Verso il 25 settembre: la scuola vista da un’insegnante precaria
Abbiamo posto alcune domande a un’insegnante precaria che racconta l’attualità dei problemi del sistema scolastico e l’incapacità di una gestione che accumula distorsioni e falle di un sistema tutto da ripensare. In questo momento ci sembra importante dare voce al punto di vista di chi sta vivendo l’ennesimo disfunzionamento di un settore prioritario della società, sottolineando come dopo mesi di lockdown e di didattica a distanza fallimentare si riparta a settembre assolutamente impreparati e costretti a condizioni lavorative e formative inaccettabili.
“Siamo al 21 settembre e attualmente sono stati nominati solo i supplenti sul sostegno e i docenti della scuola primaria e infanzia. La nomina è avvenuta (e continua ad avvenire) online con molti problemi dovuti al soprannumero di persone che devono connettersi nello stesso momento. Nei giorni scorsi c’è stato un forte rallentamento durante l’assegnazione delle cattedre, diversi colleghi hanno lamentato di essere rimasti connessi per ore in attesa di essere chiamati, ci sono stati casi di colleghi convocati alle 9 del mattino e passati la sera costringendo tanto i funzionari quanto gli aspiranti a interminabili sedute online. Spesso i problemi sono stati relativi a malfunzionamenti della connessione, del video o dei microfoni, senza contare il mancato rispetto della privacy visto che si è costretti a mostrare in video, a un grande numero di persone, il documento di identità e tutti i propri dati. Intanto la scuola secondaria di primo e secondo grado di seconda fascia sta ancora aspettando l’assegnazione delle cattedre. Sono uscite in queste ore le prime convocazioni, che continuano però a non tenere conto delle nostre richieste..”
Quali sono le ragioni principali del caos attuale?
Il caos è dovuto al fatto che non c’è chiarezza e tempestività nelle risposte da parte dell’amministrazione. I tempi previsti sono lunghi e inadeguati e soprattutto i problemi che segnaliamo vengono ignorati. Nei presidi dei giorni scorsi a più riprese abbiamo chiesto le convocazioni in presenza e trasparenza nelle procedure di reclutamento (cosa che a quanto pare online non sta avvenendo). Inoltre il problema più urgente e grave a cui l’amministrazione non sa dare risposta è la rettifica del punteggio delle graduatorie, che in molti casi è totalmente sbagliato. Questa richiesta è stata fatta su più fronti e non ci è mai stata data una risposta, ci dicono solo che per il ministero le graduatorie sono valide così e definitive. Il problema che si porrà nell’accettare una cattedra con un punteggio errato ricadrà esclusivamente sui lavoratori e le lavoratrici.
Le convocazioni in presenza risolverebbero alcuni problemi?
Le convocazioni in presenza non hanno mai creato problemi così evidenti: si veniva convocati a scaglioni e la sera stessa veniva pubblicato il file con le cattedre ancora disponibili (cosa che ad oggi non sta avvenendo) quindi il candidato il giorno in cui andava a scegliere sapeva già quali opzioni rimanevano. In questi giorni si è garantita l’apertura dei seggi per le votazioni, si stanno aprendo gli stadi, ma non si è trovato il modo in una città come Torino di trovare degli spazi che garantissero le chiamate in presenza. Tutto questo è evidente che manifesta sia una mancata volontà da parte dei piani alti di trovare soluzioni consone e che non vadano a ledere il diritto di scelta dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche una disorganizzazione a dir poco imbarazzante perché tutto questo si sarebbe potuto evitare se avessero iniziato a pianificare le operazioni in un tempo ragionevole.
I punteggi sbagliati in graduatoria dovuti al sistema cosa potrebbero comportare?
Questa è l’elemento più grave in assoluto perché gli errori di punteggio sono diffusissimi. Nessuno può prevedere quello che avverrà, ma è chiaro che potrebbe esserci una catena di ricorsi. La conseguenza più grave in assoluto è che l’insegnante che sta lavorando su una cattedra assegnata con un punteggio sbagliato potrebbe perdere il posto di lavoro perché di fatto cadrebbe il presupposto giuridico per cui è stato assunto. Nel caso di riassegnazione delle cattedre durante l’anno assisteremmo allo spostamento di insegnanti da una scuola all’altra e non si garantirebbe sicuramente il diritto alla continuità scolastica dello studente. Noi stiamo scegliendo posti che sappiamo benissimo non essere i nostri, ma la questione paradossale è che ne è consapevole anche l’amministrazione, ma continua a brancolare nel buio non sapendo come risolvere la questione, ma imperterrita va avanti con l’assegnazione di cattedre.
Attualmente sono molte le classi scoperte?
A Torino siamo circa 10.000 supplenti in attesa di una sistemazione. Fino all’assegnazione dei posti di sostegno (ancora non tutti coperti) ci sono stati casi di genitori con figli disabili che non hanno potuto portare i loro figli e le loro figlie a scuola perché non era presente un insegnante di sostegno che li potesse seguire.
C’è stata una mobilitazione dei precari per chiedere risposte e quali sono le prossime iniziative?
È dall’8 settembre che si stanno svolgendo presidi sotto l’USP e l’USR per far sentire le nostre ragioni. Ad oggi le risposte sono state totalmente confuse. I motivi della protesta attuale sono molto chiari: chiediamo nomine in presenza e rettifica del punteggio. Ma ci sono anche questioni più profonde che non si esauriranno con la presa di servizio: da anni stiamo assistendo alla precarizzazione sempre più consistente del personale della scuola. Quest’anno si calcolano circa 200.000 supplenti nelle scuole. La “supplentite” di cui soffre questo paese rende impossibile una continuità didattica degli studenti perché ogni anno ci troviamo in scuole differenti. È da anni che noi supplenti veniamo trattati come pedine da spostare di anno in anno da un istituto all’altro per riempire i vuoti di organico, senza la possibilità di creare percorsi continuativi nell’insegnamento: come è possibile garantire la qualità del nostro servizio a queste condizioni? Siamo continuamente costretti a vivere in un’eterna instabilità lavorativa ed emotiva: è impossibile consolidare i rapporti con le classi, con i colleghi e le colleghe e con il territorio perché di anno in anno la maggior parte di noi è costretta a ricominciare da capo. Il 24 e il 25 settembre sono le prossime date a cui chiediamo di partecipare in massa. Sono stati indetti due giorni di mobilitazione, protesta e sciopero. A Torino il 25 settembre l’appuntamento è sotto l’USR alle 9 del mattino per continuare a richiedere condizioni di lavoro migliori, assunzioni, stabilizzazione del precariato, aumenti salariali, adeguatezza delle strutture scolastiche. Ma questa mobilitazione non riguarda solamente i precari, riguarda anche gli studenti, le famiglie, i colleghi e le colleghe di ruolo, riguarda un’intera società civile che dovrebbe pretendere un ingente investimento sulla scuola e maggior rispetto per i suoi lavoratori e le sue lavoratrici.
Qual è stato l’atteggiamento da parte di ministero e provveditorato?
Nei giorni scorsi siamo stati ricevuti dalla provveditrice, la dott.ssa Tecla Riverso, che ha ascoltato le nostre richieste, ci ha rassicurati dicendo che si sarebbe impegnata a trovare soluzioni per permettere le chiamate in presenza, ma questo suo impegno è stato completamente disatteso. Non abbiamo ricevuto risposte chiare, ci siamo trovati più volte in situazioni imbarazzanti in cui siamo stati noi docenti a suggerire dei luoghi consoni alle chiamate in presenza. Addirittura dall’amministrazione ci è stato chiesto se avessimo potuto fare noi da vigilantes durante le nomine, perché loro non avrebbero avuto a disposizione nessun funzionario da impiegare per la misurazione della febbre e per tutte le operazioni previste per il COVID. Sulla questione rettifica del punteggio, invece, l’amministrazione ci ha esclusivamente riportato ciò che arriva dal Ministero e cioè che il punteggio è valido così, che queste sono le graduatorie definitive e che loro non possono mettere mano a un’eventuale correzione del punteggio. Abbiamo più volte incalzato la Dott.ssa Riverso facendole presente che nessun lavoratore e nessuna lavoratrice sarà tutelato nel caso in cui ci fossero ricorsi e lei ha provato a rassicurarci, ma senza spiegare in che modo pensa di gestire questa situazione. A noi non servono rassicurazioni, servono garanzie.
Oltre alle consuete supplenze è previsto il cosiddetto “organico covid”: cosa si di queste supplenze speciali?
Il contratto covid è un abominio. Si tratta di docenti che verranno chiamati a ricoprire incarichi temporanei, ma in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza (in sostanza un nuovo lockdown), i contratti di lavoro attivati verranno interrotti per giusta causa e senza diritto ad alcun indennizzo. Si sta creando una sottocategoria di precari, ancora più precaria. Vengo assunto a scuola e in caso di lockdown vengo licenziato per giusta causa senza avere quindi nemmeno diritto alla disoccupazione. Che cosa ci dice questa forma di contratto? Che la qualità didattica non conta. Se seguo una classe e c’è un nuovo lockdown io perdo il lavoro e i miei studenti e le mie studentesse che fine fanno? Si trovano a fare lezioni online con persone mai viste?
Tutto questo crea un precedente pericoloso, precarizza ancora di più la vita delle persone, mette in difficoltà la scuola stessa che si ritroverebbe senza docenti su cui aveva fatto affidamento e fa sfumare tutto il lavoro che l’insegnante aveva fatto fino ad allora.
Quest’estate si sono chiuse le iscrizioni per i concorsi: ci sono indicazioni su quando saranno?
Ad oggi, la Ministra Azzolina continua a dire che i concorsi si faranno a ottobre, ma per allora non sappiamo nemmeno se saremo in cattedra. Ci chiediamo come sia possibile che non si trovino i posti per fare delle chiamate in presenza, ma si pensa invece di trovare le strutture per poter svolgere in sicurezza concorsi farsa come questi a cui assisteremo. C’è una sentenza della Corte europea che stabilisce che dopo tre supplenze annuali un docente (o un ausiliare tecnico amministrativo) dev’essere assunto, ma ciò non è mai avvenuto e adesso per far fronte a questa richiesta sono stati indetti questi concorsi a cui ci siamo già dovuti iscrivere senza che ci sia alcuna direttiva chiara in merito.
Quali sono le conseguenze degli ultimi mesi di didattica a distanza e gestione covid per quanto riguarda i lavoratori e le lavoratrici della scuola?
Il covid ha portato a galla tutti i problemi irrisolti della scuola in presenza. Docenti poco formati nell’utilizzo delle tecnologie, famiglie in difficoltà per mancanza di strumenti adatti, indicazioni poco chiare. In molti casi la didattica online era semplicemente infattibile. Molte famiglie non avevano mezzi tecnologici adeguati o si trovavano ad averne bisogno figli e genitori contemporaneamente: la scuola ha provato a fornire computer e tablet, ma in modo insufficiente. E spesso c’erano comunque altre difficoltà: connessioni limitate, spazi fisici delle case non idonei, impossibilità di entrare in contatto con alcune persone. Molti studenti e studentesse come sappiamo sono rimasti indietro o sono stati totalmente abbandonati. Indubbiamente le differenze tra i contesti di provenienza delle famiglie hanno pesato e si sono rafforzate. Per noi insegnanti è stato molto frustrante: ci siamo trovati a cercare di tenere insieme tutto, pur sapendo che la didattica online non poteva minimamente sostituire la didattica in presenza. Inoltre in molte scuole colleghi e colleghe hanno segnalato difficoltà di organizzazione, un eccesso di riunioni online inutili e di comunicazioni formali e informali, senza più orari né rispetto di giorni feriali e festivi. Anche l’istituzione scolastica era del tutto impreparata, tanto che senza pensarci due volte si è affidata a colossi online come Google e in molti casi siamo stati costretti a creare account ufficiali della scuola su queste piattaforme senza che vi fosse alcuna riflessione sulla privacy e sulla mole di dati che regaliamo a queste multinazionali. Per quanto riguarda gli effetti su quest’anno scolastico il timore è che che le questioni logistiche e burocratiche tolgano tempo alla didattica, come già accade da anni, ma soprattutto che ci si ritrovi a commettere gli stessi errori dell’anno scorso e che non si arrivi preparati a un’eventuale situazione di emergenza. A giudicare da come si sta gestendo questa fase di convocazioni sembra un timore fondato.
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