
#29M in Spagna: due contingenti per una battaglia.
#29M IN SPAGNA: DUE CONTINGENTI PER UNA BATTAGLIA
Questo sciopero generale va portato avanti nell’unione di due contingenti politicamente e biologicamente molto differenti tra loro, e finora con scarse esperienze di convergenza. Da una parte, l’ “esercito” invecchiato e sulla difensiva dei lavoratori sindacalizzati; dall’altra, uno in formazione, nato recentemente e tuttora poco articolato, generatosi fondamentalmente sull’onda della mobilitazione del 15M, e composto principalmente da tutte quelle persone che non abbiamo vissuto il regime lavorativo sotto il patto sociale fordista.
Il conflitto sociale si presenta inoltre nel campo lavorativo-sindacale – laddove gli attori classici non risultano quasi più essere presenti – conflitto che si dà soprattutto nell‘utilizzo dello ‘spazio’ pubblico e nella difesa dei contenuti democratico-radicali che lo caratterizzano. Detto ciò,son poche le volte in cui le organizzazioni subalterne possano scegliere il terreno e le condizioni dello scontro. E’ invece chiaro che questo si stia dando quando e come vuole il ‘Governo dell’organizzazione politica imprenditoriale’, che mira a un golpe disciplinativo sulla maggioranza impoverita che deve sopportare le misure imposte dalla Troika.
Questo è il senso dell’attacco ai sindacati:non solo l’aggressione alle possibilità degli stessi di rag-grupparsi nei posti di lavoro, ma persino una ristrutturazione verso destra degli apparati dello Stato che elimini la minima capacità di contrapposizione delle istituzioni del mondo del lavoro dentro il regime. Una vera trasformazione oligarchica della costituzione materiale dello Stato Spagnolo, con la quale i piani alti cercano un effetto esemplare.
Sicuramente i motivi di entrambi i ‘contingenti’ per concorrere allo sciopero generale presentano differenti contenuti particolari: la difesa di condizioni lavorative che sembrano essere in pericolo d’estinzione da un lato; la rivolta contro un presente bloccato dai tagli e dalla precarietà dall’altra. C’è però da rivelare che serpeggia un sentimento generale condiviso: la ‘costruzione’ di un popolo contro il ricatto del debito e le misure di adeguamento strutturale.
Con ciò che non si rassegna a morire e con ciò che non finisce di prendere vita, abbiamo da condividere una battaglia di cui non si è ancora trovata la definizione, ma che non possiamo evita-re, dove ci sarà da battersi, e tramite la quale si può acquisire lo stimolo per il rilancio nell’immedia- to futuro.
Lo sciopero, di conseguenza, dev’essere pensato e agito come un passaggio fondamentale di un conflitto prolungato contro l’offensiva messa in campo dalle élites nei onfronti dei lavoratori e delle organizzazioni subalterne, nel tentativo di modificare unilateralmente il patto sociale fondante del regime a vantaggio esclusivo di una redistribuzione maggiormente regressiva della ricchezza sociale – estratta dal basso verso l’alto. Un’offensiva diretta ed essenzialmente politica, che come tale va affrontata.
Íñigo Errejón (dottore e ricercatore nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università Complutense di Madrid)
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