La grande truffa (?)
“Quando scoppia la guerra la prima vittima è la verità” dice una frase molto citata. Ne implica immediatamente un’altra: le guerre moderne si giocano tanto sul terreno militare quanto su quello della comunicazione.
Gli ultimi sviluppi della “crisi ucraina” – che interpretiamo appunto come forma embrionale di guerra, una volta detournato/sovradeterminato il suo carattere iniziale di rivolta – testimoniano della validità di questi assunti e ci obbligano a riascoltare il campanellino di allarme che invita sempre ad alzare le antenne e dubitare preventivamente delle verità ufficiali che ci vengono servite sul piatto quotidiano dell’informazione, specie quando queste riguardano conflitti la cui natura e posta in gioco implicano alterazioni significative degli equilibri politici globali (o i rapporti di forza tra le classi).
Qualche giorno fa era già emersa (da fonti ben lontane dal media mainstream) una verità diversa sui linciaggi comminati nei giorni più caldi di piazza Indipendenza, dove ad essere aggrediti e malmenati dalla folla (o meglio da una parte di essa) non erano tanto i cecchini delle forze speciali filo-governative ma locali esponenti del Partito Comunista (La disinformazione sull’Ucraina: un caso esemplare), colpevoli magari di essere alleati del partito di governo ma non certo di aver sparato su una folla di manifestanti (questa è stata invece la versione fornita a più riprese dai vari Repubblica, Corriere… ecc senza alcuna verifica della veridicità della notizia).
Da ieri sta emergendo un altro caso esemplare, e di ben altro spessore e conseguenze, che rischia di aprire squarci interessanti sulle dinamiche che hanno portato alla deposizione e messa in fuga di Yanukovich. Riguarda, ancora una volta, proprio i cecchini che hanno sparato sulla folla nelle giornate più concitate di piazza Indipendenza, rendendosi responsabili di decine di morti…
Stando a quanto sta emergendo, a sparare dai tetti non erano le forze speciali ‘Berkut’ ma uomini legati ai settori più organizzati/paramilitari dell’opposizione di destra, che avrebbero cinicamente sparato sulla stessa loro parte della barricata per utilizzare strumentalmente l’indignazione generata dai martiri (prodotti specificamente per l’occasione).
La notizia ha iniziato a fare il giro del mondo dopo la messa in onda, da perte di RT (Russia Television), di un segmento di una telefonata risalente al 28 febbraio scorso, registrata illegalmente dai servizi segreti ucraini (Sbu) [vedi qui sotto – a fondo pagina il video con l’audio integrale della telefonata].
«Tutte le prove mostrano che le vittime di piazza Maidan sono state uccise dagli stessi cecchini. Sto parlando sia dei morti tra i poliziotti, sia di quelli tra i manifestanti. Le prove che ho personalmente vagliato sono inequivocabili. Non è stato Yanukovich a ordinare il massacro, è stato qualcuno della nuova coalizione».
A parlare è il ministro degli Esteri estone Urmas Paet. Dall’altra parte della cornetta, dall’Australia, la ministra degli Esteri dell’Unione Europea Catherine Ashton ascolta, di tanto in tanto annuisce, senza troppo entusiasmo. Ma nemmeno contraddice una sola volta il suo interlocutore.
La notizia viene confermata in queste ore da diverse altre testate, soprattutto di lingua tedesca o inglese (mentre quelle italiane si accontentano di accennarvi appena).
Questo tipo di accadimenti non può non far tornare alla mente le innumerevoli “stragi” e “massacri” che negli ultimi 20 anni hanno scandito l’offensiva occidentale contro i regimi non allineati al Washington Consensus: dai cadaveri tirati fuori da obitori e dalle tombe per “provare” la crudeltà di Ceausescu alla mai chiarita strage di Srebrenica, alla provetta di Antrace mostrata al Congresso dell’Onu dallo zio Tom Colin Powell per legittimare la guerra contro l’Iraq (a quella non ci credette nessuno), fino ai missili (MAI) scagliati da Gheddafi contro la folla in rivolta a Bengasi o la controversa “verità” sui bombardamenti a suon di gas di Assad contro la poplazione civile/insorti di Aleppo.
Sulla superiorità della Comunicazione/Propaganda occidentale
Qui non si tratta di difendere i pro-nipoti del Comiform o vantare le lodi delle sorti magnifiche riservate ai popoli sotto i regimi di Saddam Hussein o Slobodan Milosevic, solo sottolineare la differente e più profonda efficacia su cui possono fare affidamento le potenze occidentali nell’utilizzo spregiudicato dei media: laddove ogni tentativo di condizionare l’opinione pubblica mondiale da parte delle fonti ufficiali dei regimi nemici/competitori degli Stati Uniti fallisce per l’impresentabilità di fonti che puzzano di propaganda di Stato da lontano (già nella forma), la superiorità della propaganda/menzogna occidentale risiede proprio nella (finta) pluralità dei soggetti di questa comunicazione. Mentre è per tutti scontato l’allineamento delle tv di stato russe, siriane, cinesi.. (e degli altri regimi deposti) ai governi di cui sono portavoci, la finzione democratica occidentale può vantare una pluralità di fonti che mettono in scena il gioco della differenza dei punti di vista nella sostanziale obbedienza a un’unica verità sistemica, laddove nessuno mette in discussione lo statuto odierno dell’informazione, la sua dipendenza dai poteri istituzionali costituiti o dai grossi trust economici di cui questi colossi sono parte.
Dietro e sotto (sopra?) questo finto pluralismo, agiscono poi un’infinità di agenzie di “informazione” nelle quali è difficile districare la funzione informativa da quella di intelligence. Agenzie che abbondano negli Stati Uniti (più rare ma presenti anche in Europa), spesso collegate quando non direttamente finanziate dal Pentagono o altre istituzioni della mega-macchina politico-militare-spionistica statunitense, sulla cui natura e ruolo effettivi vige un’opacità difficilmente penetrabile (anche per la dimensione iper-accelerata dello spazio-tempo comunicativo odierno, rimodellato dall’avvento della Rete). E’ un modellino che funziona anche a livelli meno nascosti laddove leggiamo sulla stampa borghese nostrana o vediamo nelle tv di stato o commerciali analisi sugli scenari di guerra globali firmate da esperti che poi risultano essere esponenti dei vari think-tank neo-con, neoliberisti o della sinistra liberale (senza che l’ignaro lettore-spettatore abbia la capacità o il tempo di verificare chi parla/scrive).
C’è forse poi un livello più profondo e meno evidente che crediamo vada avanzato, come osservazione su questo costituirsi/prodursi di “verità” siglate dal timbro della Comunicazione ufficiale. Questo accentramento della produzione d’informazione per mezzo della sua dispersione-proliferazione ha qualcosa a che fare anche con l’egemonia culturale-sociale insatauratasi negli ultimi decenni delle ideologie post-moderne, spesso coincidenti con i fini di mantenimento del Dominio capitalistico neoliberale. Mentre si assottigliano le possibilità di affermare una verita sulle cose e l’organizzazione politico-economica del mondo (a partire da quella essenziale, della divisione dicotomica delle nostre società in dominanti e dominati) si afferma surrettiziamente una verità della Comunicazione imposta dal chiacchiericco leggero e dalla temporalità accelerata della Rete. Quando la natura costruita e artificialmente prodotta di queste “verità” (spesso vere e proprie menzogne) viene smascherata, essa non riesce più ad emergere, annegata com’è in un tutto comunicativo che fa percepire la natura veritiera o falsa dell’accadimento ormai priva d’importanza, perché passata e quindi irrilevante.
Se ci siamo soffermati (molto approssimativamente) a elencare queste peculiarità e differenze del rapporto/integrazione tra forme politico-statuali e le comunicazioni che le corrispondono è per sottolineare, una volta di più, il carattere non-neutro e vieppiù centrale della Comuncazione e dell’Informazione nei confliti odierni, quindi della necesità di attrezzarsi per sapersi difendere e contro-usarli (laddove questo è, molto raramente, possibile).
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* Le differenze che qui indichiamo sono ovviamente generiche e andrebbero meglio specificate. Corrispondono grosso modo alla distinzione che Guy Debord faceva tra spettacolare diffuso delle democrazie capitalistiche e spettacolare concentrato dei regimi totalitari. Gli esegeti del francese faranno notare che Debord individuava però a partire dalla fine degli anni ’70 l’integrarsi delle due varianti dello Spettacolo in una nuova forma sintetica definita appunto spettacolare integrato, corrispondente ad una nuova fase storica contraddistinta (per dirla con un altro lessico) dall’incorporamento della Comunicazione nella psichicità e corporeità degli individui-massa atomizzati. Se la sostanza del discorso situazionista è innegabile (le differenze tendono a scomparire nella produzione di una soggettività planetaria omogeneizzata dalla globalizzazione capitalista), pure il perdurare di significative differenze nelle forme politiche di governo ha conseguenze diverse sulla percezione sociale media delle rispettive fonti informative e di propaganda e di quelle presenti negli altri ‘campi geopolitici’.
** RT (Russia Television) è l’esempio di un network globale di comunicazione russo (con edizioni anche in arabo, spagnolo e inglese) specificatamente concepito per i non-russofoni. Lo si potrebbe definire una sorta di Al-Jazeera in lingua russa… ma siamo certi che il primo riflesso farebbe sobbalzare chiunque e porre il dubbio della dipendenza politica di quella dal regime di riferimento. Eppure, durante i prodromi della guerra di Libia, quando alle nostre latitudini ci si esaltava per l’inizio di una nuova “primavera araba”, RT mandò in onda alcuni servizi molto interessanti sulla costruzione/messa in scena di certe sollevazioni da parte dei colleghi di Al-Jazeera, con tanto di aiuto-registi che facevano segno alle folle (ben minori della loro messa in immagine perché opportunamente inquadrate) di sollevarsi al passagio della panoramica della telecamera… Mentre Al-Jazeera è stato un soggetto attivo nella costruzione di una legittimazioane dell’intervento armato in Libia e Siria, in quanto proprietà dello sceicco del Qatar… Eppure a pochi verrebbe in mente di sollevare il dubbio circa la sua neutralità...
Questo non per dire che un network sia meglio dell’altro ma solo per sottolineare la profonda integrazione che questi hanno coi rispettivi poteri statali – non è un caso che sia stata RT a mandare in onda per prima l’intercettazione della telefonata tra la Ashton e il ministro degli esteri ucraino.
*** Da un punto di vista di classe (o dei soggetti antagonisti ai rispettivi poteri costituiti), diventa allora importante conoscere le differenti declinazioni e specificità del rapporto che intercorre tra poteri istituzionali e imprese della comunicazione, per sapervi far fronte nei differenti contesti. Se non ci sono ricette buone per tutti gli usi (anche perché vuol dire muoversi su dei livelli di potere e di efficienza il più delle volte fuori portata) ciò non toglie che si possano cogliere degli esempi virtuosi, anche per sfatare il mito (che questo sistema e la sua Comunicazione tendono a dare di se stessi) dell’invincibilità sistemica.
Un buon esempio di uso ambivalente del potere soverchiante della Comunicazione nemica ci viene dalla tattica allora usata dall’Eta durante la strage quedista di Madrid nel marzo 2004. E’ un caso emblematico di contro-uso del potere nemico. Pensando di sfruttare la rabbia e l’indignazione prodotta dalle centinaia di morti e sapendo di poter contare su un’opinione pubblica nazionale sicura e schierata contro il “terrorismo basco”, l’establishment del Partido Popular diffuse subito mediaticamente la falsa notizia della responsabilità basca degli attentati. Eta non si affrettò a comunicare immediatamente la propria estraneità al fatto ma aspettò che il tempo “cuocesse” a puntino governo e opinione pubblica per uscire con la propria verità. Piazza e Rete fecero il resto, attivando viralmente un processo che portò alle dimissioni di Aznar… E’ questo un esempio virtuoso di come un soggetto politico non statuale può arrivare ad incidere su scenari politici alti, attraverso un uso intelligente e calcolato dei mezzi di comunicazione del nemico. Il governo del Partido Popular cadde per fretta comunicativa laddove Eta vinse per giusto calcolo del tempo, usando la pazienza contro la fretta.
Indicazioni utili per il futuro (tante volte toccherà fare il contrario). 😉
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