Sotto il segno del Mattone
Alberto Ziparo (Professore Associato in Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Firenze) ha condotto per conto dell’Istat un dettagliato rapporto sull’entità del patrimonio immobiliare inutilizzato nel nostro paese. Ne emerge un quadro sorprendente e distopico al tempo, dove all’abbondanza di alloggi vuoti e inutilizzati corrisponde una politica urbanistica e del territorio che spinge a una forsennata corsa alla costruzione di nuovi immobili, con la complicità di banche che, mentre tiranneggiano su prestiti e investimenti in altri settori, elargiscono senza posa nuovo credito agli immobiliaristi.
I dati che mergono, in sintesi, sono questi:
• Aumento del processo di svuotamento delle case del 350% negli ultimi 10 anni
Lo scorso anno, un movimento variegato e composito ha provato a mettere insieme il bisogno sociale diffuso di casa con la questione dello sperpero delle risorse e del denaro pubblico. La risposta del “governo del fare” è stato un Piano Casa diretto esplicitamente contro quella parte di poveri che ha alzato la testa iniziando a riprendersi quello che dovrebbe essere garantito come diritto costituzionale (e umano).
Oltre la repressione dei movimenti e la sordità conclamata di una classe dirigente tutta votata al far circolare denaro dalle casse pubbliche alle segreterie dei partiti e dei grandi costruttori, c’è un altro aspetto che deve essere evidenziato e che ci racconta di un meccanismo perverso che istituisce un ciclo economico basato sulla formula banche-cemento-banche in cui il capitale immobilizzato nelle costruzioni (spesso vuote) viene utilizzato per ottenere nuovo credito per l’edificazione di ulteriori abitazioni che magari resteranno anch’esse invendute ma serviranno da garanzia per l’elargizione di nuovo credito, mentre il paese si impoverisce, gli investimenti latitano, il debito pubblico aumenta… Un circolo vizioso perfettamente illustrato dallo stesso Zipparo in un articolo pubblicato oggi su Il Manifesto (Il Belpaese affoga in un mare di case, p.2):
«Ci siamo chiesti a lungo perché nel nostro paese si continuasse a costruire, a dispetto del declino demografico (la quota di immigrazione appare tuttora relativa) e socioeconomico. La spiegazione è stata fornita dagli studiosi di marketing immobiliare: da tempo non si costruisce più per la domanda sociale (che infatti — nonostante tutto il patrimonio vuoto citato — resta in parte inevasa): la rendita fondiaria, poi immobiliare si è trasformata sempre più in finanziaria. I «nuovi vani» dovevano costituire le «basi concrete» per «costruzioni virtuali» di fondi d’investimento o risparmio gestito. A parte la quota di edificato — «lavanderia», ovvero finalizzata al riciclaggio di capitale illegale, facilmente intrecciata al primo».
Su questi temi abbiamo condotto (dai microfoni di Radio Blackout) un’intervista con Luca Martinelli, giornalista del periodico AltraEconomia
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