Gaza assediata è la prigione a cielo aperto che resiste alla colonizzazione israeliana della Palestina
MEMO. Di Yousef Al-Helou. L’operazione Ciclone Al-Aqsa, lo scorso fine settimana, ha colto tutti di sorpresa, non solo Israele. Le immagini di soldati israeliani uccisi e catturati hanno provocato un’onda d’urto nello stato occupante e nei suoi alleati, riflettendo il fallimento dei servizi di intelligence e delle tecnologie di sicurezza israeliane.
da InfoPal
Sono stati giorni molto dolorosi per Israele e il suo popolo, mentre i razzi continuano a essere lanciati dalla Striscia di Gaza assediata, la prigione a cielo aperto che sta resistendo alla colonizzazione israeliana della Palestina.
Da allora lo stato di occupazione ha dichiarato guerra a Gaza e ha tagliato il rifornimento di elettricità, acqua, carburante e cibo. Non vengono ammessi aiuti umanitari, nonostante il bombardamento israeliano in corso che sta distruggendo aree residenziali e infrastrutture. Questo feroce attacco contro i civili è l’azione di Israele per salvare la faccia, ripristinare il fattore di deterrenza che Hamas ha distrutto lo scorso fine settimana e coprire parte del suo imbarazzo.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), circa 300 mila palestinesi sfollati interni hanno cercato rifugio nelle scuole dell’agenzia; altri sono senza casa per strada o si rifugiano presso i parenti. Temono che anche le scuole verranno prese di mira dall’aeronautica israeliana, come è accaduto nelle quattro principali offensive militari israeliane contro Gaza dal 2008.
Insomma, quanto sta accadendo ha tutte le sembianze di un genocidio, di un’ulteriore pulizia etnica del popolo palestinese. A parte l’elenco crescente delle vittime, la situazione umanitaria è critica, con grave carenza di cibo e acqua potabile e mancanza di elettricità. Le persone hanno paura di lasciare le proprie case per fare scorta di quel poco che hanno a disposizione.
Gaza non ha bunker fortificati o rifugi antiaerei come quelli che si trovano in Israele. I suoi 2,3 milioni di persone sono intrappolati in una delle aree più densamente popolate del mondo tra il Mar Mediterraneo e la recinzione controllata da Israele attorno all’enclave; Israele detta addirittura all’Egitto quando può e quando non può aprire il confine al valico di Rafah. Eppure Benjamin Netanyahu ha detto alla gente di Gaza di andarsene. Dove possono andare? I governi israeliani da lui guidati impongono un blocco da 17 anni.
C’è un blackout più o meno completo delle notizie da Gaza; niente elettricità significa niente internet – e in ogni caso Israele ha bombardato la principale compagnia di telecomunicazioni – e non c’è nessuna copertura per la telefonia mobile. Le comunicazioni tra e all’interno delle famiglie sono state rese davvero molto difficili o quasi impossibili. Mentre scrivo non riesco a contattare la mia famiglia, posso solo guardare ciò che i media mainstream ci permettono di vedere. È una posizione orribile in cui trovarsi.
Israele sostiene di condurre la guerra “contro Hamas”, ma le vittime sono civili. Le aree residenziali vengono bombardate e i “danni collaterali” quando gli “obiettivi di Hamas” vengono fatti saltare significano morti e feriti tra i civili.
Tutto ciò equivale a una punizione collettiva, che è un crimine contro l’umanità. E i crimini di guerra vengono commessi quotidianamente da Israele.
Alcuni funzionari israeliani suggeriscono di costringere i palestinesi ad entrare in Egitto lungo un corridoio “sicuro”, ma non è chiaro se questa opzione sia in discussione con il regime egiziano o se i palestinesi la utilizzeranno effettivamente se si presenterà l’occasione. Molti dicono che preferirebbero restare e non diventare nuovamente rifugiati, come lo furono i loro genitori e nonni nel 1948 e nel 1967, a qualunque costo.
La risposta della comunità internazionale e dei regimi arabi è dolorosa da vedere. È come se l’uccisione di civili e la distruzione delle loro case fossero un altro modo per creare un cuneo tra Hamas e il popolo. Persone della piccola enclave costiera sottoposte a questo potere schiacciante orribile e crudele.
Come al solito, gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’UE hanno sostenuto Israele fino in fondo; le leggi e le convenzioni internazionali chiaramente non significano nulla per loro. Citano il “diritto all’autodifesa” di Israele, ma è giusto commettere crimini di guerra quando ci si difende? L’America sta addirittura inviando un gruppo d’attacco navale guidato dalla portaerei USS Gerald R. Ford “più vicino a Israele”, presumibilmente nel caso in cui l’Iran venga coinvolto, magari attraverso Hezbollah in Libano. I doppi standard dell’Occidente sono stati nuovamente smascherati. Ursula von der Leyen dell’UE “sta dalla parte di Israele” e ha condannato la resistenza di Hamas all’occupazione israeliana. Non ha condannato Israele per aver tagliato l’elettricità e le forniture essenziali alla popolazione civile di Gaza, eppure un anno fa ha affermato: “Gli attacchi della Russia contro le infrastrutture civili (in Ucraina), in particolare l’elettricità, sono crimini di guerra. Privare uomini, donne e bambini dell’acqua, dell’elettricità e del riscaldamento con l’arrivo dell’inverno: questi sono atti di puro terrore. Dobbiamo chiamarlo così”.
L’Ucraina è parzialmente occupata dalla Russia e non solo viene armata dall’Occidente, ma afferma anche che Israele deve difendersi. Perché allora, dopo 75 anni di occupazione da parte di Israele, ai palestinesi non è permesso di resistere all’occupazione e di liberare la loro terra? L’autodeterminazione basata sulle risoluzioni delle Nazioni Unite non potrà avvenire senza il sostegno internazionale. Il ciclo di violenza deve finire, ma l’Occidente deve accettare che la causa principale di questo conflitto è l’occupazione militare della Palestina da parte di Israele. È ora di smettere di disumanizzare i palestinesi e di iniziare a trattarli con giustizia.
È stato riferito che Israele ha schierato 300 mila soldati al confine nominale con Gaza, il che minaccia un’invasione di terra, il che significa ulteriore spargimento di sangue e distruzione. Si tratterà ancora di terrorismo di stato contro una popolazione in gran parte civile, la maggior parte della quale non proviene nemmeno dall’enclave; sono rifugiati dalle loro case e approdano in quello che oggi viene chiamato Israele.
È ora di fermare i bombardamenti, porre fine all’assedio e porre fine all’occupazione. A Israele non deve essere data altra scelta che attenersi alle numerose risoluzioni delle Nazioni Unite e porre fine al sistema di apartheid che impone al popolo della Palestina occupata. Date ai palestinesi delle ragioni autentiche per sperare e il risultato sarà la pace.
Yousef Al-Helou è un analista politico palestinese-britannico con sede a Londra. È un ex allievo delle Nazioni Unite e dell’Università di Oxford e ha un Master in Relazioni Internazionali.
Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice
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