Portogallo: il Psd vince, l’Fmi governa
Non è stata una sorpresa: ieri il Portogallo è entrato in un nuova fase politica. Sei anni di governo socialista si sono conclusi con le dimissioni di José Sócrates, inevitabili se si tiene conto dell’entità della sconfitta subita dal Ps.
Questa svolta è dovuta in buona parte al voto di protesta contro Sócrates, a causa del bailout, della crisi economica e del fallimento dello stile di governo da lui adottato. In altre parole, è stato quasi più forte il desiderio di vedere il primo ministro uscente chiudersi la porta del suo ufficio alle spalle che vedere il leader del Partito socialdemocratico e probabilmente prossimo premier Pedro Passos Coelho salire le scale del palazzo di São Bento, sede il governo.
Questo spiega la difficile sfida con cui si troverà alle prese colui che dovrà guidare la nuova maggioranza di centrodestra. Benché la sua sia stata una vittoria con un ampio margine, Passos Coelho sa bene di non aver conquistato fino in fondo la fiducia dei portoghesi e che sarà messo alla prova in un clima rovente: l’entrata in vigore del rigido e inflessibile programma messo a punto dalla troika.
Il panorama politico è cambiato, ma – com’era prevedibile – il Portogallo oggi è emerso dalla campagna elettorale come se essa fosse stata un semplice intermezzo tra la firma dell’accordo con la troika e l’inizio dell’attuazione di quello che è veramente il programma del governo. In pratica, siamo ritornati all’incubo dopo una pausa di poche settimane, durante le quali abbiamo semplicemente scelto chi sarà incaricato di attuare il programma.
Giacché dobbiamo fare ritorno alla realtà, sappiamo che sarà possibile attuare tale accordo soltanto con il coinvolgimento delle tre componenti della troika, non necessariamente sotto forma di un governo a tre, ma sicuramente sotto forma di solide intese parlamentari. Ci saranno innumerevoli ostacoli all’applicazione del programma, dalle proteste sociali al dibattito sulla costituzionalità dell’accordo.
In ogni caso le dimissioni di Sócrates sono state un sollievo per i socialisti. Il suo governo aveva ormai fatto il suo tempo, e adesso il partito ha l’opportunità di darsi una nuova immagine. Questo è un processo normale in democrazia e in ciò non vi è nulla di drammatico. I socialisti potranno riflettere sugli errori commessi, per ridefinire il ruolo del partito nella società portoghese e reimpostare il dibattito a livello interno evaporato sotto la leadership di Sócrates.
Qualche parola ancora sull’astensione. Quest’ultima è stata più elevata del 2009 e ha toccato il record assoluto, segno allarmante che la crisi ha ispirato più indifferenza che impegno. Non meno preoccupante è il fatto che i nominativi degli uffici elettorali siano del tutto sfasati rispetto alla realtà e nessuno se ne preoccupi. Se fossero aggiornati, l’astensione sarebbe inferiore e il rigore maggiore. C’è qualcuno a cui interessa?
Traduzione di Anna Bissanti da Publico per PressEurop
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