CINA: PECHINO ALLA PROVA DELLA “BOLLA IMMOBILIARE” EVERGRANDE
L’economia cinese è in allarme per lo spettro del fallimento del colosso immobiliare Evergrande, il secondo sviluppatore immobiliare del Paese, sul quale grava un debito di 305 miliardi di dollari e le cui azioni hanno perso l’87% nel corso dell’anno (nella seduta del 20 settembre cedono più del 18,9%). In molti, in questi giorni, hanno paragonato il rischio effetto domino sull’economia e la società cinese che questa situazione porta con sè a quanto accaduto nel 2008 all’economia globale con la crisi di Lehman Brothers, la cosiddetta crisi dei mutui subprime.
Guardando ai numeri della crisi Evergrande e al funzionamento dell’economia interna cinese il confronto appare inappropriato. Tuttavia negli ultimi decenni l’economia del dragone ha spinto il settore immobiliare assicurando una “bolla speculativa garantita”, ovvero dando alle grandi società la possibilità di un indebitamento sostanzialmente illimitato coperto dal sistema bancario controllato dallo Stato. Si tratta di un processo iniziato tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, dopo la repressione di Piazza Tian’anmen del 1989. Per far fronte al malcontento popolare che aveva trovato espressione in quel movimento, il Partito Comunista Cinese decise di provare a riconquistare il consenso dei ceti urbani offrendo loro la proprietà immobiliare – tra l’altro libera da tasse – innescando una grossa compravendita di case, anche tra governi locali (spesso indebitati e bisognosi di liquidità) e imprese del mattone interessate a costruire.
Dall’industrializzazione forzata dei decenni precedenti, la spinta del Partito-stato si spostò dunque sull’urbanizzazione. “Le grandi immobiliari come Evergrande hanno così ampliato il proprio business all’infinito, tracimando in altri settori, per conquistare nuovi territori e nuovi mercati – spiega Gabriele Battaglia in un articolo su Il Fatto Quotidiano – L’hanno fatto indebitandosi alla grande e basandosi sulla certezza di ottenere credito infinito dalle banche”.
Nel 2020, però, il governo di Xi Jinping ha deciso di adottare politiche più restrittive nei confronti del settore immobiliare, diramando dei criteri di prudenza finanziaria e stabilendo tre “linee rosse” per regolamentare l’accesso a nuovo credito sulla base dell’indebitamento complessivo e della solvibilità a breve termine.
Ora, di fronte all’intenzione annunciata in queste ore da Evergrande di onorare circa 36 milioni di dollari “di coupon onshore con scadenza 23 settembre”, la palla passa al governo cinese “sempre combattuto – scrive Battaglia – tra salvare le grandi imprese dai fallimenti per timore che destabilizzino il sistema economico e dare invece un segnale forte agli speculatori del mattone. Laddove Evergrande sarebbe l’esempio per tutti”.
Ne abbiamo parlato con Gabriele Battaglia, giornalista e corrispondente da Pechino per la radiotelevisione svizzera, e Dario Di Conzo, dottorando presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dove si occupa di political economy cinese. Ascolta o scarica.
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