InfoAut
Immagine di copertina per il post

Libano: prove di guerra al terrore

L’esercito a caccia di jihadisti rade al suolo i campi profughi intorno ad Arsal, già teatro di scontri con i miliziani di al-Nusra ad agosto, mentre cresce la pressione sul governo per i soldati ancora ostaggio dei qaedisti. E monta la rabbia dei libanesi nei confronti dei profughi siriani.

Decine di morti e quasi 500 “sospetti islamisti” arrestati: è il bilancio dell’operazione condotta ieri all’alba dall’esercito libanese nella zona di Arsal, al confine con la Siria, enclave sunnita nella valle della Bekaa tradizionalmente sciita ad alta concentrazione di profughi siriani e teatro della battaglia delle istituzioni libanesi ai movimenti qaedisti capitanati dal fronte al-Nusra. Le tensioni nella zona – già grandi a causa dell’enorme numero di rifugiati provenienti dalla Siria e dai traffici di armi che vi transitano – si sono aggravate nel mese di agosto, quando un commando di jihadisti si è infiltrato oltre il confine e ha raggiunto la cittadina di Arsal, scatenando gli scontri con l’esercito libanese nei quali decine di miliziani e di soldati sono rimasti uccisi, mentre una trentina tra militari e poliziotti sono stati rapiti: 3 sono stati decapitati nel mese di settembre. I campi profughi di Arsal, accusano le autorità libanesi, sarebbero il terreno di proliferazione dei jihadisti siriani nel Paese dei Cedri e nell’ultimo mese, sostengono i residenti, sono stati bersagli di attacchi da parte di civili come di militari.

E proprio qui che all’alba di ieri l’esercito ha fatto irruzione, radendo al suolo un campo e arrestando centinaia di persone. Negli scontri, secondo l’esercito, sarebbero cadute decine di qaedisti, mentre alcune tende del campo profughi adiacente sarebbero state date alle fiamme. Stando a un comunicato emesso dal comando militare libanese, ” tre persone in sella a una motocicletta hanno tentato di appiccare il fuoco nell’altro campo: così l’esercito ha sparato, uccidendo uno di loro e ferendo gli altri due”. Centinaia di altri profughi siriani si sono poi radunati ad Arsal e hanno intonato slogan in favore dello “Stato islamico” in segno di protesta, ha riferito l’agenzia stampa nazionale NNA. Ma i residenti del campo, compreso un funzionario anonimo intervistato dall’agenzia AFP, danno una versione diversa: “E’ stato l’esercito a cospargere di benzina le tende e ad appiccare il fuoco. Sono bruciate a centinaia. Hanno poi attaccato le donne e i bambini, circondando gli uomini e trascinandoli via dopo averli percossi. Ero lì, ho visto un vecchio di 90 anni con le ossa frantumate per i colpi ricevuti”.

Secondo il racconto di Muhammad Zein, medico di uno degli ospedali da campo di Arsal che ha raccolto le testimonianze dei feriti, i morti tra i civili sono stati 4, tra cui un uomo di 62 anni. Al-Zein ha raccontato che il primo campo a essere stato attaccato è stato quello di Ras Sharj verso le 5 del mattino. “Nel campo – spiega al-Zein – c’erano circa 140 famiglie. I militari sono entrati con le armi spianate e hanno radunato circa 200 maschi, di età compresa tra i dieci e i settant’anni”. Subito dopo è stato attaccato il campo Sanabil (circa 120 tende) e altre due tendopoli più piccole (40 tende). In tutto sono stati portati via 486 maschi”. Secondo la testimonianza del medico, confermata da foto e video circolati sui social network, molti dei fermati sono stati fatti spogliare e lasciati in mutande. Con le mani legate dietro alla schiena sono stati fatti distendere a terra e i loro corpi sono stati calpestati e colpiti con i calci di fucile. Il generale Qawhaji, capo dell’esercito libanese, ha assicurato che “risolverà presto la crisi di Arsal” senza commentare le accuse di gravi violazioni ai danni dei profughi siriani mosse ai suoi militari, mentre un portavoce dell’esercito ha tacciato di “bugie” le testimonianze dei residenti, ricordando che “le nostre truppe agiscono rispettando gli standard internazionali del trattamento umanitario”.

Difficile verificare le fonti in una zona quasi irraggiungibile da oltre un mese a causa dei continui blocchi stradali organizzati dalle famiglie di alcuni dei poliziotti e militari rapiti all’inizio di agosto dai miliziani di al-Nusra. I media locali riportavano i rapimenti di alcuni profughi siriani “per rappresaglia” compiuti da alcune di queste famiglie. All’inizio di settembre c’erano segnalazioni di rapimenti in tutta la valle della Bekaa, con le autorità libanesi che si erano affrettate a rivelare che “alcune bande stanno approfittando del clima settario, delle tensioni del Paese e del caos che regna nella valle della Bekaa per compiere sequestri di persona a scopo di estorsione”, così come ieri hanno prontamente risposto che il fuoco nel campo profughi era stato appiccato da “facinorosi”. Eppure i media panarabi nei giorni scorsi avevano diffuso i filmati di gravi violazioni commesse dai soldati libanesi contro profughi siriani nella zona di Arsal, con tende dei campi date alle fiamme, arresti e percosse, tanto che  l’esercito è stato recentemente costretto a prendere le distanze dai soldati mostrati in un video prendere a calci e a pugni uomini siriani, tra cui un disabile con un arto amputato.

Se la memoria corre a Nahr al-Bared (il campo profughi palestinese a nord di Tripoli raso al suolo dall’esercito libanese nel 2007 per eradicare gli estremisti di Fatah al-Islam, una mini guerra civile costata la vita a un centinaio di civili e la casa a oltre 6 mila famiglie, ndr), le autorità libanesi invitano invece alla calma e al rispetto dei rifugiati siriani che, come ha detto recentemente in un discorso televisivo il premier Tammam Salam “sono la nostra famiglia, hanno chiesto il nostro aiuto e noi li abbiamo assistiti”. Ma ribolle di rabbia, il Paese dei Cedri, per i suoi soldati rapiti e decapitati e se la prende sempre di più con i profughi, arrivati a quota 1.1 milioni su una popolazione di soli 4 milioni in un paese al collasso economico: siriani insultati, malmenati e allontanati dalle tendopoli sono all’ordine del giorno, milizie cristiane che si armano per la prima volta dalla fine della guerra civile “per autodifesa” si aggiungono alle altre milizie – sciite o sunnite – attive da molti anni, in un calderone che ha già dato prova molte volte di poter esplodere.

E intanto i politici libanesi cominciano a chiedere un maggiore impegno nella lotta contro i jihadisti e un’azione più incisiva nella liberazione dei soldati rapiti: mentre il Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt ha proposto uno scambio di prigionieri, oggi il leader delle Forze Libanesi Samir Geagea ha suggerito al governo di condurre attacchi mirati contro gli obiettivi terroristici “in totale coordinazione con le forze di coalizione internazionale” . Dopo il miliardo di dollari versato lo scorso mese dall’Arabia Saudita per finanziare l’esercito nella “lotta contro il terrorismo e le organizzazioni jihadiste”, Beirut si è recentemente alleata con la Coalizione anti-Isis impegnandosi a combattere “il terrore in casa nostra”, chiedendo “armi, aerei e denaro”, pur non concedendo basi né logistica per gli attacchi in Siria. Ma con il fronte al-Nusra – il gruppo jihadista più presente in Libano, ndr – pressato dai propri membri per riconciliarsi con l’Isis e unirsi al ‘Califfato’ nella lotta comune “contro l’invasore”, le carte in tavola a Beirut potrebbero cambiare bruscamente.

da Nena News

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

libanosiria

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”: Esecuzioni sommarie, fame e sfollamenti forzati da parte dell’esercito israeliano nel Nord di Gaza

La squadra sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato strazianti episodi di uccisioni sommarie ed esecuzioni extragiudiziali di civili da parte di soldati israeliani, eseguite senza alcuna giustificazione. Fonte: English version Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 17 novembre 2024Immagine di copertina: Il fumo si alza da un edificio residenziale dopo un attacco israeliano a Beit […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nuova Zelanda: migliaia di indigeni Maori assediano il Parlamento

Dopo poco più di una settimana, la marcia lanciata dal popolo Maori in difesa dei propri diritti è arrivata a Wellington.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Basta armi a Israele: manifestazione regionale a Torino

Nella giornata di sabato 5000 persone provenienti da tutto il Piemonte si sono radunate a Torino per dare vita ad un ricco e partecipato corteo regionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: la Francia (forse) libererà Georges Abdallah, militante comunista incarcerato dal 1987

Originario di Kobayat, nel nord del Libano, militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina prima e tra i fondatori delle Fazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi dopo l’invasione israeliana del Libano

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupata la Leonardo spa dall’Intifada Studentesca a Torino

Ieri come Intifada studentesca abbiamo occupato la sede della Leonardo Spa! In 50 siamo entratə all’interno dello stabilimento mentre altre 50 persone bloccavano l’ingresso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La coreografia pro-Palestina degli ultras del PSG è diventata un vero e proprio caso politico

Riprendiamo l’articolo di Calcio e Rivoluzione, che mette in luce il caso politico nato intorno alla coreografia pro-Palestina messa in scena dagli ultras del PSG durante una partita di Champions League. Questo episodio ha scatenato reazioni accese da parte delle autorità francesi e aperto un dibattito sul rapporto tra politica e sport, evidenziando come certi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Netanyahu si nasconde in un bunker sotterraneo per paura degli attacchi dei droni

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe lavorato da una “camera blindata sotterranea” per paura di subire attacchi drone di rappresaglia da parte dei movimenti di resistenza regionali.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La vergognosa narrazione occidentale mostra nuovamente il significato di informazione di guerra

Venerdì 9 novembre i militari dell’IDF (ricordiamo che in Israele è presente la leva obbligatoria) e tifosi del Macabi Tel Aviv hanno strappato e bruciato bandiere palestinesi dai balconi olandesi, insultato e aggredito persone e giornalisti, inneggiato alla morte degli arabi e dei bambini palestinesi per ore nel centro cittadino e fischiato il minuto di silenzio ai morti di Valencia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Amerika Trump again

Fin dalle prime ore dall’inizio dello spoglio, la vittoria elettorale di Trump si stagliava netta, ben oltre le previsioni di chi scommetteva sulla sua rielezione, macinando stato in bilico dopo stato in bilico, mentre Fox News si sbilanciava a dichiarare la vittoria in anticipo su tutte le testate nazionali del mainstream media a stelle e strisce. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Basta armi a Israele! Contro l’Occidente genocida, colonizzatore e guerrafondaio! Resistenza fino alla vittoria!

Di seguito pubblichiamo l’appello per la manifestazione regionale di sabato 16 novembre che si terrà a Torino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I giornalisti israeliani si uniscono al Genocidio trasmesso in diretta

Un noto giornalista israeliano ha recentemente fatto saltare in aria una casa in Libano come parte di un servizio giornalistico mentre era al seguito dell’esercito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vice-capo di Hezbollah afferma che esiste ora una “nuova equazione” nella lotta contro Israele

In un recente discorso televisivo, il vicesegretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato che il gruppo di resistenza libanese si è completamente ripreso dai recenti colpi e sta operando sotto una “nuova equazione” volta a intensificare i suoi attacchi contro lo Stato di occupazione israeliano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele spara sulle truppe Unifil: il cortocircuito colonialista

Dopo un anno di guerra genocida a Gaza i politici italiani hanno iniziato a pronunciare le parole “crimine di guerra”.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Piazze per la Palestina: una speranza che può esistere, un punto segnato alla controparte

Il 5 ottobre a Roma è stata una giornata importante, la conferma di una speranza che può esistere, un punto segnato sulla controparte.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Roma: in diecimila rompono gli argini per la Palestina

Più di diecimila persone ieri hanno raggiunto la Capitale per manifestare il fermo sostegno alla Palestina e al Libano sotto attacco da parte di Israele nella complicità internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

5 Ottobre: GPI e UDAP confermano la manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano

Manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano lanciata da Giovani Palestinesi d’Italia e Unione Democratica Arabo-Palestinese per sabato 5 ottobre 2024 a Roma (ore 14, piazzale Ostiense – metro Piramide).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: Israele ha dato l’ok all’invasione di terra. L’Iran replica con circa 200 missili

Alle ore 18.30 (in Italia) circa 200 missili scagliati dai “Guardiani della Rivoluzione”, i Pasdaran, sono partiti dall’Iran alla volta di Israele e delle basi militari nei Territori Occupati Palestinesi.