Intervista OccupyLondon: tra riot e riappropriazioni
Si è appena conclusa la prima tavola rotonda del meeting Agora99. Quali sono i punti di forza e i punti ancora critici del piano transnazionale delle lotte?
E’ molto importante organizzare le lotte su un piano transnazionale. Non è la prima volta che militanti provano a darsi un passaggio su questo livello.
C’é una forte contraddizione nel progetto liberale in quanto transnazionale ma realizzato poi attraverso gli Stati nazionali.
Un esempio concreto può essere quello che abbiamo vissuto come Occupy London e le strategie repressive: la maniera in cui la polizia inglese si è mossa contro di noi è completamente diversa da come può rispondere la polizia a Roma!Forse è anche per questo non si dà Occupy in Italia: lo Stato è intervenuto nel rompere il processo immediatamente.
In ogni modo credo che il 14 Novembre sia un importante passo in avanti perché i sindacati operai
si stanno dando un passaggio internazionale, ma ciò non è sufficiente! Il 14 novembre, noi dobbiamo costruire i presupposti per una democrazia dal basso!
In che modo in Gran Bretagna si sta manifestando la crisi della rappresentanza?
In Inghilterra c’è un governo di coalizione liberal-conservatrice. Stanno promulgando una politica neoliberale; avevano promesso un blocco all’aumento delle tasse universitarie, per poi contradddirsi, facendo contempo incetta di voti con chi aveva creduto alle loro promesse! Ecco una forma della crisi della rappresentanza politica! Io credo difatti che la crisi sia una crisi essenzialmente politica: è la politica ad aver creato questa situazione; è una decisione politica quella di aver riscattato le banche, mentre sappiamo che sicuramente per i ricchi non c’è una crisi economica! Quando si parla esclusivamente di crisi economica rimango scettico e sospettoso verso chi propone questa definizione!
Quali sono a tuo avviso le prospettive politiche per i movimenti contro la crisi e l’austerità in Europa?
E’ molto difficile prevedere che succederà. Si può vivere in una situazione di pessimismo, come tre anni fa in Egitto, poi le contraddizioni possono scoppiare. Ciò che dico è che si possono anche soffrire dieci anni di sconfitte prima di cambiare. In Latino America, dove il regime neolibersita è stato imposta negli anni ’70, hanno vissuto 25 anni di sconfitte, fino a che non si sono organizzati in maniera efficace in movimenti popolari. Dunque pure noi dovremmo darci una prospettiva anche molto lunga, e non importa se nel breve termine perdiamo. Io sono convinto che in Grecia tra qualche hanno ci può essere il rischio del fascismo, e le tendenze ci dicono che si aprono scenari di lotta e organizzazione molto più grandi di quelli che abbiamo visto finora nelle nostre esperienze di vita.
E in questo contesto come valuti quanto accaduto a Londra lo scorso anno? I London Riots come si inseriscono in questo discorso?
Io direi che i riots di Londra erano la reazione di coloro che sono stati derubati da questo governo, le vere vittime di un delitto bianco, espropriati del diritto a un futuro. Ciò che possono aver rubato non restituisce nulla di quello che gli è stato sottratto: un televisore Hd non può essere comparato alla depredazione delle vite, all’impossibilità di avere una casa ad esempio.
A tuo avviso c’è la possibilità di forma di sogettivazione della composizione sociale protagonista dei riots?
Il problema della soggettivazione dei rioters è grande! Il problema è che sono stati talmente disorganizzati da non poter rilanciare forme di rivendicazione e passaggi di lotta duraturi, lasciando spazio alla repressione nei quartieri. Dobbiamo organizzare lo spazio cittadino. Come Occupy proponiamo di occupare palazzi vuoti e lì organizzare forme di decisionalità dal basso, costruendo così forme di vero contropotere. Potremmo anche cercare di organizzare altre forme di economia e mutualità, come i mercati alimentari, e in generali creare altri centri di potere, risolvendo le questioni pratiche della gente!
In che modo il movimento contro la crisi sta tentando di interagire con questa composizione sociale?
C’è molta remissività, perchè i movimenti come il nostro sono ancora piccoli, e per esempio non attecchiscono ancora nei bisogni del tessuto migrante. Anni fa c’erano organizzazioni, come le Black Panthers, che organizzava i migranti giamaicani ad esempio ma il problema fu che negli anni ’80, anche negli States, queste organizzazioni vennero sussunte dalle istituzioni. Nel caso dei rioters, non essendoci organizzazioni calata dall’alto, si possono dare passaggi per cercare di articolare tale forza contro le istituzioni vigenti!
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