InfoAut
Immagine di copertina per il post

Iraq 2003-2014: “mission accomplished, failed state!”

Il 2014 siro-iracheno come il 1979 afghano, o peggio…

Lo scorso 28 maggio il presidente americano Obama, durante il discorso annuale ai nuovi cadetti dell’accademia militare di West Point, affermava che la leadership di Al Qaeda era stata decimata, e che l’organizzazione islamista era vicina alla sconfitta totale.

A vedere quello che succede oggi in Iraq non si direbbe.

Pochi giorni fa un battaglione di 800 combattenti affilitati all’ “Esercito Islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIS in inglese, DAESH in arabo) conquistava le città di Mosul, seconda per importanza dopo Baghdad, e Tikrit, “sconfiggendo” due intere divisioni dell’esercito iracheno (30 mila soldati ritiratisi senza combattere). E oggi si preparano a marciare verso Baghdad, la capitale.

Sebbene ISIS e al Qaeda siano due formazioni distinte, e talvolta con obiettivi e strategie differenti (vedi guerra in Siria dove l’emiro di Qaeda, al Zawhairi, ha dichiarato che la sola e unica Qaeda siriana è Jahbat al-Nusra), qaedisti o meno, poco cambia. Oggi, nella galassia islamista, la leadership qaedista di Zawhairi (nascosto e lontano dai campi di battaglia da più di dieci anni) è sfidata da ISIS e dal prestigio del suo comandante, Abu Bakr al Baghdadi. La nuova Qaeda di ISIS, che ha smesso i panni di organizzazione verticistica e segreta per diventare “organizzazione che sta sul campo”, sta facendo man bassa di adepti tra i giovani jihadisti: il suo appello massimalista alla jihad globale e alla creazione di un emirato siro-iracheno ha messo in crisi Zawahiri e la sua agenda “minimalista” (cacciata del regime alawita di Assad).

Oggi ISIS è una vera potenza in Medio Oriente: in Siria controlla una fascia di terra molto ampia nel nord-est del paese, con Raqqa come capitale, e in Iraq è altrettanto diffusa la sua presenza, soprattutto nella zona dell’Anbar (ricordate Falluja?) e dell’Erbil. Ma chi sta dietro a questo ISIS? Esso sarebbe stata creata da una costola irachena di al Qaeda, a seguito dell’invasione americana del 2003, ad opera del giordano Al Zarqawi, poi, alla sua morte, sostituito da al Baghdadi, entrato in aperto conflitto con Qaeda. Dietro questa “al Qaeda 2.0” ci sarebbe la mano dell’Arabia Saudita, alleato “moderato e conservatore” dell’Occidente, impegnata, nel suo leading from behind, a contrastare l’ascesa dell’Iran e dell’arco sciita (con il beneplacito occidentale). Il che significa spargere terrore nell’Iraq a maggioranza sciita e nella Siria odierna (con qualche attentato nei quartieri sciiti di Beirut per colpire Hezbollah): non è infatti un mistero che Re Abdullah Saud veda il premier iracheno al Maliki (nonché Assad ed Hezbollah) come dei lacché dell’Iran. Quale miglior occasione dunque se non inondare di petrodollari questo ISIS per fare il lavoro sporco?

 

Tornando all’Iraq, certo è che la situazione odierna irachena è la risultante anche di altri fattori. Primo tra tutti l’invasione americana del 2003, che è stata accompagnata dalla distruzione dello stato iracheno. L’imposizione di un governo fantoccio (composto da esuli semi-sconosciuti), l’ondata di disoccupazione provocata dalla de-baathizzazione dell’esercito e della burocrazia, l’inesistenza di qualsiasi strategia a lungo termine di ricostruzione materiale e state-building, lo sperperamento dei fondi per la ricostruzione in eserciti di contractors e mercenari a difesa delle imprese straniere, la privatizzazione e la s-vendita del petrolio iracheno alle compagnie occidentali: queste sono solo alcune delle fallimentari politiche americane in Iraq dal 2003 ad oggi. Il disagio e lo scontento degli iracheni, a seguito anche delle tattiche militari americane di assedio e bombardamento su aree densamente popolate (vedi fosforo bianco su Falluja 2004), unito a punizioni collettive, deportazioni di massa, abusi (vedi Abu Ghraib), non ha fatto altro che crescere col tempo: non ci si dovrebbe stupire oggi se, tra coloro che attaccano le forze di sicurezza irachene, vi siano anche nazionalisti e membri secolari dell’ex esercito iracheno (400 mila membri dell’ex esercito iracheno si trovarono disoccupati da un giorno all’altro dell’invasione americana…).

Inoltre l’istituzionalizzazione di una politica del divide et impera, che ha fatto leva sulla maggioranza sciita (perseguitata sotto Saddam) contro la minoranza sunnita non ha fatto altro che radicalizzare lo scontro interno allo stesso Iraq. Le politiche settarie e poco inclusive dello stesso governo Al Maliki, considerato da molti un Saddam Hussein sciita corrotto e bramoso di potere (vedi arresto del vicepresidente al Hashemi, la scelta personale dei comandanti dell’esercito, nepotismo, corruzione,…), che hanno emarginato i sunniti dalle posizioni di potere e dall’esercito nazionale  hanno solamente contribuito ad esacerbare il settarismo in seno alla società irachena. L’Iraq odierno è un failed state, uno stato fallimentare: l’intervento americano, il fazionalismo e il settarismo politico hanno costituito terreno fertile dove ISIS-Qaeda (anche grazie ai pesanti finanziamenti esterni, come quelli ricevuti per combattere in Siria contro Assad, vedi Fisk sull’Indipendent al sito goo.gl/YPgCdB) hanno acquisito legittimità agli occhi (di una parte) della popolazione.

Per quel che riguarda la situazione sul campo, sembra che ISIS abbia unito le sue forze a quelle di altri gruppi militanti islamici sunniti (e, come visto, anche a nazionalisti ed ex membri dell’esercito iracheno), fungendo da avanguardia combattente a livello avanzato, offrendo logistica, supporto, uomini, armi e munizioni per contribuire a generare disordini.

Di oggi l’appello dell’Ayatollah al-Sistani, una delle massime autorità sciite in Iraq, a prendere le armi e combattere ISIS, prima che essi si avvicinino alle città sante di Najaf e Kerbala, nel sud del territorio iracheno: anche l’Iran si è detto disposto ad “aiutare” il vicino iracheno per recuperare la sovranità sui territori perduti, e pare abbia già inviato, segretamente, dei battaglioni di Pasdaran (i “guardiani della Rivoluzione”, corpi speciali) a sostegno delle forze regolari irachene.

Alla situazione generale di conflitto partecipano anche i curdi del nord, che ieri hanno ripreso la città di Kirkuk, importante polo petrolifero: per i curdi l’indebolimento dello stato iracheno e l’avanzata dell’ISIS sono un’opportunità da cogliere al volo per riconquistare terreno (giusto per chiarire, i curdi non sono alleati né amici di ISIS, tant’è vero che negli ultimi anni si sono scontrati con questi ultimi in Siria).

 

Quel che oggi è visibile in Iraq, con sempre più terreno conquistato dai jihadisti di ISIS, sembra essere la risultante della politica americana e occidentale dal 2003 in Medio Oriente ad oggi. Dopo aver visto il disastro dell’occupazione dell’Iraq (che ebbe come unico risultato di aumentare l’influenza iraniana nel paese e, in Medio Oriente, dell’arco sciita), gli States si sono decisi ad un confronto sempre più serrato con l’Iran e, con lo scopo di indebolire il regime degli Ayatollah (anche in vista di un tavolo negoziale internazionale sulla questione nucleare), hanno alimentato un esteso conflitto di carattere settario tra mussulmani sunniti e sciiti, fomentando e finanziando strumentalmente gruppi estremisti (c’è un illuminante articolo di Hersh su questo shift nella politica americana al sito http://goo.gl/akmvvB).

 

Sembra che l’Occidente abbia fatto suo il motto “il nemico del mio nemico è mio amico”: il problema è che oggi “ISIS-Qaeda 2.0” mostra meno malleabilità  dei qaedisti cresciuti combattendo i sovietici in Afghanistan nel 1979 e sembra fuori controllo. Infatti molti combattenti (provenienti da tutto il mondo, dal vecchio continente agli Stati Uniti) bussano ormai alle porte dell’Europa…..

 

(In tutto ciò Obama, eletto nel 2004 proprio per mettere fine alla disastrosa (e dispendiosa) guerra irachena pare optare per il profilo basso: nessun intervento diretto e finanziamento alle forze irachene regolari, ma sembra possibile l’uso dei droni…)

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

al qaedairaqislam politicomediorientesiria

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’asse della normalizzazione: la Turchia e alcuni Paesi arabi sostengono l’economia di guerra di Israele

Mentre l’Asse della Resistenza dell’Asia occidentale cerca di indebolire l’esercito, l’economia e la sicurezza di Israele, una manciata di Stati arabi e la Turchia si sforzano segretamente di rafforzare Israele e rifornire la sua guerra a Gaza. Questo è il nuovo “Asse della Normalizzazione” della regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verde marcio

Ursula von der Layen ha dedicato un’ampia parte dei 48 minuti e 20 secondi del discorso in cui ha presentato la sua “strategic vision” per i prossimi cinque anni

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dall’Italia a Israele passando per gli USA, le armi di Leonardo consegnate a Tel Aviv

Quanto ha fatturato Leonardo S.p.A. con i cannoni utilizzati dalle unità della Marina militare israeliana per bombardare ininterrottamente dal 7 ottobre 2023 Gaza e il suo porto?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA: nuovi incendi contro Cop City

L’incendio è avvenuto in Memorial Drive e le due macchine da costruzione incendiate intorno alle 2 del mattino appartenevano alla Brent Scarborough and Company.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Barnier come primo ministro, il figlio del RN e del macronismo

Macron voleva concludere il suo mandato governando con l’estrema destra. È con questo obiettivo che ha inaspettatamente lanciato uno scioglimento d’emergenza prima dell’estate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: “Aysenur, attivista ISM, è stata uccisa a sangue freddo”

Le Nazioni Unite hanno chiesto “un’inchiesta approfondita” sull’uccisione per mano israeliana di Aysenur Ezgi Eygi, 26enne attivista statunitense dell’International Solidarity Movement

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hezbollah lancia la “prima fase” di attacchi di rappresaglia contro Israele dopo l’assassinio del comandante Shukr

Il gruppo libanese Hezbollah ha annunciato domenica di aver lanciato centinaia di razzi e droni in profondità in Israele come parte della “prima fase” della sua risposta all’assassinio del suo comandante senior Fouad Shukr da parte di Tel Aviv.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Spettri di Working Class, il classico strumento repubblicano per vincere le presidenziali

Paul Samuelson, per quanto sia stato un genio della astrazione economica e della regolazione dei mercati, ci ha lasciato modelli matematici di efficienza delle transazioni di borsa che, nella realtà, si sono paradossalmente rivelati soprattutto strumenti ideologici. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Irlanda: intervista a Danny Morrison, segretario del Bobby Sands Trust

Radio Onda d’Urto intervista Danny Morrison, 71 anni, nato e cresciuto a Belfast, figura storica del movimento repubblicano irlandese e protagonista di diverse fasi cruciali della storia dei Troubles.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le armi uccidono anche se non sparano

Le guerre ci hanno catapultato nel vortice di una furiosa corsa al riarmo globale, come non accadeva da prima dell’89 del ‘900.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Raid israeliano a Damasco: un quadro degli attori e delle strategie nel conflitto in Medio Oriente.

Proviamo a dare un quadro del clamoroso attacco dell’esercito israeliano contro la sede consolare iraniana nella città di Damasco (Siria), avvenuto lunedì 1 aprile, a cui ha fatto seguito l’attacco israeliano contro i convogli umanitari della WCK del 2 aprile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kurdistan: filmato di 70 minuti sull’operazione di guerriglia rivoluzionaria a Zap

Il 12 gennaio Gerîla TV ha diffuso un filmato di 70 minuti dell’operazione di guerriglia rivoluzionaria nella regione di Zap, nel Kurdistan meridionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

SDF: gli attacchi della Turchia alla Siria settentrionale e orientale sono un atto di aggressione barbara e terroristica

Gli attacchi della Turchia alla Siria settentrionale e orientale sono un “atto di aggressione barbarica e terroristica”, lo hanno affermato le SDF in una nota. Questa mattina la Turchia ha continuato ad attaccare la regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Unità operativa rivoluzionaria di guerriglieri a Zap: “Noi non ci arrenderemo, ma il nemico sì”

Gerîla TV ha pubblicato un filmato del gruppo d’azione Girê Şehîd Pîrdogan che ha preso parte all’operazione rivoluzionaria per espellere l’esercito turco dalla regione occidentale di Zap, nelle zone di difesa di Medya controllate dalla guerriglia nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: la puntata di ottobre 2023. Il decennale della “Via della seta” e la postura cinese in Medio Oriente

La Cina è economicamente il secondo partner di Israele (dopo gli Usa), mentre dal punto di vista diplomatico la Repubblica Popolare, fin dai tempi di Mao, ha un atteggiamento di vicinanza alle istanze del popolo di Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kurdistan: si intensificano su tutti i fronti gli attacchi degli stati-nazione contro la rivoluzione confederale

Sebbene il movimento rivoluzionario per la libertà attivo in Kurdistan sia costantemente sotto la minaccia non soltanto della Turchia, ma di tutti gli stati-nazione capitalisti dell’area, i movimenti di truppe che negli ultimi giorni si stanno verificando su tutti i lati di questo accerchiamento, uniti all’intensificarsi, di settimana in settimana, degli attacchi, su più fronti, fanno temere un’ulteriore escalation e devono essere seguiti con attenzione per diversi motivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La resistenza è vita: il campo di Makhmur continua a lottare contro l’aggressione irachena

La popolazione del campo dopo aver respinto a sassate le jeep dell’esercito ha iniziato subito a smantellare a mani nude il fossato creato dalle forze irachene con lo scopo di circondare il campo e installare filo spinato e torrette di controllo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Turchia e le sue dighe: assetare terra e popolazione per l’egemonia regionale

Di fatto la costruzione di queste dighe promuove una forma di controllo del territorio che accompagna sfruttamento coloniale e militarizzazione e ha per conseguenze la distruzione del patrimonio curdo, assiro e armeno;  come l’allagamento pianificato della bimillenaria città di Hasankeyf, seguito alla costruzione della diga di Ilisu, ha dimostrato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: rimpatrio forzato dei rifugiati siriani.

Il governo libanese ha iniziato una campagna di deportazione forzata dei rifugiati siriani presenti sul suo territorio, i rastrellamenti da parte dell’esercito sono in corso da diverse settimane nel silenzio dei media.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Iraq Distopico

In collegamento con Luca Foschi, giornalista freelance che da anni si occupa di vicino oriente. Dall’esperienza dell’ultimo viaggio fatto di recente in Iraq ci dipinge con il suo racconto l’immagine di paese attraversato da pulsioni centrifughe che si irradiano dalla centrale Baghdad, il cui parlamento è stato occupato dalle forze leali ad Al-Sadr, fino al […]