InfoAut
Immagine di copertina per il post

Brasile: Invasão Zero, paramilitari sotto il progressismo

Il 4 marzo è stato trovato morto con segni di strangolamento il capo indigeno Merong. Partecipò al recupero delle terre Kamaka Mongoió a Brumadinho, nella regione metropolitana di Belo Horizonte, nel Minas Gerais. 

di Raúl Zibechi

Questo recupero si scontra con la multinazionale Vale do Rio Doce, che ha proibito che il capo indigeno fosse sotterrato nella terra recuperata. L’impresa mineraria Vale è responsabile della morte di 272 persone, quando una diga con acque residuali della miniera Córrego de Feijão, crollò e sparse fango tossico che sotterrò il paese.

Merong apparteneva al popolo Pataxó-hã-hã-hãe, originario del sud dello stato di Bahía (nordest), popolo che il 21 gennaio subì l’assassinio della dirigente María de Fátima Muniz de Andrade, Nega Pataxó (https://desinformemonos.org/justicia-para-el-pueblo-pataxo-ha-ha-hae).

Nega è stata la 31ª indigena assassinata in quel territorio dal 2012. I crimini presentano lo stesso modello, anche se quello di Merong vuol essere dissimulato come un suicidio. I suoi responsabili sono membri del gruppo “Invasão Zero”, creato nel marzo del 2023 dai latifondisti dello stato di Bahia per recuperare o impedire occupazioni di terre di popoli originari e di contadini senza terra riuniti nel MST (Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra).

“Invasão Zero” è un gruppo paramilitare rurale che fu formato di fronte all’occupazione dell’azienda Ouro Verde a Santa Luzia, all’interno del Bahía. Si organizzano attraverso gruppi di WhatsApp, hanno ottenuto l’appoggio di cinquemila ruralisti e hanno ispirato gruppi simili in per lo meno nove stati, oltre alla creazione di un Fronte Parlamentare con lo stesso nome nel Congresso al cui lancio partecipò Jair Bolsonaro.

Secondo il giornale Brasil de Fato, “Invasão Zero” ha anche uno statuto, conta sul sostegno di imprenditori e associazioni dell’agronegozio, su un’equipe di giornalisti che contribuisce a migliorare la sua immagine e distribuisce manuali tra i proprietari di tenute per dirigerli nella “protezione delle proprietà” (Brasil de Fato, 30 gennaio 2024).

Nell’aprile del 2023 membri di “Invasão Zero”, insieme a poliziotti militari circondarono delle famiglie del MST in un’area destinata alla riforma agraria nel Bahia. Questo dimostra, come quando assassinarono Nega Pataxó, che i latifondisti e i poliziotti militari lavorano insieme, come di solito succede con tutti i gruppi paramilitari del Brasile e dell’America Latina.

Il difensore regionale dei Diritti Umani del Bahia, Erik Boson, ha detto alla rivista O Globo che nel sud dello stato la situazione è “caotica”, per lo scontro tra latifondisti e popoli originari. “Manca la presenza dello stato e la demarcazione delle terre indigene. C’è un completo caos, con assenza e omissioni dei governi statale e federale” (O Globo, 22 gennaio 2024).

Il difensore afferma che la situazione non cambierà, perché nonostante le richieste inoltrate alle istituzioni federali non ci sono segni di cambiamenti. “Vari territori indigeni nella regione conflittuale, hanno già il processo di demarcazione terminato e attendono la decisione del Ministero di Giustizia che indugia per ragioni non identificate, fatto che porta a pensare che si tratti di ragioni puramente politiche”, conclude Boson.

Stato assente e governi complici

Il governo dello stato di Bahía è dal 2007 nelle mani del Partito dei Lavoratori (PT). Il governo federale è presieduto da Lula, anche lui del PT, e la ministra dei Popoli Indigeni è Sonia Guajajara, membro del Partito Socialismo e Libertà (PSOL), che dicono di difendere i popoli originari. Per questo è valido domandarsi: Che fanno i governi del PT a livello federale e dello stato di Bahía, che fa lo stato che loro amministrano, per evitare questi scandalosi crimini?

Va bene che Lula critichi il genocidio a Gaza, ma non dovrebbe con la stessa enfasi occuparsi di affrontare i latifondisti che creano gruppi paramilitari contro gli indigeni e i senza terra?

Giunti a questo punto, credo che rimangano due grandi opzioni. O il PT non vuole affrontare l’agronegozio, che è una parte significativa della base sociale di Bolsonaro, per cui diventa complice dei paramilitari, oppure non può, anche se vorrebbe porre limiti al grande capitale agrario.

La prima questione da ricordare è che Lula è giunto al governo sostenuto da un’alleanza di centro, nella quale l’agronegozio ha il suo peso, come lo ebbe durante i precedenti governi di Lula e Dilma Rousseff. L’attuale ministro dell’Agricoltura, Carlos Fávaro, fu vicepresidente dell’Associazione dei Produttori di Soia del Brasile. Contò sull’appoggio di persone come l’ex ministro dell’Agricoltura nel governo di Dilma Rousseff, Blairo Maggi, il maggior produttore individuale di soia del mondo, battezzato il “Re della Soia”.

È vero che l’agronegozio sostenne in massa Bolsonaro, ma Lula sta facendo tutto il possibile per evitare il minimo scontro con il settore. Al punto che ha lanciato il Piano Zafra 2023/24 che offre il 27% in più di fondi dell’anno precedente, un totale di 364 miliardi di reales, in prestiti per grandi, medi e piccoli produttori.

La seconda questione è che qualsiasi governo latinoamericano oggi si scontra con delle istituzioni che sono state sequestrate dal capitale, dal governo federale fino a quelli statali, dall’apparato di giustizia fino alla polizia e le forze armate. Il giornalista Jeferson Miola, del Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE), sostiene sulla base delle indagini della Polizia Federale del Brasile, che nel tentativo di golpe dell’8 gennaio 2023, quando gruppi vicini a Bolsonaro entrarono violentemente nel Congresso a Brasilia, ci fu una chiara “implicazione istituzionale delle Forze Armate nel golpe” (Rebelion, 5 marzo 2024).

Aggiunge che la rivolta fu un’azione “strutturata e sviluppata nella gerarchia militare”, che gli accampamenti dei bolsonaristi furono finanziati da imprenditori e contarono su “un’infrastruttura protetta dalle proprie aree”, anche se il Supremo Tribunale Federale li considerò “illegali e criminali”.

Conclude: “L’accampamento del Quartiere Generale dell’Esercito funzionò come logistica strategica di e per le azioni terroriste e golpiste”.

Questo ci dice che non ci fu un alto comandante, un generale o un tenente colonnello vicini ad un golpe per evitare che Lula accedesse alla presidenza che doveva assumere il 1 gennaio 2023, ma che ci fu un’istituzione implicata nel golpe. Questo spiega le ragioni per cui la Polizia Militare lavora insieme ai latifondisti formando comandi paramilitari. Perché sono istituzioni che fanno parte di uno stato coloniale/patriarcale al servizio dell’accumulazione attraverso il saccheggio o il furto.

Il prigioniero politico mapuche Héctor Llaitul, che tra breve sarà giudicato dalla giustizia dello stato cileno, lo dice in questo modo: “Sotto le attuali istituzioni con uno stato capitalista e di natura profondamente coloniale prevarranno sempre le posizioni conservatrici, razziste e gli interessi economici dell’oligarchia” (Radio Kurruf, 3 marzo 2024).

Se questo è così, con quale obiettivo la sinistra vuole essere governo? Perché nell’ipotetico caso in cui realmente voglia fare dei cambiamenti (qualcosa che certamente i fatti smentiscono), non potrà farlo perché le istituzioni che vuole dirigere non glielo permettono, sono state create per un’altra cosa.

11 marzo 2024

Desinformémonos

Tradotto da Comitato Carlos Fonseca

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

brasilePOPOLI INDIGENIzibechi

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Oltre 800 banche europee investono 371 miliardi di euro in aziende che sostengono gli insediamenti illegali in Cisgiordania

La Coalizione Don’t Buy Into Occupation nomina 58 aziende e 822 istituti finanziari europei complici dell’illegale impresa di insediamenti colonici di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: jihadisti filo-turchi entrano ad Aleppo. Attacata anche la regione curda di Shehba

In Siria a partire dal 27 novembre, milizie jihadiste legate alla Turchia hanno lanciato un’offensiva dalla regione di Idlib e raggiungendo i quartieri occidentali di Aleppo. Come sottolinea ai nostri microfoni Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, l’Esercito nazionale siriano, responsabile di attacchi nella regione di Shehba, è strettamente legato ad Ankara. Questo gruppo, che […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Perù: Annunciata giornata nazionale contro l’attività mineraria

Gli indigeni dell’Amazzonia si mobiliteranno per chiedere l’implementazione di 15 azioni concrete contro l’attività mineraria aurifera che avanza nei loro territori. Con una giornata nazionale di azione che includerà mobilitazioni a Lima e nei territori indigeni, diversi popoli dell’Amazzonia questo 2 e 3 dicembre esprimeranno il loro rifiuto dell’attività mineraria aurifera. Stanchi di promesse, chiederanno […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: il Mendoza avanza contro contadini e indigeni, tra la vendita di terre demaniali e progetti minerari

Ancora risuonano nei paraggi di Los Molles e di El Sosneado, i fatti degli inizi del 2023, quando nel sud provinciale giunsero dei fuoristrada con foto del Generale Roca e proclami negazionisti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nuova Zelanda: migliaia di indigeni Maori assediano il Parlamento

Dopo poco più di una settimana, la marcia lanciata dal popolo Maori in difesa dei propri diritti è arrivata a Wellington.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Assassinano padre Marcelo crivellandolo di colpi dopo aver officiato la messa: da sempre ha denunciato l’estrema violenza in Chiapas

Pubblichiamo la traduzione di questo del 20.10.2024 articolo a cura della Redazione di Desinformémonos perchè pensiamo sia prezioso per far conoscere la storie e le lotte portate avanti da padre Marcelo Perez Pérez attraverso le sue stesse parole.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: il sessennio “si chiude con repressione, sangue e sequestro dei popoli da parte dello stato”

“Il sessennio di Andrés Manuel López Obrador si chiude con repressione, sangue e sequestro da parte dello stato dei popoli che difendono il proprio territorio ed esercitano i propri diritti all’autodeterminazione, alla protesta, alla libertà d’espressione e ad un ambiente sano”

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Collassi localizzati, debito ecologico e politiche pubbliche

Le inondazioni nel Rio Grande do Sul, una delle zone più ricche e potenti del Brasile, hanno provocato 163 morti, più di 80 persone disperse e 640.000 persone costrette a lasciare le proprie case.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Argentina: dalla cordigliera alla meseta e alla costa, la lotta di un popolo per l’acqua

Tra il 15 e il 21 dicembre 2021, il popolo del Chubut abrogò la Legge di Zonificazione Mineraria che era stata approvata sei giorni prima, senza consultazioni, dai deputati provinciali.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Brasile: l’acqua che tutto abbatte

Due donne, già negli anni, attendono i soccorsi alle intemperie, sopra il tetto della vecchia casa familiare, in un villaggio del Rio Grande do Sul.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

La strategia estrattivista per entrare nei territori ancestrali raggiunge il suo apice

Il conflitto per il territorio degli Shuar, causato dagli interessi minerari, va avanti da più di 20 anni. Ma questa volta è diverso, sembra essere l’ultima battaglia.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La diffusione del dengue, l’agroindustria e il cambiamento climatico

Le cause dell’epidemia di dengue sono molteplici, conosciute e anche poco affrontate: cambiamento climatico, deforestazione, uso di pesticidi, impatto sui predatori delle zanzare e mancanza di pianificazione territoriale.