Siria, parola d’ordine: soffocare le proteste
Damasco – Questa mattina i carri armati e l’esercito siriano sono entrati nelle cittadine di Deraa, e Douma con il chiaro tentativo d’indebolire e terrorizzare le comunità d’insorti più radicate del paese prima del prossimo venerdì. I morti sono già saliti in poche ore a venticinque.
Il governo sa perfettamente che il tempo è favorevole agli insorti, che continueranno, giorno dopo giorno ad acquisire maggiore consenso popolare, mostrando l’evidente debolezza del governo; oggi il sindaco di Quneitra si è dimesso, due giorni fa, tre parlamentari di Deraa hanno deciso di auto- sospendersi, conclamando come il problema stia diventando anche politico.
I morti dall’inizio di questa insurrezione popolare sono saliti a 352, con un incremento del 50% in queste ultime due settimane; ieri, nella cittadina di Jabla, vicino a Lattakia sono stati uccisi altri tredici civili, sempre dalle forze armate. L’esercito, e in particolare le brigate a guida alawita che vengono utilizzare per questo lavoro sporco, sono state mobilitate direttamente dalle autorità militari; la popolazione sta cercando di difendersi come può, perché è per la stragrande maggioranza disarmata. La scorsa settimana l’ambasciata francese e in seguito quella britannica hanno consigliato ai propri cittadini di lasciare il paese, il prima possibile, andando persino a prelevare coloro che si trovavano in regioni particolarmente pericolose, come Homs.
Il governo ha deciso di non rinnovare più i visti lavorativi dei cooperanti stranieri che, impiegati presso Ong e network di cooperazione allo sviluppo si trovano nel paese, chiaro segnale che il peggio deve ancora arrivare.
Ci troviamo ormai di fronte ad una repressione cieca; l’unica risposta nei confronti dei manifestanti, dopo l’abolizione delle leggi di emergenza, è stata quella violenta.
Una minoranza della comunità cristiana, in Douma, ha inoltre deciso di prendere parte alle manifestazioni contro il regime, aspetto quest’ultimo che sottolinea come gli appelli all’unità dei siriani stia in fondo riuscendo a raggiungere parzialmente il proprio obiettivo; ieri, giorno di Pasqua, uno di questi giovani cristiani è stato ucciso e oggi, ai suoi funerali, le persone hanno urlato lo slogan, a sostegno della madre: di essere tutti suoi figli.
La comunità internazionale continua a condannare la violenza senza prendere una posizione più incisiva sia dal punto di vista politico che economico; il disinteresse verso i manifestanti e i morti siriani è imbarazzante; a differenza di quanto è successo in Egitto, è chiaro che una più intransigente posizione dell’Occidente otterrebbe il risultato d’incentivare le dichiarazioni bellicose di Hezbollah e di Teheran; il profilo basso assunto tuttavia dalla comunità internazionale non giova ai giovani siriani che stanno morendo in grande quantità.
Marco Demichelis
Università degli Studi di Torino
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ps: (redazione Infoaut) – Questo contributo esprime le posizioni del prof. Demichelis che conosciamo e di cui appezziamo il lavoro puntuale e approfondito. Non necessariamente ne condividiamo tutte le sfumature, specie l’ultimo capoverso in cui l’invito a prendere una più forte posizione da parte della cosiddetta “comunità internazionale” ci sembra un po troppo arrischiare inviti a una soluzione interventista occidentale del tipo libico, che ovviamente avversiamo e non auspichiamo.
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