Firenze. Il Block Friday blocca lo shopping
Block Friday. Sono migliaia i giovani che iniziano a radunarsi in piazza della Repubblica poco dopo le nove. È il quarto Climate Strike.
La pioggia non dà tregua. I numeri sono ancora una volta importanti, ma meno che mai scontati. Il segno di un movimento che con il tempo ha smentito i detrattori delle prime ore almeno su questo punto: no, non è “solo un fenomeno mediatico”, non è “solo un evento” dopo il quale non resta nulla. È un movimento, ed è arrivato per restare.
Inizia la manifestazione, e non è un “semplice” presidio. Con un flash-mob alcuni studenti rappresentano in piazza un pianeta “travolto” e devastato dagli scarti tessili di un sistema consumistico insostenibile. “Il collasso del nostro pianeta è iniziato” – e ancora – “dichiaramo che è nostro compito agire per il nostro pianeta e la nostra comunità, ci dichiaramo in rivolta contro il nostro governo che ha buttato il nostro interesse comune in nome del guadagno e dell’interesse privato”.
Si parte.Gruppi di centinaia di studenti si muovono come sciami dal centro della piazza per avvicinarsi agli store dei grandi marchi multinazionali dove le vetrine annunciano il Black Friday. La contestazione è determinata, bella, gioiosa. Il primo obiettivo dei climate strikers è l’Apple Store. Poi Rinascente, Zara, H&M, Benetton. I negozi delle multinazionali vengono di fatto bloccati per alcune decine di minuti da muri umani di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 18 anni. La banda suona i tamburi. Alcuni ballano. Altri spiegano con i megafoni perchè in questo Black Friday sono lì per protestare e non per comprare. Anche sotto la pioggia.
Sono passati nove mesi dal primo sciopero globale. Per già tre volte Firenze ha visto fiumi di studenti delle scuole superiori e non solo riempire le piazze più grandi della città. È in quelle piazze che questo movimento, questa comunità trasversale di giovanissimi, si è formato e ha iniziato a riconoscersi, a parlarsi e parlare con un linguaggio comune. L’urgenza di difendere il proprio futuro di fronte a una catastrofe annunciata quanto ignorata da chi potrebbe fermarla. La consapevolezza di un sistema ostile determinato a mettere i profitti sopra ogni buon senso orientato al bene comune. Un deciso scetticismo verso la politica che conta che fa troppe chiacchiere e pochi fatti (ma spesso scalcia per qualche selfie con la faccia verniciata di verde). Riconoscersi – con i propri bisogni, pensieri, desideri, preoccupazioni comuni – per poi andare a riconoscere i propri nemici. Questo, forse, il senso vero della giornata di oggi e del suo successo.
Insomma, con buona pace dei detrattori di cui prima, il movimento è tale e si è messo in cammino. Il tempo che ha diviso il Climate Strike del 29 settembre dal Block Friday di oggi non è stato tempo di attesa. Ogni venerdì la protesta ha battuto il suo ritmo: dalle iniziative costanti degli attivisti agli straordinari momenti di partecipazione e contestazione degli school strike che hanno portato in già quattro scuole della città la pratica di uno sciopero nuovo e di massa. La radicalità del movimento non è una radicalità di estetiche né di enunciazioni, ma di sostanza. Dieci anni di crisi infinita sono scorsi sotto l’ossessione della ricerca del rilancio dello sviluppo e della crescita di questo sistema. I ragazzi di FFF non si preoccupano dello spread, ma di come le possibilità di vita e anche di sopravvivenza su questo mondo sono compromesse da questo sistema economico e sociale. La questione ambientale e climatica è un campo di battaglia scelto da una generazione che guarda a un’alternativa. Il Black Friday era sicuramente il giorno giusto.
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