Tunisia: censura e repressione non fermano gli scioperi.
Insomma la data della costituente è fissata. Ci saranno partiti entusiasti, altri meno come quelli usciti da soli 5 mesi dalla clandestinità o formatesi da pochi giorni. Dopo l’affare Rajhi la tensione sociale si era fatta alta, altissima, e parte dell’agenda politica istituzionale sembrava ormai saltata. Ci è voluto il coprifuoco, censura e violentissima repressione per contrastare il ritorno in grande stile nelle piazze e nelle strade del “degage” gridato dal movimento rivoluzionario, dai giovani alla ricerca della terza, quarta, quinta Kasbah (sit-in di massa contro il governo di transizione). Centinaia di arresti, tra cui diversi mediattivisti, pestaggi contro giornalisti e passanti, e poi ancora una volta le pallottole che hanno ucciso un manifestante, gli stupri e le violenze in caserma.
E la calma sembrava essere tornata, soprattutto nella capitale. Eppure ieri la visita di 7 ministri nella regione del Regueb non è stata accolta né con gli applausi e né con il silenzio, ma con uno sciopero generale. Tutta la regione si è fermata per contestare il governo di transizione Essebsi. Diversi cortei hanno sfilato dalla periferia al centro della città per poi confluire in una piazza che si è mutata in poco tempo in un presidio permanente: spazio di pressione al suon di degage e di partecipazione collettiva tra studenti, giovani proletari, sindacalisti, medici, avvocati e abitanti dei quartieri.
Gli scioperi generali accolgono i ministri in una Tunisia tra reazione e inziativa dei movimenti, il cui governo di transizione mentre mostra i muscoli dell’epoca Ben Ali, inizia a perdere qualche pezzo. La scorsa settimana Slim Amamou, segretario di stato alla gioventù e allo sport si è dimesso, e durante alcune interviste ha confermato l’esistenza di un governo ombra, già citato da Rajhi durante l’intervista infuocata delle settimane scorse. Slim, blogger e oppositore di lunga data del regime di Ben Ali, era stato incarcerato lo stesso giorno in cui ElGeneral, il rapper della rivoluzione tunisina, veniva condotto in cella dalla polizia del rais. Scappato Ben Ali, il giovane blogger era stato chiamato a prendere parte del governo di transizione. Non gli bastarono le fucilate contro i manifestanti (almeno 10 morti) durante la Seconda Kasbah per dimettersi, e dopo i governi Ghannouchi continuò il suo lavoro per Essebsi… scatenando le ire del movimento rivoluzionario, dei blogger dissidenti una volta suoi amici e compagni di lotta che in diverse forme si dissociarono dalle prese di posizione del giovanotto divenuto ministro. Membro del Partito Pirata transnazionale [altra cosa del partito pirata tunisino], nelle scorse settimane si era occupato di un caso di stupro da parte della polizia avvenuto in un caserma ai danni di un manifestante che tramite Slim era riuscito a trovare un medico che certificasse la violenza. Chissà se sarà stato questo evento a far decidere ad Amamou di abbandonare l’incarico come le reti della cyber opposizione tunisina gli richiedeva da mesi.
Sicuramente le sue dimissioni arrivano mentre la cyber-censura è tornata a colpire le voci dissidenti e rivoluzionarie del movimento.A partire dal 5 maggio la scure è calata prima sulla pagina di Jalel Brick, poi su quella del collettivo Takriz (un cyber think thank del movimento rivoluzionario tunisino, tra web, curve, e barricate e con più di 60000 “i like” nella pagina fb) ed infine su altri due siti ancora: su impulso dei giudici del tribunale militare, l’Agencie Tunisienne d’Internet li ha resi irraggiungibili. Traballanti e dal retrogusto pretestuoso le dichiarazioni rilasciate in merito da Moez Chakchouk, direttore generale dell’ATI, il quale ha definito l’operato dell’ente sottoposto alla sua responsabilità come «filtraggio, non censura», attuato sotto l’impulso di ordini superiori nonché in piena trasparenza e legalità. Parole che non devono aver particolarmente rassicurato gli attivisti tunisini, visto il polverone di polemiche alzatosi contro questo provvedimento. Ed infatti da questa mattina la pagina fb di Trakriz è letteralmente sparita, non più solo filtrata (e comunque raggiungibile tramite https), ma irraggiungibile, molto probabilmente per la volontà di facebook che ha accolto le pressioni delle istituzioni tunisine.
E’ in questo contesto che sono arrivate le dichiarazioni di Obama, tra indurimento della repressione, rilancio dell’iniziativa reazionaria e cappa censoria in perfetto stile Ben Ali, ma d’altronde si sa quando si promettono milioni di dollari di credito la piazza deve essere immobile, immobilizzata, e la rete deve stare zitta, silenziata… ma per quanto? Regueb con il suo sciopero generale ha già iniziato a rovesciare la situazione.
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