Cosa sta succedendo tra l’Armenia e l’Azerbaigian?
La notte scorsa è esploso nuovamente il conflitto sul Nagorno-Karabakh che vede contrapporsi dal 1991 Armenia e Azerbaigian. Un conflitto che viene da lontano e che ha già fatto più di trentamila morti, con diverse schermaglie nel passato recente, ma che oggi assume un’intensità inedita almeno dalla guerra degli anni 90.
Ma da dove viene questo conflitto?
Il Nagorno-Karabakh è una regione a maggioranza armena che, insieme al Naxçıvan, fu al centro di una sostanziale contesa tra Armenia e Azerbaigian già all’alba dell’Unione Sovietica. Se inizialmente la disputa sulla frontiera tra i due paesi sembrava risolversi in favore dell’Armenia, nel 1921 un trattato tra Turchia e URSS, nella persona di Stalin, concesse definitivamente questi territori all’Azerbaigian. Da allora le due regioni contese, seppur con una significativa autonomia amministrativa, rimasero sotto controllo azero. Almeno fino alla fine della pax sovietica. Con il crollo dell’URSS infatti riemerse immediatamente questo conflitto sopito. Lamentando l’azerificazione forzata della regione operata da Baku, la locale popolazione armena, con il supporto ideologico e materiale dell’Armenia stessa, cominciò a mobilitarsi per riunire la regione alle madrepatria.
Nel settembre 1991 il soviet locale dichiarò la nascita di una nuova repubblica. Seguirono un referendum ed elezioni, ma nel gennaio dell’anno seguente vi fu una dura reazione militare azera che portò a una guerra devastante per la regione e senza termine. Infatti la guerra si interruppe nel 1993 con un cessate il fuoco mediato dal Gruppo di Minsk, ma nessun trattato di pace è stato firmato fino ad ora. Il Nagorno-Karabakh continuò ad essere formalmente parte dell’Azerbaigian, ma di fatto è in gran parte sotto il controllo della Repubblica dell’Artsakh, Stato a riconoscimento limitato nato dopo la dichiarazione d’indipendenza del 1991 e sotto l’influenza dell’Armenia. Da allora ciclicamente il confine è luogo di tensioni e schermaglie tra l’esercito dell’Azerbaigian e quello della Repubblica supportato dagli Armeni.
Come mai è riemerso proprio adesso?
Difficile fare delle ipotesi compiute, certamente però l’area del Caucaso è una zona di contesa strategica tra potenze tanto regionali quanto mondiali. L’Azerbaigian è tradizionalmente legata alla Turchia, mentre l’Armenia è alleata alla Russia e all’Iran proprio in funzione anti-turca (in questo senso è necessario ricordare il genocidio degli armeni operato dall’Impero Ottomano nel 1915 che ha causato 1,5 milioni di morti e che non è stato mai riconosciuto dalla Turchia). Oltre alle questioni di carattere storico nell’area sussistono tensioni di carattere economico legate ai cosiddetti Corridoi del Gas. L’Azerbaigian ad esempio è la fornitrice del gas estratto nel Mar Caspio attraverso piattaforme offshore che dovrebbero rifornire il TAP – TANAP, oltre al Gasdotto Trans-Caspico. Viceversa l’Armenia è rifornita di gas naturale attraverso un impianto di 140 kilometri che la collega all’Iran.
Alcuni sostengono che la ripresa del conflitto dipenderebbe da uno scenario internazionale particolarmente favorevole per l’Azerbaigian: da un lato un sostegno più netto della Turchia, dall’altro la crisi istituzionale dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Infatti i rappresentanti dei 57 Stati che compongono l’organismo, nel corso della riunione dello scorso luglio a Vienna non sono riusciti a trovare il consenso sull’estensione dei mandati del Segretario generale e dei vertici dei principali organi dell’organizzazione: il Rappresentante per la libertà dei media, l’Alto commissario per le minoranze nazionali ed il direttore dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani.
Nel frattempo la Turchia ha espresso il suo massimo sostegno all’Azerbaijan e nella giornata di ieri c’è stata una conversazione telefonica tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, con la controparte armena, Zohrab Mnatsakanyan: Mosca ha chiesto vengano immediatamente fermati i combattimenti.
Mentre i media italiani trattano marginalmente l’ennesimo conflitto esploso ai confini dell’Europa uno scenario a tinte fosche si fa avanti, ancora una volta dettato dagli intrecci tra imperialismi, interessi economici e giochi di potenza, di cui a farne le spese sarà solamente la popolazione e il suo diritto all’autodeterminazione.
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