Da Minneapolis a Parigi: per George Floyd! per Adama Traoré!
In poche parole
Se si crede che la voce sia uno strumento del tutto materiale (storico, situato, incorporato) non c’è una voce che può raccontarne un’altra senza, per forza di cose, modificarne i contenuti. È il male-gaze sui corpi delle donne, è lo sguardo bianco sulle comunità razzializzate, che attende ancora di smarcarsi da tutte quelle composite sfumature con cui il razzismo parla. In Italia, sia esso il salvinismo esplicito, sia esso la distopia democratica dell’”integrazione”, falsa coscienza che millanta dignità, dispensando paternalismo e inferiorizzazione.
Dare voce a queste proteste, in poche parole, serva almeno a ricordare da che punto di vista le stiamo guardando – e con quali conseguenze sulle nostre vite.
Police meurtrière, justice complice
Come un enorme cassa di risonanza, le proteste esplose negli Stati Uniti hanno catalizzato l’attenzione anche a Parigi dove il 2 giugno era attesa un’udienza e un presidio per il processo Adama Traoré. Per questo processo, divenuto simbolo delle violenze e delle impunità dei corpi armati, era attesa l’ultima perizia medica depositata al giudice istruttore, secondo la quale viene reso pubblico che Traoré non sarebbe deceduto per asfissia dopo un placcaggio ventrale, ma per una malattia cardiaca. Questa nuova perizia scagionerebbe di fatto i gendarmi in quanto responsabili della sua morte.
Un assembramento di cui non si riuscivano a scorgere i bordi ha invaso la piazza di fronte al tribunale, accogliendo quest’ennesima menzogna (https://www.facebook.com/cerveauxnondisponibles/posts/2966943780071154 ).
Adama, Steve, Lamine, Lahoucine, Zineb, Bouna, Cédric, Rémi, Amine, Ibrahima… #sayhisname #sayhername
La storia Traoré è una delle vicende in cui l’impunità e la tutela giuridica delle forze armata nega qualsiasi forma di verità sui fatti. In un clima di forte tensione emotiva, 40.000 persone hanno invocato giustizia di fronte al tribunale, contro le assurde peripezie giuridiche inflitte alla famiglia Traoré. Una vicenda che fa eco perchè ne racconta di mille altre. Nelle banlieues parisiennes si stima la media di uno/due morti al mese per mano della polizia. Durante il confino, in un solo mese l’intensità delle violenze dei controlli hanno esacerbato a tal punto i quartieri che i dipartimenti attorno la cintura centrale hanno preso fuoco, uno dopo l’altro, in delle rivolte contro la polizia. Nella Francia intera si contano ben 12 decessi in due mesi di confinement (quarantena).
Come compare scritto sui cartelli nelle immagini che arrivano dagli Stati Uniti, il razzismo non è casuale, ma sistemico e strutturale. La violenza della polizia pure, non è niente di accidentale, è razionalmente prodotta e regolata. La teoria e la pratica della polizia francese sono profondamente radicate nel suo sistema coloniale: dalle brigate nord-africane utilizzate nelle bidonvilles tra le due guerre, alle brigate anti-criminalità (BAC) sdogante nelle attuali cité (quartieri/case popolari): è lo stesso meccanismo che si riproduce e si ristruttura. Si tratta sempre di mantenere l’ordine nei colonizzati dall’interno, di contenere i territori di apartheid sociale, quali le banlieues sono, con lo sviluppo e l’utilizzo delle cosiddette armi “non-letali” (Flashball, Taser..) per gestire le rivolte nelle metropoli, e mantenere degli ordini di inquadramento e segregazione nei confronti di coloro che li subiscono – e li combattono. Di questo qualcuno ne legge sui libri, altri ne fanno esperienza.
« Aujourd’hui, ce rapport de force est puissant ! Il est là ! »
[Di seguito qualche parte del potentissimo discorso di Assa Traoré, minacciata pochi minuti prima dell’inizio del presidio dalla polizia, per aver mantenuto e chiesto pubblicamente di venire al presidio, nonostante fosse stato interdetto “per l’emergenza sanitaria in corso Covid-19” (visibile qui: https://www.facebook.com/RevolutionPermanente.fr/posts/3019470951468006 )]
“Oggi abbiamo mostrato un rapporto di forza, abbiamo mostrato di poterlo fare. Siamo scesi in strada e non è che l’inizio! Oggi non è più solo la battaglia della famiglia Traoré, ma è la vostra battaglia, di voi tutti! Oggi, quando ci battiamo per George Floyd, che è nostro fratello, ci battiamo per Adama, ci battiamo per Ibrahima Ba, ci battiamo per Gueye Babacar, per Angelo Garand: la lista è molto lunga! Ciò che succede negli Stati Uniti ha messo in luce ciò che succede oggi in Francia. Oggi dobbiamo essere i portavoce di ciò che succede in Francia! Bisogna attirare l’attenzione sul razzismo che colpisce le persone razzializzate qui in Francia, oggi abbiamo un poliziotto che vive della totale impunità, una polizia che si considera come una mafia in tutta la Francia. oggi stiamo costruendo un enorme rapporto di forza e questo non è che l’inizio, perché la prossima volta che scenderemo in strada lo faremo in maniera molto più organizzata. Ringrazio tutte le persone che sono qui oggi, il vostro nome entra nella storia: potrete dire che avete partecipato a un movimento, a un ribaltamento, in vista della libertà di tutti gli esseri umani razzializzati in Francia. Quando si parlerà di questa storia non si parlerà solo degli Stati Uniti, ma si parlerà di questo movimento in Francia: si dirà che le persone si sono sollevate, dai bambini, ai giovani, agli anziani, e hanno preso parte a un movimento e che se io sono qui, come donna nera, a parlare davanti a voi, sarà grazie a tutti coloro che hanno deciso di sollevarsi e prendere parte a questo movimento.
Poco importa da dove vieni, poco importa il tuo colore della pelle, poco importa la tua religione, poco importa la tua appartenenza sessuale.. oggi questo rapporto di forza è potente, è qui! Prima che io venissi qui la polizia è venuta a bussare alla mia porta! Ecco cosa succede in Francia: quando tu chiedi libertà di espressione, devi sapere che essa non appartiene a tutti. Quando chiedi libertà di espressione vengono a bussare alla porta di Assa Traoré per intimidirla e dirle che la sarebbero venuti a cercare. Ma la nostra risposta è stata chiara: gli abbiamo detto che saremmo stati qui, di fronte al tribunale del 17e arrondissement, che io sarò là e che se hanno intenzione di convocarmi o di arrestarmi lo avrebbero dovuto fare qui, pubblicamente e davanti a tutti!
Quando noi scendiamo in strada, come oggi, sentiamo dire in giro che lo facciamo per “fare danni”. Beh, qui nessuno scende in strada per rompere o danneggiare: veniamo solo a esprimere la nostra rivolta! La rivolta del diritto. [coro: “tout le monde déteste la police] Abbiamo scelto il tribunale di Parigi, e non lo abbiamo scelto a caso: in questo tribunale abbiamo un giudice che con la complicità dello Stato e della giustizia francese stanno coprendo i gendarmi colpevoli della morte di mio fratello!
[…] Nel momento in cui vi parlo, il nostro avvocato, maitre Yassin Bouzrou, ha presentato una controperizia che è uscita meno di un’ora fa. Una controperizia che smonta quella presentata dai giudici. Qui è scritto nero su bianco che Adama Traoré è morto asfissiato in seguito al controllo dei gendarmi: ha portato il peso di tre gendarmi sul suo corpo! Mio fratello ha portato più di 250 chili sopra di lui! [coro: justice pour Adama].
Quando chiediamo giustizia per mio fratello bisogna ripetere che chiediamo giustizia per le tante persone che in Francia sono morte a causa della polizia. In Francia muoiono fra 1 e 2 persone al mese sotto i colpi della polizia e c’è un numero enorme di morti che passa sotto silenzio! Abbiamo in questo momento migliaia di famiglie che si battono giorno e notte e che hanno messo da parte tutta la loro vita precedente solo per occuparsi della loro famiglia! Bisogna ripetere che quando ci battiamo per Adama Traoré oggi ci battiamo per tutti gli Adama Traoré!
Mio fratello non tornerà più! I nostri fratelli non torneranno più! Adama non tornerà più e tutte le battaglie che portiamo avanti sono per i nostri fratelli, i nostri figli. Le portiamo avanti per quelli che sono qui. Io ho detto che mio fratello è stato ucciso e questa frase è valsa un processo. Ho detto che “Adama i gendarmi ti hanno ucciso, ma non uccideranno il tuo nome” e per questo ho 4 denunce e un processo, mentre abbiamo i gendarmi che hanno ucciso mio fratello ancora in libertà!
Quando pretendiamo giustizia per Adama, giustizia per Gueye, quando reclamiamo giustizia per Ibrahima, per Babacar … lo chiederemo, perché la morte più recente, della settimana scorsa, è quella di George Floyd. Non possiamo camminare senza pensare a questo viso, senza pensare alla morte di questo fratello, di nostro fratello! E nostro fratello è stato ucciso come in un film, come se fossimo in un cinema. Hanno messo la sua morte in scena, orribile e che gela il sangue nelle vene. Oggi non possiamo scendere in strada a Parigi, non possiamo reclamare giustizia in Francia, senza avere un pensiero per la famiglia di George Floyd, per lui che è morto. Oggi delle rivolte immense esplodono, tutti gli Stati Uniti e il mondo intero si sono sollevati e il solo paese che ha rifiutato il diritto a manifestare, che ha diffuso un divieto pubblico e che ha inviato la polizia a casa mia è la Francia!
[…]
Foto e video per gentile concessione di Matteo Di Stanislao
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