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Golpe istituzionale, sostegno francese, rivolta: cosa sta succedendo in Senegal?

Da molti mesi il Senegal è in preda a una grave crisi politica e sociale, culminata negli ultimi giorni.

Tradotto da Contre Attaque

In questo Paese dell’Africa occidentale, ex colonia francese, un autocrate confisca il potere: il presidente Macky Sall, “amico della Francia”, è alla guida del Paese dal 2012. Per rimanere al potere, ha prima pensato di modificare la Costituzione per concedersi un terzo mandato e ha fatto imprigionare i suoi oppositori, in particolare Ousmane Sonko, il principale esponente dell’opposizione, che ha accusato di “corrompere i giovani”. In questo contesto, si sono verificate regolarmente rivolte, in particolare la scorsa primavera ed estate, quando il regime ha sciolto il principale partito di opposizione.

La situazione avrebbe potuto calmarsi con l’indizione delle elezioni, previste per la fine del mese, il 25 febbraio 2024. Ma il 3 febbraio, poco prima del lancio ufficiale della campagna elettorale, Macky Sall ha messo in atto un colpo di Stato istituzionale. Impossibilitato a ripresentarsi, il presidente ha deciso di rinviare le elezioni presidenziali e ha interrotto la rete internet del Paese.

Macky Sall si è spinto fino a far entrare i gendarmi in tenuta antisommossa nell’Assemblea Nazionale per espellere i deputati dell’opposizione e far approvare una legge che rinvia le elezioni presidenziali a una data ancora sconosciuta. Mai dalla decolonizzazione del 1963 un’elezione del genere era stata rinviata in Senegal.

11 anni fa, Macky Sall è stato eletto presidente con il 65,8% dei voti, nell’ambito di una transizione democratica relativamente pacifica. Da allora, il livello di povertà e carestia è peggiorato nel Paese, in particolare nelle campagne, mentre le élite si sono ingozzate e la corruzione ha prosperato. Nel 2019, Macky Sall è stato rieletto dopo aver eliminato i suoi due principali rivali dalla corsa presidenziale.

Da allora, Ousmane Sonko è emerso come nuovo leader dell’opposizione, prima di essere arrestato nel 2021. Anche diverse centinaia di attivisti del suo partito sono stati messi dietro le sbarre, con l’obiettivo dichiarato di rendere il candidato ineleggibile nel 2024. Con la sua condanna a 2 anni di reclusione, l’obiettivo è stato raggiunto, ma un candidato vicino a Sonko ha presentato la sua candidatura e ha minacciato il partito al potere.

In seguito al rinvio delle elezioni, negli ultimi 8 giorni si sono svolte manifestazioni di piazza. Le stazioni televisive sono state chiuse, i parlamentari arrestati vicino a Dakar e diverse centinaia di persone sono state arrestate in tutto il Paese nei giorni successivi al colpo di stato legale.

Venerdì 9 gennaio è stata una giornata di proteste in tutto il Paese. Sono circolate numerose testimonianze di spari con munizioni vere contro manifestanti disarmati. I filmati mostrano la polizia senegalese che utilizza granate francesi, gas lacrimogeni ed esplosivi, oltre a sparare con i fucili contro i manifestanti. Si vedono anche individui in abiti civili che commettono atti di violenza con le armi usate per mantenere l’ordine. Due giovani manifestanti sono stati uccisi, tra cui Yoro Tounkara, 22 anni, studente al secondo anno di geografia. Altre manifestazioni sono previste per martedì prossimo.

Gli Stati Uniti hanno dichiarato di essere “profondamente preoccupati” per la situazione in Senegal. La Francia è ora l’unico Stato coinvolto nella regione a non chiedere il ripristino del calendario elettorale in Senegal. Una complicità di fatto.

“Voglio rendere omaggio al suo coraggio e al ruolo esemplare che svolge nel continente africano”, aveva detto Emmanuel Macron a proposito di Macky Sall appena due mesi fa. In un momento in cui l’influenza neocoloniale francese viene respinta in molti Paesi dell’Africa occidentale come il Mali, il Burkina Faso e il Niger, la Francia è determinata a sostenere un presidente “amico” in Senegal, anche se ciò significa calpestare le più elementari regole democratiche e versare il sangue della popolazione.

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