InfoAut
Immagine di copertina per il post

Le sfide dell’insorgenza brasiliana

La domanda è d’obbligo ed evidenzia tutta la distanza che oggi intercorre tra una stanca, vecchia e declinante Europa e il dinamismo sociale (per usare un eufemismo) che si esprime ad altre latitudini. Qui la crisi è soprattutto palude, là è immediatamente in grado di porre delle domande di sistema. Là il Capitale investe, qui si ritira.

Ma forse, in fondo, vengono al pettine gli stessi nodi, le stesse contraddizioni. Se infatti il Brasile (e anche la Turchia) sono luoghi in cui lo sviliuppo capitalistico ha registrato negli ultimi decenni un costante aumento positivo mentre qui da noi si rintanava nella rendita e nella privatizzazione, nondimeno i processi del capitalismo sono globali e, pur con le dovute differenze, ovunque ci si misura nello scontro tra riproduzione sociale allargata versus capitale finanziario. E’ vero anche in Brasile dove il “progresso” è arrivato per la classe media solo con il suo accresciuto indebitamento (classe media prodotta da questo tipo di capitalismo) e si trova ora percorsa da disillusione e paura per il futuro, affiancata (e distinta) dai settori semi-proletari delle favelas che dal lullismo qualcosa hanno avuto sul piano economico, con in cambio, però, un sovrappiù di repressione poliziesca e di minacce di sgomberi per far spazio ai “grandi eventi”. C’è anche una parte di movimento operaio e sociale (Sem Terra) che ha portato Lula al governo e che ora sostiene Dilma ma che non manca – nelle sue coponenti più lucide e attente – di intervenire, nella piazza e nel dibattito pubblico, per premere sull’ex-governo amico affinché non si irrigidisca contro una piazza che potrebbe anche (una sua parte) essere tentata dalle seduzioni di una destra qualunquista e compradora che non ha esistato di muoversi anch’essa provocando scontri con i settori più marcatamente di sinistra (è successo a Rio e San Paolo – vedi il comunicato dei Sem Terra). Fuor d’ogni tentazione di lettura complottista, sta uscendo fuori una piazza composita e plurale che vede insieme composizioni differenti che si mischiano, confondono e talvolta si scontrano, tutte però mosse dalla volontà forte di produrre un cambiamento alle impasse gestionarie del governo di Dilma Roussef.
Come osserva molto bene Gennaro Carotenuto sul suo blog, «ciò che accade è allora che, convogliate dai media, vi sono più piazze diverse che entrano pericolosamente in frizione. Vi è una piazza progressista che chiede di più al governo di centro-sinistra. Vi è una piazza che, semplificando, potremmo definire post-politica, per molti aspetti grillina. La schiena dritta dei governi del PT, i programmi sociali che appoggiano 50 milioni di brasiliani hanno portato alla povertà dimezzata, all’indigenza ridotta […] e alla quasi piena occupazione, pericolose utopie per il regime neoliberale. “E ora?” sembrano dire scendendo in piazza i beneficiari di quei piani transitati dal lumpen-proletariato a un piccolo benessere non consolidato […] Colmate le esigenze primarie milioni di brasiliani vogliono consolidare il benessere raggiunto e si aspettano altro e di meglio per se stessi e dallo Stato».

In tutto questo ovviamente non c’è nulla di male, è anzi il segno di una tensione progressiva verso un miglioramento delle condizioni di vita che oggi informa forse la maggiornaza dei/le brasiliani*e che premono per il mantenimento delle promesse lulliste. Per il governo Roussef si pone la questione se schiacciare questo movimento (rischiando anche di soccombere per la pressione di interessi magari contrapposti) o rilanciare un nuovo modello di sviluppo regionalista spinto dal basso, capace di rispondere (inglobandole) alle nuove preoccupazioni del ceto medio, saldate in un possibile blocco di nuovo conio con i sottoproletariato declassato e le giovani generazioni. Qui però, l’esaltato modello brasiliano fa i conti con la crisi globale: non sono andati anche lì troppo avanti con l’indebitamento e la connessione perversa coi mercarti finanziari globali? Sono ancora in grado di rispondere alle istanze di una base che ha sostenuto questi processi e ora vuole di più?

In mezzo, ci sono ovviamnete anche tutte le contraddizioni storiche del Brasile che permangono, acuite dall’intensificarsi delle dinamiche di sviluppo capitalistico e scontro sociale: polarizzazione estrema, sviluppo concentrato anche distruttivamente sull’estrattivismo, razzismo, mancata riforma agraria (e privilegiamento dell’agro-business), l’aumentare delle favelas…
Quel che è certo, è che i brasiliani e le brasiliane non intendono tornare indietro e sono pronti a correre il rischio di un cambiamento che può portare ovunque ma che da subito, chiede che si riaprano le speranze e le possibilità. Qui le sfide non sono solo per un governo che ha fin qui saputo (ma ora non può più!)  coniugare sviluppo e redistribuzione, ammiccamenti socialisteggianti e privatizzazioni. Qui si apre anche una sfida per i movimenti, le loro capacità costituenti, le possibilità di imporre svolte in direzioni più radicali e incisive. Un dato significativo è che, proprio complice lo svolgimento delle competizioni sportive – per il cui svolgimento sono state operate quelle misure anti-popolari che sono state alla base del malcontento esploso nelle piazze – il governo non può schiacciare la folla come avvenuto in piazza Taksim (anche lì, in verità, si è assistita ad una “inconsueta moderazione” per gli standard turchi) perchè non può perdere la faccia di fronte all’opinione pubblica occidentale dopo aver tanto faticato per mostrarsi all’altezza dei grandi eventi sportivi. Più che in Turchia, i vantaggi e le carte sono aperte per i brasiliani che vogliono un nuovo cambiamento. Sapranno i movimenti operare le giuste scelte? Qualunque sia l’esito, la vicenda è tutta da seguire e può insegnare molto…

 

Vedi anche:

Le radici politiche ed economiche delle proteste brasiliane

Comunicato della Segreteria Nazionale del MST sulla situazione in Brasile

Carta aberta dos movimentos sociais à presidenta Dilma Roussef

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

brasile

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Oltre 800 banche europee investono 371 miliardi di euro in aziende che sostengono gli insediamenti illegali in Cisgiordania

La Coalizione Don’t Buy Into Occupation nomina 58 aziende e 822 istituti finanziari europei complici dell’illegale impresa di insediamenti colonici di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: jihadisti filo-turchi entrano ad Aleppo. Attacata anche la regione curda di Shehba

In Siria a partire dal 27 novembre, milizie jihadiste legate alla Turchia hanno lanciato un’offensiva dalla regione di Idlib e raggiungendo i quartieri occidentali di Aleppo. Come sottolinea ai nostri microfoni Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, l’Esercito nazionale siriano, responsabile di attacchi nella regione di Shehba, è strettamente legato ad Ankara. Questo gruppo, che […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Collassi localizzati, debito ecologico e politiche pubbliche

Le inondazioni nel Rio Grande do Sul, una delle zone più ricche e potenti del Brasile, hanno provocato 163 morti, più di 80 persone disperse e 640.000 persone costrette a lasciare le proprie case.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Brasile: l’acqua che tutto abbatte

Due donne, già negli anni, attendono i soccorsi alle intemperie, sopra il tetto della vecchia casa familiare, in un villaggio del Rio Grande do Sul.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La diffusione del dengue, l’agroindustria e il cambiamento climatico

Le cause dell’epidemia di dengue sono molteplici, conosciute e anche poco affrontate: cambiamento climatico, deforestazione, uso di pesticidi, impatto sui predatori delle zanzare e mancanza di pianificazione territoriale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: la questione dei terreni e l’influenza politica nelle zone delle milizie hanno motivato l’assassinio di Marielle Franco

Secondo il documento, i fratelli Brazão decisero di assassinare Marielle Franco perché si opponeva alla votazione del Progetto di Legge (PL) 174/2016, di cui era autore Chiquinho Brazão, allora consigliere.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: Invasão Zero, paramilitari sotto il progressismo

Il 4 marzo è stato trovato morto con segni di strangolamento il capo indigeno Merong. Partecipò al recupero delle terre Kamaka Mongoió a Brumadinho, nella regione metropolitana di Belo Horizonte, nel Minas Gerais. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: attacco frontale alle popolazioni native

La bancada ruralista, il blocco dei latifondisti brasiliani al Congresso, è riuscita ad imporre una legge che mette in discussione la stessa sopravvivenza delle popolazioni native.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile. “Non produrremo un solo bullone”: i metalmeccanici della General Motors scioperano per contrastare i licenziamenti

I 4.000 lavoratori della fabbrica di São José dos Campos affermano che torneranno al lavoro solo se i loro colleghi saranno reintegrati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: studenti obbligano università a fermare conferenza di gruppo sionista nel loro campus

Studenti palestinesi e brasiliani sono riusciti a impedire che il capo del gruppo di difesa sionista StandWithUs Brasil, Andre Lajst, tenesse una conferenza presso l’Università Federale dell’Amazzonia (UFAM), in Brasile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile. Con 100.000 contadini a Brasilia, la Marcha das Margaridas esige l’accesso alla terra e la lotta contro la violenza

La manifestazione si svolge ogni quattro anni e onora la sindacalista Margarida Maria Alves, assassinata nel 1983.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Miniera di sangue. Report sul progetto minerario Belo Sun

La società appartiene al gruppo canadese Forbes & Manhattan, una banca d’affari focalizzata su progetti minerari internazionali, che intende costruire la più grande miniera d’oro a cielo aperto del Brasile e allontanare più di 800 famiglie dalla regione, che saranno trasferite nello stato di Mato Grosso.