I militari guardiani dell’estrattivismo in America Latina
Stanno uscendo nuovi dati che confermano il ruolo delle forze armate nell’assalto di domenica 8 gennaio al parlamento, al palazzo del governo e alla Suprema Corte di Giustizia a Brasilia. Non ci si sbilancia con il sospetto che gli assaltatori (terroristi secondo media e autorità) contarono sulla simpatia o un puntuale appoggio dei militari, ma loro sono stati gli organizzatori dell’evento.
di Raúl Zibechi
Niente meno che lo statunitense The Washington Post titola il 14 gennaio: “L’esercito del Brasile ha bloccato l’arresto degli agitatori di Bolsonaro” (https://wapo.st/3w8i5Bt). Il quotidiano afferma che il generale in servizio, Julio César de Arruda, disse ad alti funzionari del governo di Lula, tra loro il ministro della Giustizia Flavio Dino: “Qui non arresterai la gente”.
Questo ritardo dette il tempo a migliaia di accampati di fronte alla caserma militare di Brasilia di ritirarsi evitando la prigione. Il quotidiano trova un “modello preoccupante”, nella “collusione di militari e poliziotti” con gli assaltatori delle principali istituzioni della Repubblica. Afferma anche che un alto ufficiale della Polizia Militare impartiva ordini al momento dell’assalto.
“Prima di domenica (8 gennaio), i militari avevano in due occasioni impedito alle autorità di sgomberare l’accampamento bolsonarista”, spiega il Post sulla base della testimonianza di un ex comandante della polizia militare della capitale.
Nonostante ciò, il giornale opera nella medesima direzione dei media brasiliani e dello stesso governo di Lula, attribuendo l’assalto a personaggi isolati dentro l’esercito e della classe imprenditoriale. Il ministro Dino, ex comunista, afferma che il tentativo di golpe non è stato finanziato dalle istituzioni ma da attività economiche illegali, come l’attività mineraria e l’agronegozio illegali, e da coloro che trafficano con pesticidi e fertilizzanti, e occupano terre indigene e demaniali.
Niente di più lontano dalla realtà. Le forze armate sono implicate come istituzione nell’assalto di Brasilia. L’antropologo Piero Leirner, che da 30 anni sta indagando le forze armate del Brasile, afferma in un’intervista a Folha de Sao Paulo che “comparare gli attacchi a Brasilia con il Campidoglio occulta il ruolo dei militari” (https://bit.ly/3IYrXp1).
Apporta molti dati concreti: tra gli assaltatori c’erano militari in congedo e parenti di militari; migliaia sono stati per mesi accampati di fronte alle caserme e a fianco del Centro di Intelligence dell’Esercito a Brasilia; il generale Villas Boas (che ha diffuse un Twitter il giorno in cui sarebbe stato giudicato Lula, per arrestarlo) è passato in auto nell’accampamento di Brasilia.
Per questo conclude che “i militari stavano dando un orientamento a questo movimento e appoggiando gli accampamenti”. Se l’Esercito si fosse pronunciato in qualche momento dicendo che le elezioni erano state legittime, il movimento si sarebbe già sciolto a novembre quando sono cominciati gli accampamenti. Ancor di più, afferma che se loro non avessero avuto interesse, “le invasioni non sarebbero avvenute”.
Quello che c’è, rileva Leirner, è un progetto di lunga durata per creare un centro politico debole, che permetta di preparare “un’architettura legale che permetta il blindaggio effettivo dei militari”, giacché gli uomini in uniforme hanno osservato con orrore quanto successo in Argentina dopo la dittatura quando le giunte furono giudicate e processate.
In questo senso, Bolsonaro e il bolsonarismo sono fantocci di paglia destinati ad assorbire le critiche alla gestione che, nei fatti, spettava alle forze armate che hanno ricoperto migliaia di incarichi nel suo governo. Crede anche che possano promuovere una nuova legge anti-terrorismo, ancor più dura di quella che approvò Dilma Rousseff nel 2016, destinata a bloccare i movimenti sociali.
Gli esempi di Perù, Colombia, Ecuador e Cile dovrebbero essere affrontati come nuove manifestazioni del “terrorismo”, come sta affermando la presidente Dina Boluarte a Lima.
Ma anche gli impresari stanno serrando le fila contro la democrazia e il governo di Lula. Il 16 gennaio è avvenuto un golpe nella Fiesp (Federazione delle Industrie dello Stato di San Paolo), la principale associazione imprenditoriale del Brasile. Un’assemblea di sindacati imprenditoriali ha destituito il presidente, José Gomes da Silva, per essersi pronunciato a favore della democrazia durante la campagna elettorale, che nei fatti è stato un appoggio a Lula (https://bit.ly/3Wd013T).
Secondo il quotidiano conservatore Folha de Sao Paulo, il manovratore della destituzione è stato Paulo Skaf, che diresse la Fiesp per 17 anni e fu uno dei principali sostegni alle manifestazioni post 2013 contro il PT e per la destituzione della presidente Rousseff nel 2016.
Insomma, Lula sta venendo accerchiato dall’alleanza militare-imprenditoriale che non cerca di abbatterlo ma di imporgli condizioni. La principale di queste, secondo la docente della Scuola Florestán Fernandes del MST, Silvia Adoue, è mantenere il controllo militare dell’Amazzonia, la principale fonte di risorse del Brasile e base delle catene di valorizzazione e accumulazione di capitale su scala globale (https://bit.ly/3HdjuwW).
In tutta l’America Latina stiamo passando ad un nuovo modello di società. “Le forze armate brasiliane hanno mappato e hanno aperto il territorio allo sfruttamento intensivo, sia di attività agropastorale o mineraria”, dichiara Adoue. I militari si sono assicurati in democrazia il controllo di questi territori e durante i quattro anni di Bolsonaro “il controllo militare sull’Amazzonia è aumentato, organizzando e garantendo l’attività estrattiva, tanto quella legale come quella illegale”.
Pertanto, abbiamo bisogno di due passi della sinistra in basso: il primo è chiarire che il vero potere sono i miliari; il secondo è dibattere che faremo di fronte a questo, perché hanno le armi, sono il potere dietro il trono presidenziale e non si faranno assoggettare (mai lo hanno fatto) all’inesistente “legalità democratica”.
18 gennaio 2023
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