“La confusione del movimento dei gilets gialli è l’immagine stessa della confusione della nostra epoca”. Intervista ai redattori di Rouen dans la rue
Abbiamo contattato e intervistato i redattori di Rouen dans la rue, una delle poche voci nel panorama militante francese ad aver in anticipo intuito le proporzioni della mobilitazione dei cosidetti “Gilets Jaunes” del 17 novembre.
Hanno partecipato alle assemblee organizzative, conosciuto i protagonisti e hanno preso parte ai cinque blocchi stradali all’ingresso della metropoli normanda di Rouen in questo sabato dirompente di lotta che promette di non volersi fermare. Ci sembra di scorgere anche in questo fenomeno alcuni moduli invarianti in un ciclo ampio di crisi delle classiche forme della lotta politica in occidente: lo smarrimento delle sinistre; la sconfessione e l’esaurirsi dei tempi e dei modi noti delle mobilitazioni sociali e sindacali; l’emersione di una nuova politicità in strati sociali prima estranei ai riti ufficiali della politica; le venature spurie e confuse di questo protagonismo. Si tratta di una serie di fattori caotici che si compongono però in fenomeni reali e consistenti, in grado anche di mettere in difficoltà una linearità delle strategie istituzionali di governo delle proteste. Un aspetto questo che interroga, a nostro avviso, direttamente le soggettività militanti nella loro capacità di rapportarsi con la materialità dell’esistente e la loro adeguatezza rispetto al “nostro tempo”. Infine il movimento dei Gilets gialli sembra parlare di un’inevasa attualità dei temi della crisi e delle contemporanee gerarchie di classe: l’ostilità all’establishment, il nodo della fiscalità, il tema dello sfruttamento sulla mobilità e sulla logistica, la sensibilità politica delle “periferie”. Esiste dunque anche nel quadro europeo una continuità e un’attualità della domanda populista non del tutto risolta nei processi di recupero istituzionale che pure tanto peso stanno avendo alle nostre latitudini.
Di questi temi abbiamo conversato con Rouen dans la rue
Qual è l’origine del movimento dei gilets gialli e come si è organizzato? Vi aspettavate una mobilitazione cosi grande? In alcune località i gilets che volevano preparare i blocchi hanno organizzato delle riunioni nei parcheggi dei supermercati, che forma ha preso la preparazione del 17 novembre in Normadia?
Una giovane donna X ha lanciato una petizione contro l’aumento del prezzo del carburante nel momento di picco del prezzo a metà ottobre. Rapidamente dei camionisti e altre persone hanno condiviso la propria esasperazione con dei video su facebook. Questi video virali, che avevano al centro l’aumento del prezzo del carburante, il disprezzo del governo e la guerra ai poveri in generale, sono stati visti milioni di volte. Rapidamente è uscita la data del 17 novembre come giornata di azione, lanciata in particolare da Eric Drouet, un semplice camionista. L’incontro tra una collera di fondo che cova da qualche anno davanti al disprezzo del governo, il fallimento a ripetizione dei movimenti sindacali e l’uso dei video come portaparola riappropriabile da chiunque ha provocato secondo noi la viralità dell’evento. Subito dopo l’annuncio di una giornata di azione i gruppi facebook creati per l’organizzazione dell’evento hanno fatto l’appello a mettere un gilet giallo (di quelli che tutti devono tenere nel cruscotto della macchina) davanti alla propria auto. Migliaia di automobilisti hanno fatto questo semplice gesto simbolico che ha permesso di rendere visibile fuori dai social la contestazione. Delle azioni in anteprima sono state organizzate dai gruppi facebook che hanno subito richiamato centinaia di persone (nello Jura, vicino Digione). Tutto questo era a inizio novembre. A partire da lì la maggior parte di questi gruppi facebook hanno fatto appello a fare delle riunioni per incontrarsi e organizzarsi concretamente per il 17. A Rouen hanno avuto luogo due riunioni prima della giornata del 17 sul parcheggio di un centro commerciale. I portaparola o capi improvvisati erano gli amministratori della pagina, loro stessi semplici “cittadini” come si qualificavano loro stessi. Queste due riunioni hanno radunato più di un centinaio di persone e avevano come centro l’organizzazione pratica e concreta. Le persone presenti erano rapidamente d’accordo sul carattere “cittadino, pacifico e apolitico” del movimento che non avrebbe riguardato solo il carburante ma il carovita in generale. Ci si ripartiva a margine i punti di blocco e le cose da fare. Da quel momento per quanto ci riguarda non abbiamo più avuto dubbi sugli effetti reali di questo movimento social.
Eravate in mezzo ai manifestanti. Chi è sceso in strada? Che impressioni avete avuto? Quali sono i discorsi che si fanno tra gilets e gli automobilisti? Che atmosfera c’era durante la giornata del 17 novembre? Come vengono prese le decisioni?
Nei blocchi abbiamo trovato di tutto. Sindacalisti che incrociamo di solito durante i momenti di sciopero, camionisti, persone più isolate e depoliticizzate che vivevano la “loro prima manifestazione”. Senza prendere troppi rischi possiamo dire che innanzitutto sono essenzialmente persone bianche di classe media e povera delle zone periurbane che si sono mobilitati. Alcuni erano venuti tra amici, altri soli, abbiamo rivisto anche le facce incontrate nelle assemblee di preparazione. I gilets gialli distribuivano volantini agli automobilisti e discutevano delle ragioni del movimento, tutto molto calmo fino a quando non c’era qualcuno che provava a forzare i blocchi. Tra di loro c’era la condivisione di una generale esasperazione, si poteva parlare insieme facilmente, si sentiva la gioia di incontrarsi e fare qualcosa insieme. È difficile essere esaustivi sull’atmosfera che regnava il 17. A Rouen c’erano 5 punti blocco agli ingressi della città, ognuno con una sua atmosfera sua propria. Ma fatta eccezione per i tentativi di forzare i blocchi c’era un’aria distesa. Nei blocchi non ci sono assemblee. Non ci sono i codici di organizzazione di un movimento sociale. Il quadro di azione è vagamente definito da chi ha creato quella situazione ossia gli amministratori delle pagine facebook. Il resto riposa sull’iniziativa e la spontaneità, non vi nascondiamo che è impressionante. Dei camion rifornivano con bancali in legno i blocchi, alcuni hanno messo a disposizione dei bagni chimici per la giornata, si sono fatte spontaneamente delle collette per l’acquisto di caffè e cibo. Le necessità dei presidi venivano pubblicizzate sul gruppo facebook e c’era una buona risposta. A fine giornata i blocchi sono stati sgomberati violentemente dalla polizia. A Rouen un dei punti principali di blocco è stato subito rioccupato e sta ancora tenendo.
Ovviamente molti commentatori hanno messo l’accento su uno sfondo chauvinista della mobilitazione, l’ipotesi che si tratti di un’operazione orchestrata dall’estrema destra si è dissolta rapidamente ma si parla di forme e contenuti implicitamente fascistizzanti. Pensate siano discorsi pertinenti? Quali partiti politici appoggiano i manifestanti? Chi cerca di recuperarne le rivendicazioni?
Ci sono numerosi articoli e inchieste che confermano il fatto che la mobilitazione sia stata lanciata da semplici “cittadini”. Comunque nessun partito e nessuna organizzazione sindacale sarebbe stata in grado di lanciare un movimento di questo calibro. Il campo è rimasto libero per un po’, ed effettivamente all’inizio sono state la destra e l’estrema destra a comunicare sull’evento. Le organizzazioni sindacali hanno usato questo pretesto per non fare appello a scendere in piazza. In verità la sinistra è semplicemente moribonda e resta, essenzialmente, assolutamente incapace di rapportarsi a un movimento di natura così inedita.
Ogni tentativo di “mettere il cappello” sul movimento è fermato dal cuore del movimento. I gilets gialli rifiutano per la maggior parte il sistema politico classico. Sono stati troppo delusi e ne hanno “piene le palle”. Le anime belle rimproverano ai gilets gialli di non essere un movimento puro, ossia che porta con sé sessismo, omofobia e razzismo. Si, sicuramente non si può negare che tali elementi ci sono in questo movimento ma è impossibile che non ci siano in un movimento spontaneo che nasce in una società razzista, sessista e omofoba, e principalmente composta da bianchi di classe media e bassa, mediamente apolitici (perché esclusi dagli spazi di politicizzazione). Non sono però meno legittimi nel chiedere dignità. Quelli che fanno finta di scoprire le “tare” del popolo e si scandalizzano sono degli ingenui, dei falsi ingenui che non hanno altra volontà che non sia quella di nuocere al movimento. Se ci mettiamo in una prospettiva rivoluzionaria, la questione è: come radicalizzare positivamente questo movimento?
In un testo pubblicato sul vostro portale qualche giorno prima del 17 novembre puntavate il dito contro un “accanimento” degli ambienti di sinistra addirittura di un “disprezzo di classe” contro chi preparava i blocchi. Qual è stata l’attitudine dei militanti di sinistra davanti al movimento? Quali sono questi riflessi sinistroidi ed “ecologisti” su cui vi soffermavate?
Da una parte c’è la posizione ecologista istituzionale e “ben pensate” che si compiace col governo e con la sua misura “ecologica”. Perché è in questa maniera che è stato giustificato l’aumento del prezzo del carburante. Altri partono dalla fantasia di un “mondo senza auto” e disprezzano il carattere “proletario e volgare” del movimento. La maggior parte di questi stanno sostenendo di cuore l’iniziativa del momento lanciata da IlEstencoreTemps (siamo ancora in tempo Ndt) che consiste nel vincere ogni giorno una sfida per la riduzione della propria impronta carbone. D’altra parte ci sono anche militanti ecologisti, favorevoli al movimento, che hanno fatto appello a unirsi al movimento e sono andati a bloccare la stazioni di servizio. Poi c’è la posizione del sinistroide purista che parte dalla fantasia di una rivoluzione “chimicamente pura” e non fa neanche lo sforzo di interessarsi a ciò che succede, non fa altro che collezionare le buone ragioni per non andare: populismo, rossobrunismo, atti razzisti e omofobi. O si lotta partendo dalla fantasia che ognuno si fa di un mondo puro o si parte dal reale e si prova a curvarlo in una direzione meno fatale. Noi abbiamo scelto la seconda opzione.
Una delle letture che è stata data del movimento è quella di un’esasperazione generale delle persone che vivono nelle zone periurbane contro le èlite urbane incarnate da Macron. In che misura secondo voi il movimento è espressione di un sentimento della campagna/periferia contro la città? Si sono sentiti degli aspetti particolari della situazione normanda nella mobilitazione del 17 (peso della deindustrializzazione, ruolo di Rouen come metropoli circondata da una grossa cintura di piccole cittadine)?
È vero che il movimento sta toccando principalmente le classi basse e medie dette “silenziose” delle zone peri-urbane. Rouen ha intorno un agglomerato periferico enorme che gli ha fatto guadagnare il nome di metropoli. Cinque punti di blocco si sono materializzati ai confini della città ma ne sono stati fatti decine di altri in periferia o nelle campagne vicine. 18 milioni di persone in Francia sono obbligate a prendere la macchina per andare a lavoro. Questo spiega in parte le dimensioni della mobilitazione sulla questione carburante. E c’è effettivamente un fattore sociologico che spiega che la classe medio-alto del centro si è sentita meno toccata
Che prospettive ha il movimento? Macron cederà? Ci sono alleanze possibile con coloro che si sono mobilitati gli anni scorsi contro la Loi travail?
In provincia si stanno ancora tenendo numerosi blocchi. È assolutamente incredibile e inedito nella misura in cui non siamo nel contesto di un movimento sociale con l’appoggio di scioperi dichiarati. La gente va ai blocchi nel tempo libero o si mettono in malattia. Ci sono alcune imprese di trasporto che sostengono il movimento e invitano i camionisti a rallentare o addirittura a bloccare alcuni siti strategici come i depositi di carburante. Stiamo vedendo qualche indizione di sciopero e appelli a unirsi al movimento da parte dei settori più combattivi che si sono opposti alla Loi travail (sorta di jobs act alla francese NdT), in particolare nelle raffinerie.
Una nuova data nazionale è stata lanciata per sabato. L’evento facebook conta già 20’000 partecipanti e 200’000 “interessati”. Alcuni gruppi locali si stanno organizzando per affittare degli autobus. Possiamo immaginarci qualcosa di grosso. La situazione complessa per il governo è il carattere inedito di questa mobilitazione e l’assenza di leader o almeno di interlocutori sui quali ci si potrebbe appoggiare per far cadere qualche briciola e riappacificare la contestazione. In diverse dichiarazioni si dice di essere all’ascolto delle rivendicazioni ma di non voler fare marcia indietro. La confusione del movimento dei gilets gialli è l’immagine stessa della confusione della nostra epoca. E non è certo una ragione per disertarlo anzi è l’inverso. La questione rimane: come ribaltare il sentimento reazionario inerente a questo movimento in sentimento rivoluzionario?
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