InfoAut
Immagine di copertina per il post

Nablus, la città ribelle

Israele, in quanto forza di occupazione, concede permessi per la coltivazione ai contadini secondo una logica selettiva. Qualsiasi gesto o attività di resistenza, in qualunque forma, può causare il diniego del permesso a coltivare. Per questo Tanweer accompagna i coltivatori agli uliveti e li protegge tanto dall’esercito quanto dai coloni, “che agiscono come una sola forza sui territori occupati”. I profitti israeliani sulla produzione di olio di oliva in queste zone sono, per le colonie che si accaparrano unilateralmente i terreni, venti volte superiori a quelli rimasti ai palestinesi; al punto che questi ultimi sono costretti addirittura ad importare da Israele l’olio che viene prodotto nelle loro terre, dal momento che le leggi d’occupazione regolano sia indirettamente la coltivazione che, direttamente, il confine e quindi l’import/export. Il risultato? “La disoccupazione palestinese è al 35%, al 60% tra i giovani”.

Un’altra forma di espropriazione economica riguarda l’acqua, il cui 85%, in queste aree, è sottratta ai palestinesi per i bisogni di Israele, così che la popolazione locale non ne ha a sufficienza per l’uso domestico e l’irrigazione, contribuendo a peggiorare ulterioremente le condizioni di vita e l’economia locale. “Questa è la base della terza Intifadah, ma dobbiamo compiere anche un’analisi soggettiva. La leadership palestinese è divisa e a livello economico i posti di lavoro nell’autorità nazionale palestinese sono riservate alle persone fedeli ai due partiti al potere, rispettivamente, in Cisgiordania e a Gaza (Fatah e Hamas)”. Abeer è la coordinatrice dell eattività di Tanweer, che ormai soltanto lei e il professore possono (si fa per dire) portare avanti: il 9 dicembre l’esercito israeliano ha fatto irruzione negli uffici e ha sequestrato tutto il materiale cartaceo esistente e tutti gli hardware, arrestando tre dipendenti e otto volontari, praticamente tutti gli altri militanti. Ci accompagna nella città vecchia assieme a Mustafa, un giovane regista la cui famiglia vive qui da ottocento anni.

Abeer è di sinistra, anche se dice che, tradizionalmente, Nablus è una città conservatrice, la più religiosa della Cisgiordania insieme a Hebron. Mustafa la prende in giro, dicendo che la lista di sinistra prende alle elezioni percentuali bassissime. “Qualche mese fa qui abbiamo fatto la nostra piccola rivoluzione contro il sindaco di Fatah, un uomo incapace, e l’abbiamo costretto a dimettersi” racconta. “Credere in Dio per noi è naturale. Siamo ancora vivi: Dio deve esistere per forza”. La prima azione armata della terza Intifadah è avvenuta qui. Dopo che, quattro mesi fa, un colono ha incendiato la casa di una famiglia palestinese vicino Hebron, uccidendo madre, padre e figlia di pochi mesi, abitanti della zona di Nablus hanno ucciso due coloni dell’area circostante, dando inizio a una lunga serie di attacchi, che continua tutt’ora.

“Viviamo ogni giorno come fosse l’ultimo e ci godiamo ogni attimo della vita, perché chi vive in una città come questa, soprattutto in un periodo come questo, sa che può morire da un momento all’altro”, continua Mustafa. Antichissimo insediamento abitato fin dall’antichità dagli ebrei samaritani che, a differenza di quelli ortodossi, ritengono che il monte a sud della città (e non quello su cui sorge il tempio di Gerusalemme) sia il luogo su cui Dio è sceso sulla terra per annunciarsi al popolo eletto, il suo antico nome era Shechem. “I samaritani sono ebrei, ma sono qui da sempre. Sono palestinesi come noi, tra noi non c’è mai stata, né ci sarà mai, alcuna ostilità” ci dicono. Schechem fu distrutta dai romani dopo la rivolta ebraica del 70 dc, ricostruita e chiamata Flavia Neapolis da cui, dopo la conquista musulmana, la pronuncia araba Nablus (che è omonima, quindi, di Napoli). Oggi, per giustificare la colonizzazione del territorio e le espropriazioni economiche, Israele ha ripreso a chiamare questa zona “Samaria”.

“Questa città è tra le più odiate da Israele perché è la dimostrazione più lampante della stupidità della diceria sionista secondo cui, prima della colonizzazione, qui c’era il deserto”. La città vecchia mantiene intatto gran parte del solenne ed elegante aspetto di epoca ottomana, ma le difficoltà politiche che ha attraversato dal 1948, compresa l’occupazione, la guerra e le rivolte, danno ai suoi edifici in pietra un senso di realtà e di vita estremamente intenso, difficilmente percepibile altrove. Nablus, città devota e rigorosa, inflessibile nella sua opposizione a Israele, considerata meta pericolosa dai turisti (di cui in effetti è priva), mantiene una solennità vissuta e verace che si potrebbe trovare ormai, probabilmente, in poche altre città arabe.

Tutte le strade ricordano il grande trauma che l’ha colpita assieme a Jenin durante la seconda Intifadah, nel 2002. Ariel Sharon, sanguinario generale appena diventato primo ministro, lanciò un’offensiva nelle due roccaforti dell’insurrezione palestinese, mobilitando centinaia di carri armati e migliaia di uomini, elicotteri e batterie di F-16. “La comunità di Nablus è una comuinità indistruttibile – spiega Mustafa – qui tutti conoscono tutti e, al mercato, i signori anziani sanno raccontare la vita di tutti i tuoi antenati e parenti, se sei del luogo e solo gli dici il tuo cognome”. L’orgoglio storico di questi quartieri, unito alle sofferenze di migliaia di profughi giunti nei suoi campi dopo la Nakbah del 1948, fa di queste case il rifugio di generazioni di partigiani. “Quando l’attacco è arrivato, tutta la popolazione ha resistito come una sola persona”.

Israele ha bombardato selvaggiamente e non ha lasciato scampo alla popolazione, radendo al suolo intere strade. Quando tutta la città era ormai in mano al nemico, gli ultimi resistenti si sono rifugiati nei vicoli più stretti della città vecchia, ricettacolo della storia più antica di Nablus. “I nostri martiri hanno resistito per proteggere la comunità e le loro famiglie dalla violenza dell’oppressore – conclude – ma quando l’esercito israeliano ha demolito con le bombe le due principali fabbriche di sapone della città vecchia, hanno capito che Sharon non intendeva prendersi soltanto le loro vite, ma l’intera esistenza di Nablus”. Le saponette di Nablus, dotate di particolari proprietà perché prodotte con l’olio di oliva, sono il secondo genere d’esportazione dopo l’olio d’oliva stesso. Con la distruzione delle fabbriche, di cui ancora oggi non resta che uno spiazzo pieno di macerie, fu spezzata anche l’ultima resistenza; ma da allora murales, lapidi e striscioni ricordano ovunque alla nuova generazione i volti di quei ragazzi caduti, contribuendo ad arricchire la storia che i giovani di oggi vogliono ancora difendere dalla colonizzazione, con i mezzi che hanno a disposizione.

dai corrispondenti di Infoaut e Radio Onda d’Urto – Nablus, 12 Febbraio 2016

(Le immagini sono prese dal web)

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

israelenabluspalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Jenin sotto attacco israeliano: 6 morti e 35 feriti

Il Ministero ha spiegato in una breve dichiarazione che sei persone sono state uccise e altre 33 sono state ferite e sono state trasportate negli ospedali Ibn Sina, Al-Amal e Al-Shifa. È probabile che il bilancio delle vittime aumenti con l’aggressione israeliana. Jenin. Sei palestinesi sono stati uccisi e altri 35 sono rimasti feriti durante […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Somalia, Sudan, Algeria… ed il ritorno di Trump

Da Radio Africa: prima puntata del 2025, lunedì 20 gennaio 2025, per l’approfondimento quindicinale dedicato all’Africa sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, dentro la Cassetta degli Attrezzi. In questi 30 minuti ci occuperemo di diversi Paesi africani, da nord a sud. Partiremo dalla Somalia e da Mogadiscio (in foto) in particolare, al centro del reportage sul campo della rivista Africa, con la storia […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Usa: Leonard Peltier uscirà dal carcere

In uno dei suoi ultimi atti da Presidente Biden ha commutato la condanna all’ergastolo di Leonard Peltier, l’attivista dell’American Indian Movement in prigione da quasi 50 anni. Peltier sconterà il resto della pena agli arresti domiciliari. da Osservatorio Repressione «Ho commutato la pena dell’ergastolo alla quale era stato condannato Leonard Peltier, concedendogli gli arresti domiciliari»: nell’ultimo giorno, […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Voci da Gaza II – Asuat Min Gaza II

Seconda –di due– puntata speciale nello spazio informativo di Radio Blackout dedicata all’intervista di Fadil Alkhadly, membro dell’Uawc, Unione dei comitati dei lavoratori agricoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Raggiunto l’accordo di cessate il fuoco a Gaza

L’ accordo tra la Resistenza palestinese e il governo israeliano è stato raggiunto e firmato da entrambe le parti, a darne l’annuncio è stato Trump che da oggi inizierà il suo mandato esecutivo come presidente statunitense.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Perù. Tamburi di guerra

Su Perù 21 (giornale peruviano, ndt), il 14 gennaio, un editorialista poco noto ha inserito un’“opinione” piuttosto bellicosa. In essa, Héctor Romaña – una penna di pedigree, forse – promuoveva l’intervento militare in Venezuela. di Gustavo Espinoza M., da Resumen Latinoamericano Potrebbe essere letto come il punto di vista di un analista disperato che non […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: facciamo il punto con Eliana Riva

“Cessate il fuoco”: è la notizia che da ieri sera poco dopo le 18 occupa le prime pagine di tutti i giornali, dopo la dichiarazione su Truth da parte di Donald Trump che si è intestato l’accordo tra Israele e Hamas.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco(?) su Gaza

Imminente l’accordo di cessate il fuoco su Gaza e di scambio di prigionieri – con la mediazione di Usa, Qatar, Egitto – che dovrebbe prevedere nei primi 42 giorni il rilascio di una parte degli ostaggi e la liberazione di prigionieri politici palestinesi, mentre Israele terrà il controllo del corridoio Filadelfia tra Gaza ed Egitto […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’escalation di Erdogan contro il Rojava

La Turchia e le milizie islamiste filo-turche, in particolare l’Esercito nazionale siriano (SNA), stanno sfruttando lo spostamento di potere a Damasco per colpire le aree di autogoverno controllate dai curdi nella Siria settentrionale e orientale. Ankara giustifica queste azioni sostenendo che i gruppi che operano nella regione, in particolare le Unità di difesa popolare curde […]

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Palestina: 23 denunce e 17 fogli di via da Brescia per il blocco dell’azienda armiera Leonardo. Denunce di abusi subiti in questura

Si è chiusa con 23 denunce e 17 fogli di vita l’iniziativa di lotta di Extinction Rebellion, Ultima Generazione e Palestina Libera a Brescia, con il blocco – lunedì 14 gennaio – di Leonardo, azienda armiera italiana controllata al 30% dal Ministero dell’economia e finanza, coinvolta nella vendita di armi in mezzo mondo, compreso Israele, da 15 mesi impegnato nel genocidio del popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Popcorn, zucchero filato e massaggi. All’interno del nuovo ‘resort’ dell’esercito israeliano nel nord di Gaza

Un nuovo rapporto dell’organo di informazione israeliano Ynet rivela un quadro inquietante: mentre i palestinesi nel nord di Gaza rischiano di morire di fame e di essere sterminati, è stato creato un vicino ‘resort’ per i soldati israeliani, che possono rilassarsi e distendersi tra un intervento e l’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Riassunto di un anno palestinese: genocidio, resistenza e domande senza risposta

La storia della guerra israeliana a Gaza può essere riassunta nella storia della guerra israeliana a Beit Lahia, una piccola città palestinese nella parte settentrionale della Striscia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ospedale Kamal Adwan incendiato ed evacuato: cala il sipario sull’ultimo presidio di umanità nel Nord della Striscia

Come prevedibile, Israele ha approfittato delle feste di Natale per portare a termine la distruzione fisica del sistema sanitario nel nord di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.