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La carovana della liberazione è già arrivata!

 

Ma non si ferma il Regueb in lotta, e ieri qualche centinaio di studenti, sindacalisti e disoccupati hanno organizzato spontaneamente quella marcia che ormai è diventata la “Carovana della liberazione”. Sono partiti nel primo pomeriggio gridando “il popolo va a far cadere il governo” tra gli applausi di tutta la città, e poi passo dopo passo, attraversando altre città e villaggi, la carovana si è ingrossata ed è stata raggiunta da furgoncini pieni zeppi di manifestanti, macchine, e scooter dove per l’occasione si può andare anche in quattro. Direzione Tunisi “per far cadere il resto della dittatura”. La carovana arriva di prima mattina all’Avenue Bourguiba sventolando le bandiere rosse del Che sotto il ministero degli interni e agli occhi si apre un viale che è il segno vivo delle giornate di lotta passate e di quelle a venire: la libreria ha messo in vetrina tanti libri nuovi, esposti orgogliosamente sotto la scritta “Proibiti”, graffiti ovunque tra cui capeggia “DEGAGE” a caratteri cubitali insieme a “No al resto della dittatura”, due ragazzine tengono in mano uno striscione con scritto “più la lotta è dura, più la vittoria è bella!”, e poi finalmente le terrazze dei caffè non più luoghi di poche parole all’orecchio nel timore di essere ascoltato da qualche sbirro in borghese, ma spazi di socialità rinconquistata come il Caffè de l’Univers dove i militanti del sindacato e gli studenti dei collettivi commentano ad alto voce i quotidiani , o la terrazza del caffè poco distante luogo di ritrovo ormai per la comunità dei cyber attivisti.

Esposizioni di artisti e capannelli ovunque in cui si parla, si discute ad alta voce. Ma le chiacchiere e le discussioni divengono un boato quando dalla carovana in sit in sotto il ministero degli interni partono gli slogan e una bella gigantografia di Mohamed Bouazizi viene appesa poco distante, applausi, grida di gioia, e tanti altri piccoli e grandi cortei che raggiungono la piazza. E il sit in diviene il grande corteo della Carovana della Liberazione che sfila per l’Avenue verso la presidenza del consiglio. Si passa verso la Porta di Francia, e poi la Medina passando davanti alla secolare moschea Zeituna, e poi su verso l’obiettivo, urlando slogan che reclamano la fine immediata della dittatura e lo scioglimento del governo. Ad attenderli esercito e polizia che indietreggiano mentre i manifestanti si fanno largo superando gli intrecci di filo spinato. La Carovana della liberazione è arrivata e non cessa di ingrossarsi e a tuonare slogan.

La carovana arriva a Tunisi in un momento cruciale sia per il movimento che per la contro parte. Il governo Ghennouchi garanzia per l’establishment tunisino di continuità dello stato di polizia e dell’apparato istituzionale retto dalla costituzione scritta e riscritta da Ben Ali, godendo del riconoscimento delle cancellerie occidentali, va avanti e tenta di applicare i primi provvedimenti che manifestano le grandi difficoltà della così detta manovra di transizione. Dopo pochi giorni di libertà nella rete internet, è del 22 gennaio la circolare ministeriale che invita i cittadini a segnalare ad un’email i siti che attentano alla morale, incitano all’odio e a comportamenti violenti. In pratica potrebbero essere già finiti nella nuova lista nera i siti di informazione indipendente e i social network sempre in uso dal movimento.

Chissà se ha fatto la stessa fine il blog di Slim, blogger una volta riconosciuto come punto di riferimento dell’attivismo in rete per il movimento e poi duramente criticato da molte comunità online per aver accettato la carica di ministro allo sport e alla gioventù. Una volta militante anti-Ben Ali, gravitante nell’orbita del partito trasnazionale pirata e oggi sulla poltrona fianco a fianco del ministro degli interni Friaa, uomo forte del regime di Cartagine. Da carcerato a collega di carcerieri, sia nella rete che dalla piazza ha già subito aspre contestazioni, non ultime quelle dei suoi dipendenti degli uffici ministeriali in lotta per spazzare via l’RCD dalla vita pubblica e amministrativa del paese. Stessa sorte per Ahmed Ibrahim, oggi ministro dell’istruzione, e ieri figura di riferimento del Mouvement Ettajdid, organizzazione d’origine ex-post-comunista che ha piazzato all’indomani della fuga di Ben Ali un suo uomo sulla poltrona del governo e che non sembra voler ascoltare una piazza decisamente indignata e aspramente critica per la collaborazione offerta alle politiche di transizione del regime in atto con il Governo Ghannouchi. Ettajdid come anche altre figure della società civile non si preoccupano di poter pagare in futuro un caro prezzo (in termini di consenso elettorale e autorevolezza pubblica) per il collaborazionismo garantito alle lobby RCD. E infatti all’annuncio della riapertura delle università e degli istituti superiori fissata per i primi giorni della settimana il ministro Ibrahim ha ricevuto la convocazione di uno sciopero ad oltranza dei professori organizzati nel sindacato che non sono disposti a tornare al lavoro fino a quando non sarà sciolto il governo Ghannouchi. E non solo, con la riapertura dell’anno scolastico e universitario, il movimento studentesco riavrebbe un luogo specifico di organizzazione sottrattogli settimane da dal governo Ben Ali con la chiusura di tutti gli edifici dell’istruzione. Protagonisti dei gruppi di autodifesa territoriale, dei comitati di solidarietà e sempre in prima fila ad ogni corteo, gli studenti potrebbero continuare lo stato di agitazione e le iniziative del movimento dentro gli istituti e le facoltà divenendo una spina nel fianco decisiva per il post-ex-ministro comunista e tutto il governo che aiuta a tenere in piedi.

Sotto la copertura di una transizione legale, garantita dalla costituzione di Ben Ali, il governo va quindi avanti, ormai sostenuto solo da Attajdid e dal partito Progressista Democratico, il resto dell’opposizione è con la società civile, il sindacato, nelle lotte, al fianco della Carovana della Liberazione. “Abbiamo fatto cadere Ben Ali, ma no abbiamo ancora fatto cadere il suo governo!” dice un sindacalista riassumendo in una frase il senso del lungo documento pubblicato il 22 gennaio dal comitato dell’UGTT. Punti fermi che traducono in parola e in programma politico esplicito le tendenze del movimento rivoluzionario tunisino che vuole incassare la seconda vittoria sciogliendo la costituzione e mettersi al lavoro per costruire il futuro per cui in tanti stanno lottando. Va forse in questa direzione l’annuncio che sono in corso nel fine settimana delle consultazioni per arrivare alla fondazione di un Consiglio della Rivoluzione che dovrebbe garantire il congelamento della costituzioni di Ben Ali, e fondare le premesse per una prossima assemblea costituente. Un consiglio extra-costituzionale composto da figure autorevoli dell’area desturiana, delle opposizione, del sindacato e della società civile, che a seconda degli eventi potrebbe assumere ruoli ben differenti e pesare non poco nello scenario pubblico tunisino e negli sviluppi delle tendenza rivoluzionarie. In ogni modo il sindacato ha annunciato che insieme allo sciopero ad oltranza di tutta la categoria dei docenti, la settimana che viene sarà ancora una giornata di scioperi generali che a rotazione bloccheranno le regioni della Tunisia affermando da una parte la sfiducia a Ghannouchi e accumulando altra energia politiche che insieme alla Carovana della Liberazione potrebbe far compiere un’altro grande balzo in avanti al movimento rivoluzionario

Gelsomini vs Eucaliptus

“La rivoluzione è appena iniziata e contrariamente a quanto affermano i media occidentali la rivoluzione in Tunisia non è finita”, ma d’altronde alla maggior parte degli inviati speciali da hotel, quelli che soggiornano nello splendido grand hotel Afrika, non interessa fare grande inchiesta, una volta trovato un fiore da appiccicare ai rivoltosi e conclusa l’intervista a qualche islamista pescato chissà dove, voilà il servizio è pronto. Salvo rari ed importanti servizi fatti da giornalisti con le idee chiare e con l’attenzione nel rispettare e dare voce al movimento, i tunisini dalle tv e dalla stampa estera occidentale hanno colto solo che si fa un gran parlare di mazzi di gelsomini e di orde islamiste in arrivo. Fa veramente sorridere la risposta ironica che rimbalza tra un twit e l’altro alla narrazione floreale della rivoluzione in Tunisia: “I gelsomini non ci piacciono! Chiamatela la rivoluzione dell’Eucaliptus, una pianta possente e capace di ammazzare i parassiti da sola!”

 



 

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