricandoli verso gli altri e in particolare verso il basso. La Germania sembra muoversi nella direzione di un Euro a due velocità (o una fine dell’Euro per come lo conosciamo oggi) pur di non scendere a patti con i paesi che le sono da fardello, in questo modo scaricando i costi della crisi sulle popolazioni dei PIIGS. La vicenda greca, cristallino esempio di questa dinamica, può aver avuto un ruolo nell’accelerazione della situazione italiana. Il piano di Renzi sembra essere quello di non rischiare che l’Italia si trovi in una posizione a rischio e che non vengano imposti esplicitamente dei piani di ristrutturazione dall’alto (FMI, Unione Europea…) come in Grecia. Infatti il ceto politico è anche interessato a riprodurre la propria posizione di privilegio, perciò trova più conveniente introdurre le stesse misure autonomamente, conservando qualche margine di manovra in più per eventuali concessioni, in modo da giocare più liberamente la partita per la conservazione del consenso elettorale.

In questo senso il governo Renzi sta giocando la carta della sanità. I tagli, venduti come riforme che ridurranno gli sprechi di un sistema sanitario che viene percepito dai più come inefficiente, serviranno (dicono) a finanziare l’abbassamento delle tasse (altro tasto dolente per la popolazione italiana); quest’ultimo passaggio è necessario a recuperare il consenso perso soprattutto con l’impopolare riforma della scuola che colpirà una parte consistente dell’elettorato PD. Il meccanismo è rodato ed è quello che ha permesso al sistema istituzionale di sopravvivere alle turbolenze della crisi nonostante tutti i sacrifici imposti ai ceti popolari. Si tratta di mettere in contrapposizione (e la comunicazione qua gioca un ruolo fondamentale) gli interessi di diverse componenti delle composizione sociale, in modo da poter colpire duramente senza resistenze significative e far in modo che alla fine sia chi sta in basso a pagare i costi della crisi.

Con queste accelerazioni estive i prossimi mesi ci vedranno alle prese con diversi temi potenzialmente esplosivi. Per la riforma della scuola i docenti e gli studenti che si sono mobilitati nei mesi scorsi stanno immaginando lotte che ne sabotino l’applicazione. Contestualmente si tratterà di giocare la partita della sanità. Non si tratterà di difendere il sistema sanitario pubblico in quanto tale, ma di smontare la contrapposizione tra dipendenti e cittadini che pagano le tasse; affrontare il problema delle tasse non significa tagli sulla salute, ma lotta contro l’estrazione finalizzata a dirigere la ricchezza socialmente prodotta verso i grandi capitali privati. Si dovrà immaginare come ricucire legami sociali attorno al problema della riproduzione (e dei suoi costi scaricati su tutti noi), muoversi su un orizzonte di attivazione e di contrapposizione alle istituzioni per la conquista di una qualità di vita dignitosa.

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