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L’autunno dell’austerità greca ipoteca il futuro di un’intera generazione

 

Già le misure raccomandate nel terzo memorandum da 13,5 miliardi di euro elaborate nel corso della missione post-elettorale della Troika in una Grecia ad altissima tensione sociale e politica erano state esplicite: aumento dell’età pensionabile a 67 anni, tagli agli stipendi di tutte le categorie protette (oltre che a stipendi e ferie dei dipendenti statali ed all’aumento delle loro ore lavorative), riduzione dei compensi per gli straordinari e tanti altri fendenti ad uno stato sociale ormai evanescente.

E negli ultimi tre mesi la temporalità della crisi ellenica è stata scandita da una parte dai numerosissimi appuntamenti di lotta popolare, e dall’altra dai tira e molla delle istituzioni finanziarie comunitarie ed internazionali rispetto all’erogazione di nuove tranche di aiuti. Eventi che hanno prodotto significative evoluzioni nella governance esercitata dai sostenitori della Troika.

Il governo Samaras tra precarietà ed emergenza

 

Da ottobre la comunicazione politica dell’esecutivo Samaras (che in occasione della visita della Merkel ad Atene parla di “rischio Weimar” per la Grecia, agitando lo spettro della bancarotta immediata per sostenere l’implementazione del 3°memorandum) è stata tutta improntata all’emergenza; in ciò tradendo la crisi di fiducia del governo collaborazionista verso la sua stessa base parlamentare. L’approvazione delle misure di austerità il 7 novembre è flagellata dall’assenza iniziale di alcuni esponenti dei partiti di maggioranza PASOK e Nea Demokratia (poi rientrata con una forzatura del regolamento), dal voto contrario di altri (al prezzo dell’espulsione) e dai mal di pancia di Dimar, piccolo partito della coalizione pro-austerity rifiutatosi di votare. Le misure passano con l’assenso risicatissimo di 153 deputati su 300.

Si inizia così a parlare di modifiche ai regolamenti per proibire ai parlamentari di esprimere voti contrari alla linea dei partiti; ed il 18 novembre scorso – come riportato dal portale di controinformazione Radio Bubble – vengono emanati dal governo due atti di carattere legislativo per accogliere tutti i desiderata dell’Eurogruppo, attuando un vero e proprio governo per decreto. Il primo conferisce al Ministero delle Finanze la supervisione sugli altri ministeri ed il potere di implementare automaticamente nuove misure di austerità nel caso gli obiettivi fiscali non dovessero venire raggiunti. Il secondo facilita l’implementazione dei tagli generalizzati previsti dal terzo memorandum, eliminando tra l’altro le esenzioni per i pensionati più indigenti o con disabilità. Costituzionalmente, una procedura di emergenza, finora limitata a scenari di guerra e calamità naturali.

E’ anche il parlamento stesso a trovarsi in stato d’assedio, con il consenso ai partiti del memorandum sempre più eroso dalla trasversalità delle sollevazioni popolari e dal dilagare degli scandali e dalla loro gestione politica. Emblematico il caso della cosiddetta “Lagarde list”, un elenco di depositari greci di conti correnti esentasse in Svizzera comprensivo di importanti parlamentari ed ex ministri, inviato alle autorità elleniche dalla direttrice del FMI e rimasto insabbiato per quasi tre anni. L’arresto ed il successivo rilascio da parte della magistratura del giornalista Kostas Vaxevanis, responsabile della divulgazione della lista, intensifica i moti d’indignazione nel paese e suscita l’intervento di Anonymous che, violando i server del Ministero delle Finanze, rende pubblici i futuri piani di austerità dell’esecutivo.

 

 

Terzo bailout: contrasti nella Troika, acquisto di tempo


Si arriva così all’incontro di lunedì scorso tra funzionari di FMI e BCE e ministri economici dell’UE – dopo una settimana per questi ultimi da dimenticare, a causa del mancato accordo sul bilancio comunitario. I convenuti si ritrovano davanti all’aut-aut di Samaras e del suo ministro delle finanze Stournaras, ormai alle corde dopo aver esaudito tutte le richieste della Troika: il governo potrebbe crollare senza lo sblocco della tranche di aiuti condizionata all’approvazione del 3°memorandum e fino ad allora tenuta congelata. Mentre due sondaggi (convenientemente) usciti sempre lunedì danno la coalizione di sinistra radicale Syriza ampiamente in testa in ipotetiche consultazioni; confermando, più in generale, la schiacciante predominanza nel paese delle forze politiche anti-austerità.

Nel vertice vengono così a manifestarsi contrasti tra i membri della Troika. L’FMI preme sui governi europei affinché sostengano economicamente il riacquisto da parte della Grecia di propri titoli di debito (buyback) in tempi rapidi, prima della nuova asta di rifinanziamento del 14 dicembre – fino a ventilare un parziale condono del debito ellenico. Questo non per generosità, ma perché per statuto l’organismo non può prestare denaro a un paese dal debito insostenibile – e così legarlo ulteriormente alle proprie condizionalità.

Sul versante opposto gli interessi della BCE (che dovrebbe sobbarcarsi i maggiori oneri del salvataggio tramite il fondo EFSF) convergono con quelli della Germania (laddove la Merkel ed i suoi alleati di governo guardano alla scadenza delle elezioni politiche del settembre 2013) nell’opposizione alla concessione di tagli agli interessi sul debito.

L’accordo prodotto nella notte tra lunedì e martedì ha l’unico effetto di comprare ulteriore tempo, bypassando la questione della cancellazione del debito, lasciando indefinite le modalità del buyback (ad esempio il prezzo a cui verranno riacquistati i titoli di debito, ed il conseguente successo dell’operazione) ed istituzionalizzando l’austerità in Grecia per un’intera generazione – con un disavanzo da portare dal 190% prospettato per il prossimo anno al 124% nel 2020 e, in nemmeno due anni, sotto il 110% nel 2022.

Tutti i 44 miliardi di euro concessi vanno a coprire il debito ed a finanziare il bilancio corrente: nell’ordine ricapitalizzando le banche, coprendo il disavanzo primario e ripagando buoni del tesoro in scadenza. Nessuna misura di protezione sociale o di crescita, dato che porta a chiedersi in che modo la Grecia dovrebbe iniziare a produrre nel 2016 quegli avanzi primari di bilancio per avviare la riduzione del debito. Buio su ulteriori aiuti al termine della tranche (la cui erogazione è già di per sé rigidamente connessa all’osservanza dei precetti del memorandum) dopo il primo trimestre 2013, e nessun contributo da parte del FMI.

 

 

Una governance neoliberale classista ed insufficiente


Il bilancio di questo percorso non rende che la reiterazione di un doppio carattere della governance economica neoliberale europea. Da un lato di ulteriore irrigidimento delle posizioni rigoriste della dirigenza dei paesi dell’Europa settentrionale, che la crisi ormai comincia a lambire (ed in questo la copertina dell’Economist contro la Francia – proprio alla vigilia dello scorso eurogruppo suggellato dall’asse anglo-tedesco – non rappresenta che l’ennesimo tentativo di ritardare la resa dei conti), rispetto alle popolazioni dell’Europa mediterranea. Posizioni che alla lunga non potranno che sfociare nel loro disimpegno (si moltiplicano le spinte alla ‘brixit’, l’uscita della Gran Bretagna dall’UE e le voci di piani di contingenza dei dirigenti tedeschi) e nell’indebolimento complessivo del progetto europeo – oppure nella maggiore verticalità e centralizzazione di quest’ultimo. Tertium non datur.

Il secondo dato è rappresentato dalla conferma oggettiva del carattere classista e predatorio delle misure di austerity. In retrospettiva, con la produzione dei già citati 6 anni di recessione della Grecia – avendo agito le istituzioni della Troika ben prima di allora in un’ottica neoliberale. Ma anche in prospettiva, allo stesso modo di altre millantate riforme come quella del sistema bancario europeo con Basilea III: date e termini di implementazione degli accordi, da parte di tutti gli attori, sono così lontani nel tempo da risultare completamente futuribili, mentre senza un condono immediato e complessivo del debito il paese ellenico viene indefinitamente tenuto in posizione di dipendenza.

L’insopportabilità di questa prospettiva per la popolazione è però la linfa vitale dei fondi speculativi (che vedranno ulteriori immissioni di denaro da parte della BCE) e della classe dirigente politica e finanziaria greca e transnazionale, che avrà l’ennesima opportunità di gestire l’alienazione di ulteriori quote di beni, servizi ed asset produttivi del paese ellenico.

Ma l’esito della crisi, come per la redistribuzione di queste risorse, passa anche per l’imposizione dei propri tempi al nemico. Resta quindi da vedere, in un futuro sempre meno remoto, quale prevarrà tra il tempo delle scadenze obbligate dei parlamenti e dei mercati e quello – ben più imprevedibile e variamente partecipato – delle lotte e delle piazze greche ed europee.


Wally Crash

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