
Il caldo inverno croato contro la rappresentanza

Manifestazioni di protesta continuano a susseguirsi in questi giorni nelle strade di Zagabria come in altre città del Paese, a fronte della nuova ondata di privatizzazioni prevista nel settore terziario.
Le manifestazioni di sabato hanno visto scendere migliaia di persone in  strada, in primis a Zagreb , Rijeka e Porec; oltre diecimila in corteo  nella sola capitale.
 Già mercoledì scorso il malcontento della popolazione, in particolare  dei giovani disoccupati e altamente scolarizzati si era riversato in  strada in maniera determinata.
 I cosidetti “Facebook- protesters” hanno contestato i partiti al  governo e all’opposizione. Il corteo del mercoledì è transitato sia  davanti alla sede del partito social democratico SPD, sia di fronte a  quella del principale partito d’oppozione, l’Unione Democratica Croata (HDZ). Successivamente è stato dato fuoco alle bandiere di entrambi i  partiti, così come al vessillo dell’ Unione Europea.
 Un segnale molto eloquente della piazza, che ha portato l’apparato  mediatico ad agitare lo spauracchio della condanna prevista perbruciare  un simbolo politico (da tre mesi a tre anni), secondo il noto Jutarnji  List.
 E’ da almeno due anni che un movimento radicale di estrema sinistra ha  fatto irruzione nello scenario croato della crisi. Sorto sull’onda lunga  delle mobilitazioni universitarie del 2009, ha saputo radicarsi nel  contesto sociale, ampliando notevolmente la sua portata e diffondendo le  proprie pratiche decisionali e di contestazione a settori operai in  lotta. Un movimento che, nella sua critica di portata sistemica, non  sembra avallare ipotesi partitiche né legarsi alle logiche della  rappresentanza, ma che anzi vede nella corruzione un fattore immanente  nel sistema neoliberale e non come un “male” sociale da debellare con  delle semplici riforme.
 Fermo dissenso alle misure caldeggiate dall’ Unione Europea, rifiuto  della rappresentanza, lotta alla corruzione e nuove forme di  decisionalità dal basso attechiscono nel paese e stanno facendo parlare  di sé  anche negli altri territori dell’ ex area yugoslava.
 Le manifestazioni dell’ultima settimana non sono che un auspicabile  preludio ad un fine inverno e una primavera molto caldi e all’insegna  del conflitto.
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