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Francia,«Ecoterrorismo» : le lotte ecologiste nel mirino del ministero dell’interno?

Più di 3.000 firmatari sostengono il movimento in una dichiarazione preventiva.

Il Ministero dell’Interno deciderà di attaccare le iniziative ecologiste più ambiziose e audaci? Dopo il crescente successo delle mobilitazioni popolari contro i mega-bacini di Sainte-Soline e la neutralizzazione temporanea di una fabbrica di cemento vicino a Marsiglia, diversi articoli di stampa hanno parlato di una controffensiva, in corso o in arrivo, da parte della polizia e dei media. Nel giro di 48 ore, più di 3000 personalità, attivisti, agricoltori, artisti, funzionari eletti, lavoratori, intellettuali, sindacalisti, scienziati, operatori sanitari, funzionari pubblici, naturalisti, associazioni e organizzazioni hanno dato il loro sostegno preventivo alla lotta firmando questo testo. Il termine “eco-terrorismo”, usato consapevolmente dal Ministro dell’Interno, non sembra convincere coloro che prendono sul serio la questione del nostro avvenire. Una nuova mobilitazione, questa volta internazionale, è già stata annunciata da Les Soulèments de la Terre e dal collettivo Bassines Non Merci per il 25 marzo.

Martedì 20 dicembre, all’inizio delle festività natalizie, le più calde che siano mai state documentate, il quotidiano Le Parisien ha pubblicato le prime pagine di un misterioso rapporto della polizia e intelligence investigativa “Reinsegnements Territoriaux”, “trapelato” di proposito, con il titolo appariscente: “la preoccupante svolta radicale degli attivisti ecologisti”.

Questa strana abitudine dei “servizi di sicurezza” francesi di comunicare, senza dare a vedere le loro intenzioni, suona ancora una volta come un test per una nuova ondata repressiva. Un test che in realtà è rivolto a tutti noi che abbiamo partecipato, in un modo o nell’altro, alle lotte ambientaliste degli ultimi anni.

Questa “svolta radicale” degli ecologisti sarebbe quindi il risultato delle manovre occulte di un gruppo di “ultrasinistra” recentemente convertitosi alla causa ecologica, subdolamente mascherato sotto l’insegna di “Les Soulevements de la Terre”, e non un segno della radicalità della situazione in cui siamo tutti/e presi/e fino al collo. La moltiplicazione delle azioni di resistenza ecologica o contadina negli ultimi anni si spiega con l’agitazione di alcuni “veterani” di Notre-Dame-des-Landes, tutti in preda a un’insaziabile voglia di azioni “violente”, più che con un sussulto di dignità, proveniente da ogni dove, di fronte all’evidenza schiacciante della catastrofe. Secondo questo rapporto non avrebbe nulla a che vedere con l’evidente complicità dei vari governi che si sono succeduti nei confronti dei responsabili di questo disastro, né con la macabra corsa a perdifiato dell’industria del cemento o della lobby agroindustriale.

Che importanza hanno gli appelli all’azione firmati e trasmessi da centinaia di organizzazioni ambientaliste, organizzazioni della società civile, aziende agricole, associazioni di cittadini, gruppi locali in lotta e personalità di ogni estrazione sociale, che hanno accompagnato le recenti mobilitazioni popolari contro l’accaparramento di terre, delle risorse idriche o contro l’artificializzazione dei suoli? Questa fragorosa proliferazione, in costante crescita, è solo una cortina fumogena per un manipolo di attivisti radicalizzati, decisi a trascinare verso il fallimento l’intero “legittimo movimento per la salvaguardia del pianeta”.

La corda è logora, ma potrebbe ancora servire: individuare una frazione del movimento attuale, isolarla e designarla come il fattore contagioso, da cui dobbiamo a tutti i costi prendere le distanze con il rischio di essere schiacciati a nostra volta. L’eterno ritorno della triste figura della Sottodirezione antiterrorismo (Sdat) nelle indagini sulle lotte sociali, contadine ed ecologiche – in occasione di una nuova azione collettiva contro il cementificio Lafarge, condannato negli Stati Uniti per la sua collaborazione con Daesh – è un’onnipresente inversione di tendenza. Preparato dalle esternazioni del Ministro dell’Interno sull'”eco-terrorismo”, questo spostamento nasconde malamente l’imbarazzo degli strateghi delle forze dell’ordine che, non sapendo dove sbattere la testa, ne cercano una da tagliare.

“L’arma del governo è la dissoluzione”, ha annunciato con sicurezza il giornalista di Parisien. Ma che cosa significherebbe dissolvere?

È facile capire, visti i recenti tour de force effettuati, tra l’altro a suo nome, per la difesa concreta della terra e dell’acqua, che il movimento “les Soulèvements de la Terre” è un colpevole molto appropriato. Questo movimento di convergenza senza precedenti tra agricoltori, giovani urbani, ecologisti e sindacalisti ha infatti il merito di avere un nome, un sito web, un account Twitter, incontri pubblici regolari e persino, secondo la nota di RT, un conto bancario… Un bel nasone al centro del viso che, a quanto pare, aspetta solo di essere pinzato.

Tuttavia, noi che firmiamo questo articolo non crediamo a questa favola e sappiamo di cosa stiamo parlando. Avendo partecipato a certe manifestazioni, avendone organizzate altre, avendo firmato appelli, petizioni, ospitato riunioni, partecipato alla logistica di tale o tal altro accampamento, o a manifestazioni proibite, essendoci a volte allegramente dotati di tronchesi, martelli o forbici per qualcosa di diverso dal fare del bricolage, oppure avendo semplicemente sorriso all’idea del loro possibile utilizzo. Sappiamo che non c’è bisogno di un comitato centrale, o di una cerchia di strateghi esperti per riconoscere l’assoluta urgenza della situazione, così come il criminale attendismo di coloro che hanno il potere di fermare la macchina.

Sappiamo anche che non abbiamo paura di quelle persone vestite di bianco o di tute protettive che ora vediamo in TV, dopo anni di sordità del governo nei confronti delle lotte ecologiste. Non possiamo che dar loro ragione quando li sentiamo dire che le loro azioni di “disarmo” sono una parte essenziale di qualsiasi strategia coerente per rallentare, fermare o interrompere i progetti che cementificano i suoli, che si appropriano delle terre o che avvelenano i fiumi. Anzi, a volte vorremmo farne parte, se ne avessimo la possibilità o se i nostri doveri, la nostra salute o le nostre situazioni familiari non ci imponessero di essere altrove. Perché i loro gesti, la loro precisione, la loro gioiosa determinazione ci parlano infinitamente di più delle smorfie del Ministro degli Interni quando versa lacrime di coccodrillo per le barriere rotte di un cantiere, per la chiusura temporanea di un sito industriale altamente inquinante o per i danni economici subiti da questa o quella multinazionale ecocida.

Stiamo già assistendo alla pioggia di convocazioni, incriminazioni, pestaggi e processi a carico di attivisti di Bassines Non Merci, della Confédération Paysanne o dei Soulèvements de la Terre, di manifestanti che a volte sono stati prelevati dai loro letti d’ospedale e presi in custodia. Le prime prove di lotta contro i bacini, quella del 28 novembre e quelle che si terranno il 5 e 6 gennaio 2023 a La Rochelle e Niort, sono esemplari a questo proposito. I fascicoli d’indagine, che possono raggiungere le 1500 pagine, mostrano la sorveglianza, soprattutto telefonica, di centinaia di persone. A questo si aggiungono pedinamenti, dispositivi di videosorveglianza nascosti davanti alle case degli attivisti, decine di custodie di polizia e una cinquantina di udienze. E ci aspettiamo, come ci dicono le pagine dei giornali, che la semplice partecipazione a queste manifestazioni, a questi incontri, a questi raduni, sarà presto non solo illegale ma anche riprovevole. Questi gesti e le loro trasformazioni sono tuttavia momenti che disegnano un avvenire possibile.

Quindi, da tutti i luoghi in cui ci troviamo, siamo pronti a essere solidali, a dire che anche noi ne facciamo parte, anche se solo col pensiero. E che coloro che vedono l’ombra della repressione oscurare la loro parte di cielo non saranno soli, perché siamo già là….

 1 – Oltre al suo ruolo di primo piano in una delle industrie più ‘climaticide’ del mondo, il produttore di cemento Lafarge è stato incriminato in Francia per “complicità in crimini contro l’umanità” nell’ambito di un’indagine giudiziaria aperta nel giugno 2017. Questo si aggiunge ad altre due incriminazioni per “finanziamento di gruppi terroristici” e “messa in pericolo di vite umane”. Negli Stati Uniti, Lafarge è stata recentemente condannata per aver sostenuto finanziariamente Daesh e minato la “sicurezza nazionale” del Paese.

 2 – Désarmement è utilizzato come sinonimo di sabotage, ossia sabotaggio.

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