Macron, l’UE e una grandeur che non c’è più…
Negli ultimi mesi l’attivismo del presidente francese Macron sul piano del futuro dell’Unione Europea è stato molto intenso. Da Strasburgo, ha recentemente parlato della necessità di evitare una guerra civile interna, che come scrivevamo è già nella pratica ben più di una minaccia.
Dopo gli ultimi anni passati a registrare l’ascesa delle forze contrarie all’Unione Europea e alla vittoria della Brexit, quello che sembra voler segnalare Macron è la situazione che vede il progetto comunitario sull’orlo del baratro. La battaglia profondamente manichea tra l’iper-europeismo acritico e il ritorno all’Europa degli Stati-Nazione sarebbe sempre più appannaggio della seconda visione.
Nei paesi centrali e orientali si affermano, dall’Austria all’Ungheria, posizioni sovraniste e lontane da ogni volontà comunitaria diversa dall’approfondimento del liberismo più sfrenato. In paesi fondamentali come la stessa Francia, l’Italia e persino la Germania le forze palesemente critiche verso Bruxelles hanno sempre più cittadinanza. E le Elezioni Europee del 2019 sembrerebbero poter dare il colpo di grazia all’Unione.
La ragione sta ovviamente negli sfaceli sociali degli ultimi dieci anni, a partire dalla crisi del debito e con lo strangolamento della popolazione greca a perenne monito dell’anima “sociale” di Bruxelles. Ma questo il presidente Francese ovviamente non lo dice, non può dirlo.
Macron sta provando piuttosto ad assumersi la responsabilità di offrire alle elites europeiste, quelle dei centri urbani largamente intesi, degli spazi commerciali e finanziari, una possibile soluzione alla crisi che rischia di mettere in discussione quote importanti di profitti dovuti in primis all’architettura finanziaria comunitaria.
La sua proposta è di fatto basata su due temi: una politica di sicurezza comune e una politica monetaria comune, che possano restaurare la “sovranità europea”. Le parole chiavi scelte dal Presidente francese sin dal discorso della Sorbona del 2017, come sicurezza, difesa, migrazioni, euro, digitale, esprimono il tipo di idea che ha Macron dell’UE ben più dell’accento retorico sul tema dell’ambiente.
Tradotto in termini più semplici, mettere fine alla debolezza europea in politica estera, che la renderebbe succube di Usa e Russia, e riformulare la politica economica europea che finora ha visto nella Germania il diffusore di austerità e rigidità a tutte le latitudini. Intendiamoci, non si tratta di un passaggio a una politica di maggiore redistribuzione della ricchezza su scala europea, anzi.
Le recenti cronache francesi ci fanno intuire come il programma del nuove leader dell’Eliseo sia assolutamente di stampo neoliberista, e che anzi l’idea di Macron è mantenere il modello tedesco potendo condividerne i vantaggi. E magari mandando l’esercito comune a reprimere chi potrebbe mettere in crisi la stabilità del comando, allargando questo si, su scala europea, la tipologia di gestione dei conflitti vista rispetto alla ZAD o a Tolbiac…
Ancora una volta, la soluzione alla crisi dell’UE si scarica sulla questione migratoria, sulla costruzione di un Altro su cui compattare una identità inesistente. Le operazioni francesi all’estero, ad esempio quelle nell’Africa sahariana, dovrebbero diventare nella visione di Macron di fatto europee, con una nuova “polizia delle frontiere” continentale destinata ad arginare il flusso migrante all’origine. Blindando ancora di più la Fortezza Europa e imponendo ai paesi membri un sistema di quote di accoglienza in percentuale alla popolazione dei vari paesi in mancanza di un parallelo pieno di miglioramento delle condizioni di vita che eviti lo scatenarsi di scenari di guerra tra poveri.
Ma è qui che Macron difficilmente la spunterà: il suo disegno di pensare ad una Unione Europea come proiezione della Francia, e quindi come diffusore della sua storica missione universalistica, si scontra con una Germania che non ha alcuna voglia di rinunciare ai privilegi derivanti dallo status quo, soprattutto in termini di difesa militare e di assetto economico. La difesa offerta dalla NATO, aldilà di ogni sparata di Trump sull’aumento della partecipazione europea alla spesa militare, continua a permettere al capitale tedesco di poter ricevere investimenti a pioggia sottratti alla Difesa.
Ed anche i paesi dall’Est per quanto interni all’Unione Europea sono più vicini in termini di rapporti agli Stati Uniti, che ne difendono il territorio dall’aggressiva Russia di Putin. Insomma, la condizione di instabilità interna all’Ue è per molti o un modo di imporre le proprie condizioni, o un modo di poter giocare a piacimento su quale terreno stare. E il gioco retorico di un Macron alfiere di una nuova integrazione europea si scontra con il suo evidente doppiogiochismo, orientato a preservare unicamente il benessere delle elites francesi, fomentando anche uno spregiudicato utilizzo delle forze repressive come in queste settimane al confine italo-francese.
Macron, impossibilitato a dominare e con una influenza sempre meno potente a livello globale, in un processo storico che per la Francia è iniziato con le due guerre mondiali, cerca di accreditarsi come uomo dell’Unione. Ma le sue possibilità negoziali sono molto scarse, e Trump stesso lo sbeffeggia, annunciando l’uscita dall’accordo sul nucleare iraniano proprio mentre Macron è a Washington in visita ufficiale. Di grandeur ne è rimasta ben poca..
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