Farc-Ep: ‘A La Havana dialogando e in Colombia combattendo’
Recentemente sono circolate alcune notizie che riportavano la caduta di tre elicotteri da guerra nelle così dette zone di ordine pubblico in territorio colombiano. A Vistahermosa, nel dipartimento del Meta, le forze armate hanno riportato la caduta di uno di questi tre per motivi che sono in questo momento oggetto di investigazione. A Petrolea, Tibù, a Nord di Santander, le forti raffiche di vento hanno causato l’incidente di un altro elicottero, a distanza di pochi giorni. E nei dintorni di Supamaz, a Cundinamarca, un terzo veivolo è stato colpito dalla furia del vento il giorno seguente. In ognuno di questo incidenti, si diede inoltre notizia di alcuni sotto ufficiali, soldati o poliziotti feriti.
Secondo alcuni rapporti emanati dall’alto commando militare o di polizia, sembra che la cattiva sorte, i capricci del tempo o le disattenzioni dei meccanici militari, oppure tutti e tre i fattori, si sono uniti inaspettatamente per sventura del personale in missione per portare avanti l’offensiva contro la guerriglia. La stampa mainstream non ha avuto, neanche per sbaglio, il coraggio di insinuare che gli elicotteri fossero stati abbattuti dall’azione dei combattenti che da terra si vedono obbligati ad affrontarli.
È come se questa possibilità non esistesse. Il governo colombiano e i militari di alto grado, allo stesso modo che i loro propagandisti per soldi o gratuitamente, si sono occupati di collocare nell’immaginario collettivo la falsa idea di un potere straordinariamente invulnerabile delle forze armate e una debolezza estrema nelle guerriglie agonizzanti. Si sostiene, senza alcun pudore, che è assurdo pensare in un’insurrezione del XIX secolo e, alle porte della sventura, sferrare colpi contundenti all’invincibile esercito del XXI secolo che si è costruito il regime nell’ultima decada. Si capisce l’intenzione di una così pubblicizzata immagine: convincere i colombiani, inclusa la stessa guerriglia, che non c’è niente da fare di fronte al potere dello Stato di oggi.
L’unica alternativa è la sottomissione. Nessuno è nella possibilità di affrontare la schiacciante forza del potere. Non rimane l’arrendevolezza, l’accettazione delle regole imposte, l’inevitabile futuro. Simile affermazione, ripetuta in una forma o nell’altra, è assolutamente falsa. È chiaro che si può combattere, resistere, avanzare, colpire e ferire a morte il nemico. È quello che come Farc-Ep stiamo dimostrando oggi, e che il potere dominante si impegna a nascondere con rigoroso affanno e attenzione. Che nessuno capisca, che non ci sia chi conosca i fatti e si azzardi neanche a provarci. Che nessuno provi a urlare che il re in realtà è nudo.
Le ultramoderne e tecnologicamente avanzate forze speciali dell’Omega non solo persero l’elicottero che atterrava alle 22.15 dello scorso 21 febbraio, caricato con le sue truppe nel villaggio Laureles di Vistahermosa, Meta, che prese completamente fuoco, bensì un altro veivolo, che tentava di atterrare nello stesso momento, ha dovuto battere in ritirata con gravi danni.
Diversi soldati d’elite che scesero da altri elicotteri, nei pressi della stessa zona, caddero vittime di un campo minato installato in maniera preventiva dai ragazzi del 27imo battaglione.
Le truppe, supportate da aerei bombardieri e altri elicotteri, provarono il giorno dopo a rimediare al fiasco, non raggiungendo nessuno degli obiettivi prefissati, mentre non hanno potuto evitare che un altro veivolo da guerra si ritirasse dopo che venne colpito da terra dai guerriglieri.
Questi sono i fatti che l’Esercito non rivela mai, tanto meno la stampa colombiana al suo servizio, che fa passare questi episodi come sporadici incidenti il cui bilancio è di due o tre feriti. Occorre chiedersi ora -quando gli alti gradi militari grugniscono esigendo informazioni sulle loro truppe, che si presume siano spariti a causa delle Farc nelle zone di ordine pubblico- in che maniera attuano nei confronti delle famiglie dei soldati che muoiono in queste condizioni. Come spiegare loro che i loro cari non torneranno mai, senza informare delle sconfitte durante le quali caddero? Non stupisce allora l’ondata di richieste di mutua dei membri delle forze speciali dell’Esercito, che preferiscono guadagnare un buon compenso come mercenari in altri Paesi prima di morire senza gloria nel loro.
La verità è che i tre veivoli, fatti passare come oggetto di incidente nella ultima settimana di febbraio, vennero abbattuti in conseguenza del fuoco guerrigliero. E le assenze per motivi di salute del personale di combattimento furono inoltre nascoste dagli alti gradi militari.
Furono le unità del 33imo Battaglione delle Farc che si hanno abbattuto l’elicottero che si schiantò a terra a Tibù, e che la stampa spaccia per raffiche di vento. E lo stesso quotidiano della capitale, El Tiempo, elaborò la stessa settimana, un timido rapporto riguardo la presenza delle Farc nel villaggio di Sumapaz e i costanti combattimenti che si presentano con le unità dell’Esercito Nazionale. Riconoscere questo tipo di situazioni ora si rivela gravissimo per l’establishment. Perché distrugge l’idea che a La Havana le Farc si giocano l’ultima opportunità per arrendersi.
Ed è meglio che la gente sia convinta che la lotta delle Farc sia finita. Questo è il punto. Soprattutto se il paese intero è sull’orlo di una grande esplosione sociale di protesta e mobilitazione. Così lo hanno concepito i consulenti e gli strateghi del regime quando prevedevano la discordanza che poteva presentarsi con le loro locomotrici della prosperità. Potrebbero catturare e sfruttare la ribellione contro le loro politiche, condurla a un porto sicuro con le loro Ong, i loro angioletti e simili. Evitare a tutti i costi il minore collegamento tra la lotta rivoluzionaria delle Farc-Ep e le masse colombiane, strappare all’insurrezione e al popolo le bandiere della lotta.
Ma la realtà sta indicando un’altra cosa. Le Farc-Ep non sono andate a La Habana a negoziare il loro smantellamento e la loro consegna come sperava invece chi risiede nel Palazzo. Siamo andati a conquistare la pace con democrazia e giustizia sociale per la Colombia. E allo stesso tempo, silenziosamente, stiamo dimostrando la nostra enorme integrità nel campo da combattimento. Da parte sua, il popolo colombiano, da solo, sta dimostrando la sua enorme indipendenza e maturità. Non è disposto a lasciarsi manovrare dal regime. Né dai suoi rappresentanti venduti. Ha dei propositi chiari ed è disposto a raggiungerli con fermezza. Forse manca unicamente il salto al politico, che la mobilitazione sociale faccia sua l’idea che in questo regime e con questi governi no c’è via d’uscita. Bisogna cambiare questo. A qualunque costo.
Farc-Ep
Montagne della Colombia, 4 marzo 2013
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