Ferguson un anno dopo: we’re still here to fight!
A Ferguson sono cambiati il “sindaco” e il capo della polizia, con quello che potremmo definire come blackwashing. Ovviamente neri, i due nuovi vertici stanno tentando una impossibile normalizzazione. Nelle ricorrenze di ieri si capiva sin dall’inizio che non ci si trovava in un contesto dove la rottura dell’estate scorsa si è riassorbita. Mentre i media si focalizzavano su una testa di maiale col nome del poliziotto assassino di Mike; mentre sfilavano centinaia di persone per le strade; mentre il padre del ragazzo ucciso dichiarava che la lotta deve andare avanti per far pagare ai responsabili le centinaia di esecuzioni in strada cui si assiste ogni anno; nei sobborghi di Ferguson in molti si preparavano per la serata.
Sui media radicali di movimento si sapeva che durante la notte si sarebbe voluto dare un segnale forte per “commemorare” Mike Brown e la rivolta dell’anno scorso. Già la riuscita dei cortei pomeridiani ha dato un importante segno di forza e continuità a quello che è stato definito come movimento Black Lives Matter, ma era chiaro che alcune componenti non si sarebbero ritenute soddisfatte delle proteste diurne.
A Ferguson si è infatti messa in moto una composizione molto giovane, con un rapporto per lo più conflittuale con le vecchie organizzazioni militanti black e con molte diffidenze, per non dire distanze, anche coi militanti più giovani. Fatto sta che ieri notte in molte parti della città, col tentativo di convergere verso le zone “incriminate” dell’anno scorso, sono iniziati vari assalti ai negozi. Vetrine infrante, un po’ di attività commerciali espropriate. A quel punto la polizia è intervenuta in forze. Si sono riviste le unità attrezzate militarmente che avevano fatto il loro ingresso in strada l’anno passato. Blindati, visori notturni e armamenti direttamente riciclati dai fronti bellici, laddove gli stessi agenti sono molto spesso reduci di guerra. L’indicazione era tuttavia chiaramente quella di evitare il più possibile qualsiasi tensione.
Tuttavia alcuni manifestanti hanno, come già successo alcuni mesi fa, usato armi da fuoco per allontanare la polizia. Si parla di diversi colpi di pistola e di alcune raffiche di mitra esplose contro gli agenti. La polizia si è mossa per isolare le zone attraversate dai manifestanti, col beffardo paradosso di chiudere per sicurezza alcuni giornalisti e passanti all’interno dello store dove Mike Brown è stato accusato di aver sottratto qualche sigaretta, che fu più volte attaccato dai manifestanti in passato. Un giovane armato di pistola è stato gravemente ferito dalla polizia.
La giornata di ieri conferma come negli Usa si stia consolidando lo spazio di conflitto inauguratosi a Ferguson, all’interno di una nuova storia tutta da scrivere.
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