Gran Bretagna: cemento “a scadenza”
La chiamano già la “crisi del cemento”. Nel Regno Unito sono state chiuse 150 scuole perché rischiano di crollare, ma la lista degli edifici scolastici a rischio in tutta la Gran Bretagna sale di ora in ora e potrebbe comprendere anche case di cura, ospedali, ambulatori medici e uffici.
Gli edifici a rischio sono quelli costruiti con un particolare tipo di cemento: il Raac (reinforced autoclaved aerated concrete, ovvero il calcestruzzo cellulare autoclavato). Questo tipo di materiale ha vissuto un particolare successo nella metà degli anni ’50 del novecento come alternativa più economica e leggera al cemento armato tradizionale ed è stato utilizzato fino all’inizio degli anni ’90.
Il calcestruzzo aerato autoclavato rinforzato (RAAC) è un calcestruzzo più leggero dell’80% rispetto al tradizionale per via del modo in cui è stato realizzato. E’ prodotto combinando una miscela di cemento, calce, acqua e agente di aereazione, che lo rende estremamente poroso e di conseguenza meno resistente.
Ha una resistenza alla compressione decisamente inferiore al calcestruzzo tradizionale e la sua porosità lo rende permeabile all’acqua, esponendo le armature interne a fenomeni di ruggine e corrosione. Pesa un terzo del cls normale dato che non contiene aggreganti grossolani ed è meno denso.
I problemi strutturali relativi al RAAC sono iniziati a emergere pubblicamente nel Regno Unito proprio negli anni ’90. Le preoccupazioni si sono amplificate nel 2023 in seguito alle notizie di un precedente crollo del tetto di una scuola elementare britannica, caduto senza preavviso nel 2018. La natura del materiale rende difficile individuare questi problemi prima del crollo, tanto che il Dipartimento dell’Istruzione ha disposto la chiusura d’emergenza di alcune scuole a causa del rischio per gli alunni.
Il problema era già noto da tempo: negli anni ’80 viene stimata una durata di vita di 30 anni per questo materiali, i cedimenti dei pannelli di copertura Raac negli edifici degli anni ’50 erano inevitabili. Gli ingegneri hanno anche scoperto che alcuni pannelli erano troppo sottili per la distanza che dovevano coprire, alcuni mancavano di acciaio sufficiente per ancorarli alle strutture verticali e i tetti che perdevano hanno innescato un “rapido peggioramento” della corrosione dell’acciaio.
Uno dei problemi è che non esiste un registro degli edifici costruiti con questo materiale, particolarmente difficile da identificare se non una volta tagliato quando rivela la sua caratteristica struttura a nido d’ape completamente diversa dalla norma.
Ora la “crisi del cemento” sta creando un significativo problema al governo Sunak. Gli alunni delle 150 scuole finora individuate non rientreranno in classe con l’inizio dell’anno scolastico, ma soprattutto il governo britannico è accusato di aver a lungo ignorato un problema noto da decenni e di aver continuato a perseguire la strategia di definanziamento dell’edilizia pubblica scolastica.
“Nel 2021 sono rimasto strabiliato dalla decisione del governo di dimezzare la ristrutturazione degli edifici scolastici da 100 a 50 all’anno, quando la nostra richiesta era invece di raddoppiare il programma di investimenti per coprire i lavori su 300/400 scuole ogni anno”, ha detto alla BBC l’ex funzionario del ministero dell’Istruzione, Jonathan Slater, accusando Sunak, allora Cancelliere dello Scacchiere del governo Johnson, di aver fatto economia “senza considerare i nostri dati che dimostravano come il mancato finanziamento del programma di ricostruzione delle strutture scolastiche non solo rappresentasse un ‘pericolo significativo’ di fatalità ma fosse addirittura un ‘rischio critico’ per la vita di studenti e personale scolastico”, ha dichiarato ancora Slater.
Il grafico di seguito elaborato dalla BBC mostra l’andamento degli investimenti sull’educazione in Gran Bretagna negli ultimi anni:
Viene rilevato un crollo dopo il 2010 in concomitanza con il governo di coalizione tra Liberal Democratici e Conservatori che vide David Cameron come primo ministro.
Ma il tema del cemento “a scadenza” non riguarda solo il RAAC: questo materiale ha un ciclo di vita naturale, alla fine del quale gli edifici per essere mantenuti in sicurezza necessitano una manutenzione costante e costosa. Per approfondimenti rimandiamo ancora una volta al libro “Cemento. Arma di costruzione di massa” di Anselm Jappe. Come scrive Maria Cariota: “Jappe evidenzia come il cemento abbia trasformato le costruzioni in merci, elementi ad obsolescenza programmata da disfare e rifare. L’autore definisce questo materiale come il lato concreto dell’astrazione capitalista, che sacrifica l’utilitas (le esigenze degli abitanti) alle logiche economiche, che mirano alla quantità senza distinzioni qualitative e che sono però riuscite a presentarsi, sia al centro sia alla periferia del mondo, come insuperabili e desiderabili.”
Ora la storia, anche quella “minima”, inizia a presentare il conto e l’impressione è che dato il tempo intercorso siamo solo all’inizio di questa “crisi del cemento” che avrà una portata internazionale. In paesi come il nostro dove il cemento tutt’ora rappresenta un dogma intoccabile il tema dell’edilizia pubblica riemerge solo dopo le periodiche tragedie che colpiscono la popolazione ed il tema della prevenzione è completamente assente dall’agenda politica. Quanti sono realmente gli edifici in via di “scadenza” e quali vie di uscita dall’egemonia dell’arma di costruzione di massa ci immaginiamo? Domande concrete, con cui sarebbe meglio non trovarsi a fare i conti troppo tardi.
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