InfoAut
Immagine di copertina per il post

L’esecuzione di Nimr in Arabia Saudita: una condanna politica?

Molti analisti inseriscono questo atto all’interno della narrativa del “sectarian divide” tra sunniti e sciiti, ma la condanna ha molto di politico e poco di religioso, come d’altronde lo stesso scontro tra Iran e Arabia Saudita nel contesto medio-orientale. In questo caso, come in molti altri, parafrasando Von Clausewitz, la religione è la continuazione della politica con altri mezzi.

In primis è la stessa figura di Nimr a dover essere spogliata di quelle categorie che i media mainstream gli hanno affibbiato. Lo sheyk (termine col quale si designa un appartenente al clero sciita) saudita infatti tende ad essere associato all’Iran e ad un discorso settario di marca sciita. Niente di più sbagliato. Lo stesso Nimr, nei suoi sermoni, faceva proprio un discorso di unità della Umma islamica, predicando l’anti-settarismo (non aveva rapporti diretti né indiretti con il regime iraniano né con altre organizzazioni sciite settarie dell’area), e, inoltre, si faceva portatore di istanze sociali di tutta la popolazione saudita che andavano al di là del religioso: rivendicando giustizia sociale, dignità e redistribuzione equa delle risorse a tutte le regioni dell’Arabia Saudita, la figura di Nimr è paradossalmente più vicina ad un socialista che ad un religioso. Cosa alquanto minacciosa per il regime saudita, che ha fatto del settarismo e dell’esclusione della minoranza sciita una politica ben precisa: così la protesta legittima per i diritti civili e sociali è stata distorta abilmente dalla casa regnante dei Saud, che hanno accusato Nimr di terrorismo (oltre che di aver incitato la violenza settaria), giustiziandolo insieme a elementi di spicco di AQAP (Al Qaeda nella penisola arabica), tra cui l’ideologo Faris al Suwhail.

La raffica di esecuzioni (47) approvate ieri, a fronte delle 157 di tutto il 2015 e delle 90 del 2014, sono inoltre da inserire all’interno di uno dei momenti più difficili della storia per l’Arabia Saudita.

A livello interno le gatte da pelare sono diverse.

Il prezzo del petrolio è ai minimi storici (indice brent addirittura sotto i $40 al barile ) e l’economia di rendita saudita ne risente. La maggiore parte delle revenues viene infatti dal petrolio, c’è poca diversificazione della base economica e così la fluttuazione al ribasso non ha fatto altro che costringere il regime ad approvare misure di austerity, tagli alla spesa pubblica, con annessi rincari e aumenti delle tasse. Che potrebbero gravare sulla stabilità della casa regnante.
Oltre alla questione economica, c’è lo scontro interno nei Saud.

Dalla sua entrata in carica Salman, 79 anni, ha dovuto fronteggiare, oltre ai suoi problemi di salute (c’è addirittura chi sostiene sia inebetito dalla demenza senile e che sia solo una figura di “comodo”), lo scontro tra le due personalità forti, Bin Nayef e Mohammed Bin Salman. Il primo, 56 anni, è ministro degli interni, ha un passato di studi tra FBI e Scotland Yard, è noto per il suo pugno di ferro contro i jihadisti (4 attentati sventati alla sua persona) e gode di molta stima presso l’amministrazione Obama per il suo pragmatismo. É il primo nella linea di successione. Bin Salman, 30 anni, invece è ministro plenipotenziario della Difesa. Si sa poco di lui: è giovane ed ambizioso, gestisce ambiti della sicurezza e diversi settori economici, e molti analisti sottolineano la sua vicinanza con gli ambienti militari. É lui che ha spinto per l’intervento in Yemen contro gli Houthi. È inoltre secondo nella linea di successione.
Terzo problema interno: il terrorismo salafita, generosamente finanziato da donors sauditi all’estero, che ha però colpito più volte nell’ultimo anno nello stesso territorio saudita.

A livello regionale ed internazionale l’Arabia Saudita vede la sua special relationship con gli States minacciata.

L’accordo di controllo sul programma atomico iraniano prosegue spedito e le misure di implementazione di quest’ultimo anche. Al di là dei tecnicismi, Riad legge questo deal come una minaccia politica alla sua centralità: Tehran potrebbe rientrare nella comunità internazionale come attore protagonista, normalizzando le sue relazioni internazionali con gli Stati Uniti e usando il suo leverage nei contesti medio-orientali e internazionali (WTO, FMI). In questo quadro i sauditi avrebbero a che fare con un paese che minaccerebbe l’equilibrio di potere non soltanto in termini militari e geopolitici ma anche in termini economici ed intellettuali. Oltre che, chiaramente, all’interno della sfera del religioso.
Che Riad abbia voluto, con l’uccisione dello Sheyk, provocare Tehran per trascinarla in una reazione a catena è possibile (vedere più avanti sull’uso politico del settarismo anche da parte iraniana). É certo però che a fine gennaio dovrebbero essere annullate del tutto le sanzioni all’Iran e che, a febbraio, ci saranno le elezioni per l’Assemblea degli Esperti. Quest’organo decide l’elezione degli esperti che, a loro volta, decideranno la prossima Guida Suprema: che i sauditi abbiano voluto esacerbare la tensione politica in Iran, spostando così l’asse del paese “a destra” verso gli oltranzisti?

Inoltre i sauditi sono impantanati in una guerra in Yemen da diversi mesi contro i ribelli Houthi, sostenuti da Tehran: la situazione sul campo va peggiorando, la presa della capitale Sana’a sembra lontanissima e, soprattutto, gli Houthi hanno sconfinato più volte in territorio saudita, minacciando direttamente la capitale Riad. L’esercito saudita poi, nonostante gli armamenti di ultimissima generazione, ha poca expertise e quindi si deve rivolgere a truppe di mercenari stranieri.
Anche la situazione in Siria non volge al meglio per Riad. L’eventualità che un accordo politico contempli la permanenza di Assad al potere infastidisce i Saud, che hanno investito milioni di dollari nel finanziamento a formazioni ribelli: ciò implicherebbe una vittoria per Tehran ed una sconfitta d’immagine molto pesante per i Guardiani della Mecca.

 

Detto della situazione interna e regionale, ancora due parole sul settarismo.

Questo strumento rientra a pieno titolo nella politica regionale di Riad  e, in questo caso, nella precisa volontà dell’esecuzione di Nimr al Nimr.
Come, di contro, il discorso settario è fatto proprio anche da parte iraniana.
D’altronde l’immaginario sciita fa riferimento al martirio come elemento centrale della sua pratica religiosa: l’Ayatollah Khamenei su twitter, dopo aver paragonato i Saud all’ISIS e aver parlato di “vendetta divina”, ha postato l’immagine di Nimr (paragonandolo al comandante Kuntar di Hezbollah ucciso poche settimane fa da Israele) vicino ad una scritta recitante “il Risveglio non si può reprimere”. Nonostante lo stesso Nimr parlasse apertamente in termini anti-settari e, soprattutto, nonostante lo sheyk avesse espresso alcune volte la sua contrarietà a determinate politiche perseguite dal regime islamico di Tehran: ovverosia l’invio delle milizie sciite in Siria a sostegno di Assad, che per Nimr era un tiranno, e la politica del pugno duro nei confronti delle minoranze sunnite nel Balucistan iraniano nonché l’alto numero di esecuzioni capitali anche verso attivisti dei diritti umani (tra cui rientrano molti chierici sunniti).

Ma d’altronde in Medio Oriente il settarismo ad uso e consumo degli interessi degli Stati è pratica comune-per l’inquadramento della popolazione, per la costruzione dell’immaginario, per i processi di consensus building.
Così come lo è l’appiattimento dei media su determinate griglie di lettura (religione, settarismo, cultura, idiosincrasie dei leader): in questo modo le situazioni conflittuali del Medio Oriente (e non solo) vengono lette reificando questo o quell’elemento- in questo caso l’elemento settario – per poter essere, come diceva Jacques le Goff, “abilmente sfruttate senza vergogna dai mercanti della memoria”.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

arabia sauditairanprimavera araba

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Smascherata la politica di Meta sul sionismo: Ciberwell si scatena dopo la rivelazione di legami con Israele

Il 10 luglio è stato annunciato che il gigante dei social media Meta avrebbe ampliato la portata della sua censura e della soppressione dei contenuti relativi al Genocidio di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Eni: basta finanziare guerre

ENI e Ithaca Energy si uniscono per produrre oltre 100mila barili di petrolio al giorno nel Mare del Nord. Peccato che la britannica Ithaca Energy sia controllata per l’89% dalla israeliana Delek Group, nella lista nera dell’ONU per operazioni nei Territori Palestinesi occupati illegalmente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Virus della Polio rilevato nell’acqua di Gaza

Componenti del poliovirus di tipo 2 sono stati trovati in campioni di acque reflue provenienti da Gaza, ha annunciato giovedì il ministero della Salute israeliano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Napoli: liberi di lottare contro la guerra e affianco al popolo palestinese

Alle 6 di stamani la polizia è andata a casa di 4 compagn per notificare l’applicazione dell’obbligo di firma e contestare vari reati per la manifestazione in solidarietà al popolo palestinese del 13.02 di quest’anno fuori le sedi della RAI di Napoli. da Laboratorio Politico Iskra Giovedi 18 luglio, Presidio h 10, Sede Rai via […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Combattenti stranieri per Israele: mercenari o guardiani “dell’unica democrazia” del Medio Oriente?

Israele sta usando i combattenti stranieri nella sua Guerra Genocida contro Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’INTIFADA NON SI FERMA NEANCHE IN ESTATE

Assemblea nazionale al Festival Alta Felicità venerdì 26/07/2024 ore 18.00 dell’Intifada Studentesca

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La partenza dei coloni israeliani è aumentata del 150% dal 7 ottobre

I media israeliani evidenziano un notevole aumento di coloni israeliani che lasciano la Palestina occupata, con preoccupazioni per la sicurezza e l’incolumità che guidano questa “migrazione inversa”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Mesopotamia: cos’è Hezbollah? Intervista a Fabio Merone

Grazie al contributo di Fabio Merone, ricercatore che si occupa di islam politico e, in generale, di politica nel mondo arabo, in questa puntata andiamo scopriamo il movimento sciita libanese Hezbollah (“Il partito di Dio”).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Elezioni in Regno Unito. L’analisi del voto e gli scenari di scontro possibile

Abbiamo chiesto a George, del collettivo politico e d’inchiesta militante Notes From Below, una panoramica sui risultati delle elezioni in UK e sulle conseguenze politiche per l’area britannica.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Italia: l’aeronautica militare e la marina nell’Indo-Pacifico. Continua l’investimento nell’ambito bellico

L’Aeronautica Militare va nell’Indo-Pacifico con un consistente numero di aeromobili e personale per partecipare all’esercitazione Pitch Black 2024 in Australia, alla Rising Sun 24 in Giappone, nonché per addestrarsi insieme alla Marina Militare in mare aperto.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Attacco iraniano a Israele: quali conseguenze per il Libano?

Lo Stato ebraico potrebbe intensificare la lotta contro Hezbollah, ma secondo gli esperti una guerra aperta sul territorio libanese è improbabile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’obiettivo finale di Netanyahu e le ambizioni regionali dell’estrema destra israeliana

Gli eventi degli ultimi giorni suggeriscono che potremmo vedere prendere forma l’obiettivo finale di Israele. Gli obiettivi del governo di estrema destra di Netanyahu non si limitano a Gaza: vuole conquistare tutta la Palestina e iniziare una guerra anche con Hezbollah e l’Iran.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Raid israeliano a Damasco: un quadro degli attori e delle strategie nel conflitto in Medio Oriente.

Proviamo a dare un quadro del clamoroso attacco dell’esercito israeliano contro la sede consolare iraniana nella città di Damasco (Siria), avvenuto lunedì 1 aprile, a cui ha fatto seguito l’attacco israeliano contro i convogli umanitari della WCK del 2 aprile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medio Oriente: il governo israeliano cerca l’allargamento del conflitto coinvolgendo Libano ed Iran

L’omicidio mirato di Saleh Al-Arouri, alto dirigente di Hamas, a Beirut e l’attentato che è avvenuto in Iran durante la manifestazione per il generale Soleimani, con almeno 95 vittime, parlano chiaro rispetto alla stategia del governo di Netanyahu: la destabilizzazione del Medio Oriente al fine di coinvolgere USA ed UE in un conflitto regionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestinesi e sauditi si uniscono contro la normalizzazione con l’apartheid israeliano

Il Comitato Nazionale Palestinese BDS (BNC) si schiera con la maggioranza del popolo fraterno dell’Arabia Saudita nella sua schiacciante condanna degli sforzi di normalizzazione tra la dittatura saudita e l’apartheid israeliano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kurdistan: si intensificano su tutti i fronti gli attacchi degli stati-nazione contro la rivoluzione confederale

Sebbene il movimento rivoluzionario per la libertà attivo in Kurdistan sia costantemente sotto la minaccia non soltanto della Turchia, ma di tutti gli stati-nazione capitalisti dell’area, i movimenti di truppe che negli ultimi giorni si stanno verificando su tutti i lati di questo accerchiamento, uniti all’intensificarsi, di settimana in settimana, degli attacchi, su più fronti, fanno temere un’ulteriore escalation e devono essere seguiti con attenzione per diversi motivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La popolazione di Rojhilat è in sciopero generale per l’anniversario dell’omicidio di Jina Mahsa Amini

La popolazione di Rojhilat partecipa allo sciopero generale nel primo anniversario dell’uccisione di Jina Mahsa Amini sotto la custodia della cosiddetta polizia morale di Teheran.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Iran: quasi quattro mesi di rivolta contro il regime

La violenza del regime iraniano non riesce a fermare le proteste, che continuano ad essere estese in tutto il paese e coinvolgono 282 città e tutte le 31 province del paese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Iran: sciopero generale nel 60° giorno della rivolta. Il parlamento vota la condanna a morte per chi manifesta nelle strade

Sciopero generale ieri in Iran in occasione del terzo anniversario della rivolta del novembre 2019 che coincide col 60 giorno di rivolta iniziata il 16 settembre con l’omicidio di Mahsa Amini, giovane curda di 22 anni.

Immagine di copertina per il post
Contributi

Iran composito nella crisi

Sono più di 200 le giovani ragazze e ragazzi che sono rimasti uccisi durante quella che appare essere una diffusa sollevazione delle generazioni Z, che da un primo carattere di denuncia della “polizia morale” e mosse dalla richiesta nei confronti delle istituzioni che venga fatta “giustizia”, ora assumono un contorno composito.