InfoAut
Immagine di copertina per il post

Siria, Yemen, Egitto Bahrain. La primavera che si fa largo

Un venerdì della collera che nella scorsa settimana ha acceso numerose piazze del grande paese arabo della protesta contro il regime e la crisi. A Damasco le iniziative del movimento sono state segnate dalla richiesta di liberazione delle decine e decine di prigionieri politici o provenienti dal mondo dell’associazionismo e dell’informazione. Ma per raggiungere la piazza più incisiva e determinata dobbiamo andare a sud e lasciare la capitale.

Daraa una città importante di una regione che vive soprattutto di agricoltura dove forse il mix tra un proletariato giovanile altamente scolarizzato, disoccupazione e repressione potrebbe divenire una miscela sociale davvero esplosiva che fa subito tornare alla mente di molti commentatori le prime giornate di protesta tunisine nella regione del Regueb. Usciti da scuola venerdì, una quindicina di ragazzini di Daraa sono stati notati dalle forze di sicurezza mentre tracciavano sui muri scritte anti-regime, soprattutto l’ormai famoso slogan trans-arabo “il popolo vuole la caduta del regime”, tratti in arresto, la rabbia dei manifestanti già pronti a scendere in piazza, si è scatenata per la giornata di iniziativa del movimento. Decine di migliaia in strada, scontri, lacrimogeni e poi proiettili (che lasciano a terra 5 manifestanti), è iniziata così la prima prova tecnica di movimento in Siria. “No alle leggi d’emergenza. Siamo un popolo innamorato della libertà” questo lo slogan che il movimento gridava domenica tentando di raggiungere gli edifici del governo regionale subito dopo i funerali dei manifestanti uccisi. Ma ancora una volta lacrimogeni e spari. Muore un altro giovane manifestante. Il regime ha annunciato l’apertura di inchieste sui fatti accaduti, ma non ha mostrato nessun segno di apertura alle rivendicazioni della piazza che introducono la piattaforma di lotta con la richiesta della fine immediata delle leggi d’emergenza in vigore in Siria dal 1963.

[Alcune fonti parlano che proprio in questi minuti (13h ore italiane) una grande manifestazione sta attraversando la città di Daraa. I manifestanti urlano “rivoluzione, rivoluzione”, e l’esercito sembra che stia prendendo posizione intorno alla città.] 

 

La piazza yemenita si trova in queste ore in un momento cruciale. Un movimento variegato e ricco di sfumature tra opposizioni politiche e composizione sociale che vede al centro gli studenti e le studentesse universitari come volano e punto di forza. Una delle primissime piazze a salutare le insurrezioni tunisine ingaggiando un conflitto durissimo contro il regime. Tenaci e coraggiosi con un piano di radicali riforme politiche e indispensabili nuove forme di distribuzione della ricchezza si stanno scontrando con le forze di polizie e le milizie filo governative.

Nei giorni scorsi l’escalation di violenza del regime: si contano più di 50 morti per arma da fuoco tra i manifestanti, e il regime inizia a tremare per un terremoto sociale che aumenta invece di rifluire. In queste ore veniamo a conoscenza che uno dei principali ufficiali dell’esercito yemenita, Ali Mohsen Al-Ahmar si è schierato insieme alle sue truppe dalla parte del movimento e diversi militari di tutte le gerarchie stanno intervenendo, in segno di partecipazione e solidarietà, dal palco del sit-in permanente in prossimità del campus universitario di Sanaa, mentre altri carri armati, plotoni e tank hanno preso posizione intorno al palazzo della presidenza in segno di difesa del regime. A margine dei funerali dei tanti manifestanti uccisi anche le più alte autorità religiose hanno annunciato la propria volontà di accogliere le istanze del movimento esortando le forze della repressione a cessare con le violenze. Diversi ambasciatori dello stato yemenita stanno rassegnando dimissioni, così come il governatore della città di Aden (la seconda del paese). Sembra l’effetto a catena che succede allo scioglimento del governo ordinato ieri notte dal presidente Ali Abdullah Saleh. 

 

In Egitto siamo alla resa dei conti tra il movimento da una parte e gli islamisti, l’esercito e il partito PND (il partito di Mubarak) alleati nella campagna referendaria per il “si”. Vincono questi ultimi su l’affluenza alle urne del 40%. A perdere invece sono i Giovani della Rivoluzione del 25 gennaio, l’Associazione Nazionale per il cambiamento di Al-Baradei, il partito Ghad, i comunisti di Tagammu, i liberali Wafad, il partito nasserista, e il partito del Fronte Democratico che avevano lanciato la campagna per il “no”, ovvero nessuno spazio per riformare l’attuale costituzione ma avviare immediatamente i lavori per allestire una costituente capace di dare ragione della rivoluzione del 25 gennaio.

Con la vittoria dei “si” passano in blocco alcuni emendamenti alla costituzione, che sembrano agli occhi di molti solo delle riforme formali quanto parziali, e comincia la campagna elettorale per le prossime elezioni. Sia i fratelli musulmani e il loro nuovo partito Libertà e Giustizia che l’NPD il partito di Mubarak si trovano ora in netto vantaggio nella campagna elettorale forti i primi dell’organizzazione ormai secolare in Egitto (che si traduce con potenza economica e influenza politico-culturale e sociale) e i secondi che godono ancora del sistema lobbistico ancora in piedi dopo la cacciata del vecchio rais.

Le altre organizzazioni politiche e le espressioni d’opposizione della società civile non dispongono degli stessi mezzi degli avversari ed alcuni neanche della volontà politica di concorrere in un sistema partitico che denunciano già come espressione della contro rivoluzione in atto. Nelle settimana precedenti d’altronde l’esercito aveva attuato un ripiego ultra repressivo contro le organizzazioni sociali più avanzate nella lotta e aveva represso e criminalizzato duramente tutti gli eventi di conflitto che alludevano alla volontà popolare di voler andare fino in fondo nell’ottenimento degli obiettivi della piazza rivoluzionaria. Aperture politiche formali (come lo scioglimento della polizia politica) si erano succedute ad arresti indiscriminati, processi da corte marziale contro attivisti e manifestanti che durante i sit in di protesta sono stati attaccati dalle manganellate elettriche della celere e dell’esercito. Ieri pomeriggio sfidando il copri fuoco e lo stato d’emergenza in migliaia hanno raggiunto comunque piazza Al-Tahrir gridando “Aizin dostur gadid”, (vogliamo una costituzione nuova) e poi no alla contro-rivoluzione, segno che il movimento egiziano tiene posizione e ha chiaro ormai il panorama delle alleanze e delle controparti dello scenario politico post-Mubarak. 

 

In Bahrain il re Hamad bin Isa Al-Khalifa dopo la repressione del fine settimana, forte delle armate degli altri paesi del golfo, parla di un piano eversivo orchestrato dall’estero (Iran) per destabilizzare il paese. Molti leaders del movimento sono stati arrestati e dopo aver sgomberato la piazza dove erano stato allestito l’accampamento dei manifestanti, aver butatto giu e demolita la statua della perla “ritenuto elemento perturbatore dell’ordine pubblico”, la corona bahrenita tenta di utilizzare la supposto ingerenza iraniana per dividere il movimento, che però fin dai primi cortei e sollevazioni di piazza ha rifiutato nettamente la divisione tra sciiti e sunniti, reclamando insieme, giustizia sociale e riforme politiche.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

maghrebmedioorientesiria

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Trump ribalta Zelensky facendo dissolvere la falsa coscienza dal capitalismo “liberale”

Terre rare, materie prime, il dollaro come valuta di riferimento, porte spalancate ai capitali americani e i risparmi nazionali dritti dritti nei portafogli di società Usa. In meno di una riga di post, il neo-presidente, attaccando l’omologo ucraino, ha riassunto la dottrina che gli Stati Uniti hanno seguito per anni. L’Europa balbetta, proponendo solo nuova […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: corrispondenza dall’Indonesia tra il neogoverno Subianto e le prime mobilitazioni dal basso

Levante: nuova puntata, a febbraio 2025, dell’approfondimento mensile di Radio Onda d’Urto sull’Asia orientale, all’interno della trasmissione “C’è Crisi”, dedicata agli scenari internazionali. In collegamento con noi Dario Di Conzo, collaboratore di Radio Onda d’Urto e dottorando alla Normale di Pisa in Political economy cinese e, in collegamento dall’Indonesia, Guido Creta, ricercatore in Storia contemporanea dell’Indonesia all’Università Orientale di […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tajani non sei il benvenuto! Comunicato dell’Intifada studentesca di Polito

Dopo più di un anno di mobilitazioni cittadine, di mozioni in senato e di proteste studentesche, il Politecnico decide di invitare il ministro degli esteri all’inaugurazione dell’anno accademico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

150 realtà politiche e sociali si incontrano a Vienna per la People’s Platform: alcune valutazioni sulla 3 giorni

Riprendiamo da RadioBlackout: Centinaia di organizzazioni politiche e sociali, per un totale di 800 delegati/e, si sono incontrate a Vienna tra il 14 ed il 16 febbraio in occasione della People’s Platform Europe. Si è trattato di un incontro internazionalista organizzato da collettivi e realtà vicine al movimento di liberazione curdo con l’obiettivo di creare […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Negoziati in Ucraina: Trump e Putin gestiscono le sorti dell’Europa

A seguito di una propaganda elettorale incentrata sulla risoluzione in Ucraina, dopo un lungo scambio con Putin nelle ultime ore, Donald Trump avvia i negoziati per poi farli accettare a cose fatte a Zelensky.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas ha annunciato il rinvio dello scambio di prigionieri: Perché e perché ora?

Hamas si trova attualmente in una posizione in cui deve fare del suo meglio per negoziare l’ingresso di aiuti sufficienti a Gaza, assicurando al contempo la fine della guerra e la formazione di un’amministrazione post-bellica in modo che il territorio possa essere rilanciato e ricostruito. di Robert Inlakesh, tradotto da The Palestine Chronicle Lunedì, il […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: giustizia per Samir Flores Soberanes! 6 anni di impunità

Questo 20 febbraio si compiono 6 anni dal vile assassinio del nostro compagno Samir Flores Soberanes. Sei anni nella totale impunità di un governo che funge da mano armata per il grande capitale. da Nodo Solidale Samir è stato ucciso da 4 colpi di pistola davanti a casa sua ad Amilcingo, nello stato messicano del […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Un unico modo per sconfiggere il Fascismo Israeliano: Ilan Pappé sulla giustizia globale

Riprendiamo l’articolo tradotto di invictapalestina. English version Dobbiamo ancora credere che, a lungo termine, per quanto orribile sia questo scenario che si sta sviluppando, esso sia il preludio a un futuro molto migliore. Di Ilan Pappe – 7 febbraio 2025 Se le persone vogliono sapere cosa ha prodotto in Israele l’ultimo folle e allucinante discorso […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il progetto imperialista USA-Israele su Gaza e gli sviluppi sul cessate il fuoco

L’amministrazione Trump ha gettato la maschera esplicitando il progetto coloniale e imperialista che lo accomuna al piano sionista di Israele, attraverso dichiarazioni shock senza precedenti il Presidente degli Stati Uniti parla di deportazione e pulizia etnica del popolo palestinese in mondovisione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Fronte Popolare: Gaza non è proprietà di Trump e qualsiasi sogno di controllarla è puramente illusorio

Il destino di qualsiasi forza di occupazione statunitense non sarà diverso da quello dell’occupazione sionista.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Intervista esclusiva all’Accademia della Modernità Democratica e Foza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del Partito di Unione Democratica (PYD)

Abbiamo avuto l’occasione di realizzare questa intervista all’Accademia della Modernità Democratica con al suo interno un contributo (citato tra virgolette) di Forza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del PYD..

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: attacchi continui (ma respinti) dei turcojihadisti tra Manbij e la diga di Tishreen. L’aggiornamento con Jacopo Bindi dell’Accademia della Modernità Democratica

Nella Siria del Nord e dell’Est, dove da una dozzina d’anni è attiva l’esperienza rivoluzionaria dell’Amministrazione autonoma (Rojava), continuano gli attacchi incessanti contro le Forze democratiche siriane. Aerei da guerra turchi e droni dal cielo, oltre ai mercenari turcojihadisti via terra, colpiscono i fronti sud ed est di Manbij, per cercare di avanzare nella regione della […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: le SDF resistono agli attacchi turco-jihadisti. Il punto con il giornalista Murat Cinar

Le Forze democratiche siriane continuano la propria resistenza agli attacchi di stato turco e milizie jihadiste del sedicente Esercito nazionale siriano, controllato da Ankara.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato dei combattenti italiani Ypg sulla situazione in Siria

Ripubblichiamo l’appello dei combattenti italiani Ypg uscito in questi giorni sulla situazione in Siria

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra globale, una sola egemonia da garantire

Ich kenne Schritte die sehr nützen und werde euch vor Fehltritt schützen Und wer nicht tanzen will am Schluss weiß noch nicht dass er tanzen muss Io conosco passi che sono molto utili  e che vi proteggeranno dai passi falsi  e chi alla fine non vuole ballare  non sa ancora che deve ballare (Amerika – […]