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Nicaragua: proteste contro il Gran Canal

“Non vogliamo il canale, il Nicaragua non diventerà una cinalandia”. I nicaraguensi protestano contro  la costruzione del Canale interoceanico che dividerà in due il paese

di Marina Zenobio

Protestano i nicaraguensi durante l’inaugurazione dei lavori del megaprogetto per la costruzione de canale che attraversando l’intero paese congiungerà l’Atlantico al Pacifico. “Nicaragua non diventerà una cinalandia” , gridano a Rivas, un centinaio di chilometri a sud di Managua, dove l’opera, finanziata evidentemente dai cinesi, sta per cominciare. Per diverse ore, la vigilia di natale, il flusso di veicoli sulla Panamericana, arteria che collega il Nicaragua al Costarica è stato bloccato da centinaia di appartenenti al Consiglio locale per la difesa alla terra. “Siamo qui perché non vogliamo il canale”, ha spiegato alla stampa il dirigente del Consiglio, Henry Ruiz.

Proteste che chiaramente non hanno impedito al Governo nicaraguense di tagliare il nastro per un progetto del valore di 50 milioni di dollari che dovrebbe mobilitare il 5% del commercio internazionale. Con una cerimonia simbolica sulle rive dell’oceano pacifico il governo del Nicaragua e la company cinese HKND, con sede a Hong Kong e concessionaria del progetto, hanno dato il loro via. Solo che per motivi sconosciuti – riporta l’agenzia Univision – all’evento, iniziato con cinque ore di ritardo, la stampa non ha avuto accesso. Ma non proprio tutta.

Gli abitanti del dipartimento di Rivas saranno i primi a vedersi espropriare le terre, in alcune zone che si incrociano con la traccia del canale saranno costretti ad andarsene. Sgombri ed espropriazioni rientrano nella concessione sottoscritta tra Nicaragua e la cinese HKND group. In cambio gli espropriati e sgomberati riceveranno solo il valore catastale dei loro beni confiscati.

Proteste si sono verificate anche in località El Tule e Nueva Guinea, al di là del Grande Lago Nicaragua, dove i contadini si esercitano in azioni sporadiche, ma che durano ormai da giorni, con il blocco delle vie principali, e ci sono tutti gli ingredienti perché la protesta si allarghi.

tracciato del Gran Canale di Nicaragua

Il canale progettato sarà lungo 278 chilometri, tra i 230 e 520 metri di larghezza e 30 metri di profondità. Partirà da Brito, sulla cosa Pacifica, attraverserà per 105 chilometri il Lago di Nicaragua – la più grande e importante riserva di acqua dolce del Centro America -, camminerà parallelo al fiume Tule per arrivare sulla costa Atlantica, all’altezza della sua foce, a Punta Gorda.

La concessione per la costruzione del Gran Canale di Nicaragua al gruppo cinese HKND è stata rilasciata dal presidente nicaraguense, Daniel Ortega, lo scorso 23 giugno, per una durata di 50 anni e una possibilità di proroga per altrettanti.

Oltre agli scavi per il canale, HKND Group ha previsto la costruzione di strade, due porti, un lago artificiale, un aeroporto, un complesso turistico, una zona di libero commercio, nonché fabbriche di acciaio e di calcestruzzo. Inoltre l’opera richiederà 50 mila lavoratori e dovrebbe creare, secondo i dati ufficiali, 200 mila posti di lavoro per l’indotto.

Uno scambio allettante al quale il governo sandinista non ha saputo dire di no. “Con questo grande canale – ha dichiarato il vicepresidente del Nicaragua, Moises Omar Halleslevens, durante la cerimonia – il paese aspira a muovere il 5% del commercio internazionale che attualmente circola per mare”. Dall’altra parte il presidente di HKND, Wang Jing, faceva già gli auguri ai 100 anni del Grande Canale del Nicaragua sostenendo che “la costruzione di questa via acquatica garantirà il sacro tema della protezione ambientale”. Tutte informazioni divulgate da media ufficiali, quelli che hanno avuto accesso alla cerimonia inaugurale.

Il Canale del Nicaragua darà accesso dal Pacifico all’Atlantico, e viceversa, a mega imbarcazioni che non potranno passare per il Canale di Panama, persino dopo il suo ampliamento che dovrebbe concludersi per il 2016. Sarà una competizione tra i due Canali? Non è detto. Più che altro si svilupperà un processo di complementarietà regionale di cui soprattutto l’America Centrale e i Caraibi saranno beneficiari. Quando entrambi i canali andranno a pieno regime, nel prossimo decennio, l’incremento del flusso delle grandi navi Post-Panamax e delle monumentali Triple-E Class produrranno cambiamenti radicali nella struttura economica della conca caraibica anche nel settore import-export, nell’agricoltura, nel turismo e nelle nuove tecnologie.

Nonostante le rassicurazioni del HKND Group riguardo le conseguenze sull’ambiente del megaprogetto, secondo le organizzazioni ambientaliste nicaraguensi, la costruzione del canale avrà un impatto ambientale devastante, perché il suo tracciato si incrocerà con zone con alti livelli di biodiversità, vegetale e animale, e attraverserà territori abitati da indigeni la qualità della cui vita è destinata così a peggiorare.

 

da popoffquotidiano.it

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