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Sciopero di 200 mila minatori scuote la Colombia

Vengono implementate una serie di norme legislative repressive che rendono formalmente illegali le tradizionali pratiche estrattive. La legislazione nega la possibilità di sostentamento dei piccoli minatori artigianali, dichiarandoli fuori legge e per questa via tratta i lavoratori come sovversivi, aprendo la strada all’impiego di mezzi militari nella soluzione delle contraddizioni sociali.

La mobilitazione del settore minerario si va a sommare alla lotta mantenuta dalle comunità del Catatumbo (altra regione già svenduta sotto banco alle multinazionali), a cui il governo continua a negare il diritto alla costruzione della propria Zona di Riserva Contadina.
Come sempre, in piena continuità con il narco-paramilitare Uribe e coerentemente con il discorso fascista del governo Santos, la mobilitazione popolare è stata nuovamente indicata come infiltrata o diretta dalla guerriglia. Sembra un disco rotto, il governo sa impiegare sempre e solo le stesse quattro parole in tutte le situazioni in cui la sua stessa politica si scontra con la propria insostenibilità e si trova costretto a fare i conti con la rabbia popolare.

Le politiche del governo aprono fronti di lotta sociopolitica praticamente in ogni settore della società colombiana e se questi fossero invariabilmente orientati dalla guerriglia, la logica conseguenza sarebbe che il movimento guerrigliero è egemone presso la stragrande maggioranza della popolazione colombiana. Cadrebbe così, sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, un altro dei miti governativi spacciato per anni in Colombia e all’estero nel tentativo di ingannare l’opinione pubblica intorno alla realtà del conflitto: che la guerriglia sia decimata e isolata dal popolo.

Nella misura in cui la ricerca di una soluzione politica e dialogata al conflitto sociale e armato colombiano passa per la soluzione delle cause che lo hanno generato, le politiche del governo devono cambiare e muoversi in modo coerente e concorde con il supremo obiettivo della costruzione della Pace. La militarizzazione del territorio, la repressione poliziesca dei movimenti sociali e politici, la svendita delle risorse strategiche del paese a interessi esteri per attrarre “investimenti” a detrimento della vita dei colombiani e della sovranità e indipendenza del paese, non fanno altro che muoversi nella direzione opposta a quella della Pace e manifestano l’inadeguatezza di Santos di fronte all’opportunità storica rappresentata dai dialoghi dell’Avana.

da Nuova Colombia

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