I minatori di Marikana respingono l’accordo della Lonmin
Un’ipotesi che la multinazionale aveva ventilato già da qualche giorno di fronte all’incedere degli scioperi e che ieri ha trovato il favore di alcuni dei sindacati dei minatori, i quali hanno infine firmato l’accordo.
Nelle ultime settimane le azioni della Lonmin hanno perso un terzo del loro valore, motivo per il quale l’azienda ha dato segni di impazienza rispetto ad un’immediata ripresa della produzione, ma i tentativi di pacificazione avanzati dalla multinazionale britannica non hanno sortito l’effetto sperato: l’Amcu (piccola sigla sindacale che rappresenta il gruppo di minatori di Marikana) e i rappresentanti dei lavoratori non sindacalizzati hanno respinto l’accordo siglato ieri.
Qualsiasi accordo che non preveda l’aumento dei salari alla cifra che richiedono, fanno sapere, non verrà nemmeno preso in considerazione.
La giornata di negoziazioni non ha quindi segnato la chiusura degli scenari di lotta: se in alcuni siti di estrazione i lavori stanno lentamente riprendendo, a Marikana (dove tre settimane fa la polizia aprì il fuoco sui minatori, uccidendone 34) il blocco della produzione continua e la situazione non accenna a raffreddarsi.
Nella giornata di ieri, infatti, più di 2000 minatori hanno sfilato per Marikana ricordando i colleghi uccisi e gridando slogan per l’aumento del salario.
Nel frattempo, anche la protesta contro l’arresto dei 270 minatori sembra sortire i suoi effetti: dopo che lunedì ne erano stati scarcerati 50, un altro gruppo è stato messo ieri in libertà.
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