La situazione in Siria: una corrispondenza not-embedded
Mentre i media mainstream ci parlano di una primavera araba che starebbe arrivando a toccare anche la Siria, riceviamo alcune note interessanti da un amico e arabista che in questo momento si trova a Damasco, in Siria, e che ci racconta quanto avvenuto durante la giornata di venerdì 25 marzo 2011.
Vi proponiamo una corrispondenza audio e alcun stralci da una sua lettera:
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[…]Allora, ecco i fatti: oggi erano attese agitazioni in tutta la città, manifestazioni sia a favore che contro il governo. Oggi è Venerdì, giorno di riposo per i musulmani, e tradizionalmente eventuali manifestazioni politiche si hanno appunto di venerdì dopo la preghiera di mezzogiorno. In effetti verso mezzodì ci sono state agitazioni davanti alla Moschea degli Omayyadi (la più grande della città), ma si trattava per lo più di persone riunitesi a manifestare a favore del governo proprio in previsione delle eventuali proteste antigovernative che avrebbero potuto esserci. Ad ogni modo abbiamo assistito all’arresto di un manifestante, quindi probabilmente tra la folla dei fedeli riuniti per la preghiera c’era qualcuno che tentava di “scaldare gli animi” che la polizia ha individuato e fermato. Non siamo in grado di dire se quello sia stato l’unico arresto, nè a quanto ammontasse il numero di coloro che erano schierati contro il governo del presidente Assad. Di certo le manifestazioni antigovernative che abbiamo avuto modo di osservare negli ultimi giorni non superavano mai il centinaio di persone.
Ciò detto, quello che mi preme scrivere è questo: dalle 14 di oggi pomeriggio tutta la porzione di Sharia Suq al-Quwatli che corre dalla città vecchia alla piazza degli Omayyadi dove si trova il teatro dell’opera è intasata di automobili cariche di persone che manifestano a favore del governo. Si tratta di una grande strada che rappresenta una delle principali arterie della viabilità di Damasco. Quantificare il numero dei manifestanti non è facile ed è un’impresa resa ancora più complicata dal fatto che la maggior parte delle persone si trovava a bordo di vari automezzi, però credo che una stima ragionevole potrebbe attestarsi intorno alle 15.000 persone. Vi parlo della situazione cui ho assistito di persona verso tra le sette e le nove di stasera. La folla era composita, c’erano persone di tutte le età, numerosi i giovani, adulti e bambini, uomini e donne (con una prevalenza maschile), anche alcuni militari in divisa. Pressochè irrisoria la presenza della polizia (per lo meno degli agenti in tenuta ufficiale). Le macchine suonavano i clacson, la gente sventolava bandiere o mostrava ritratti del presidente. C’erano piccoli camion carichi di manifestanti, persone in piedi sui tetti delle macchine e via discorrendo. La viabilità era pesantemente rallentata quando non del tutto impedita. In piazza degli Omayyadi c’era quello che probabilmente era il cuore della manifestazione, alcune migliaia di persone a piedi (tra le 1000 e le 5000) che cantavano slogan. Erano anche stati installati dei potenti amplificatori, si alternavano musica e interventi parlati. Diversi gli slogan scanditi tra cui “i giovani amano Bashar” e “Jazira bugiarda”.
Oltre all’affermare che la maggior parte della popolazione giovanile in Siria si oppone al governo, Al-Jazira (e non solo lei) avrebbe diffuso la notizia che a Damasco vi siano state grandi manifestazioni antigovernative.
Questo lo posso smentire categoricamente. Piaccia o no a Damasco il governo Assad gode ancora di una certa popolarità, difficile da quantificare ma comunque per nulla trascurabile. Il giudizio mio o altrui sull’operato di detto governo al momento è irrilevante, mi limito qui a constatare un semplice fatto: oggi Damasco era semiparalizzata da imponenti manifestazioni filogovernative, mentre la visibilità delle dimostrazioni antagoniste rimane per ora risibile.
Pare invece che in altre città del paese quali Daraa, Homs, Latakia e altre, la situazione sia invece ribaltata e molto più simile a quella che i media stanno diffondendo.[…]
Da queste note e dalle notizie che i media continuano a diffondere possiamo azzardare un quadro di una Siria piuttosto frastagliata e di cui risulta molto difficile comporre un’analisi proprio per la difficoltà nell’ottenere notizie “attendibili” e non filtrate da canali viziati da interessi maggiori.
Ci appare però abbastanza plausibile l’ipotesi che vede da un lato Damasco, capitale e città ricca se paragonata al resto del paese, popolata da una maggioranza che difficilmente vorrà perdere i propri privilegi, e dall’altro le città più periferiche, quali Daraa, Homs, Latakia e altre, che in questo momento sarebbero in aperto conflitto contro il regime, i cui abitanti spesso sono coloro che pagano sulla propria pelle le grosse differenze sociali e di classe prodotte da un governo corrotto come l’attuale governo Assad.
E proprio da Daraa, epicentro delle proteste, arrivano in queste ore notizie molto importanti. Stando a quanto pubblicato da la Repubblica, nel piccolo centro di Tafas, sempre nei pressi di Daraa, migliaia di persone hanno preso d’assalto e dato alle fiamme una sede del partito Baath e un commissariato. E nella stessa Daraa centinaia di manifestanti sono tornati in piazza al grido di “libertà”.
Alcuni manifestanti si sono poi arrampicati sulle macerie della statua del defunto presidente Hafez al Assad, padre dell’attuale capo dello Stato. I dimostranti hanno abbattuto la statua durante le proteste di ieri, e hanno appeso uno striscione con su scritto: “Il popolo vuole la caduta del regime”.
In queste stesse ore sta circolando su Facebook un appello che invita i siriani alla “rivolta popolare” oggi in tutte le province e che recita “Oggi, sabato, rivolta popolare in tutti i governatorati siriani”.
Pare inoltre che siano stati liberati più di 200 prigionieri politici.
Insomma, sicuramente anche in Siria la situazione è di quelle “calde” e forse potenzialmente “esplosive”.
Ora come ora uno dei dati più interessanti e su cui porsi delle domande è quello che riguarda la gestione mediatica delle manifestazioni siriane. Una gestione mediatica che dai media “occidentali” all’ormai si potrebbe dire “occidentalizzata” al-Jazeera mira a rendere note solo le manifestazioni antigovernative, censurando il resto.
Per ora non ci resta che aspettare gli sviluppi delle prossime ore che forse sapranno dirci se veramente in Siria stia soffiando – e come, di quale tipo e con quali interessi – il vento della cosiddetta primavera araba e soprattutto come eventualmente si porrà il potere centrale, apparentemente sostenuto dalle classi più agiate, di fronte all’incendiarsi delle rivolte popolari.
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