I 20000 di Bologna: se il pianeta fosse una banca sarebbe già stato salvato
Una risposta sbalorditiva oggi all’appello di Greta a Bologna, dalle tantissime studentesse e studenti che hanno svuotato gli istituti e si sono presi piazze e strade del capoluogo emiliano. Dopo un lungo inverno, incrinatosi solo lo scorso fine settimana con le migliaia di partecipanti alla marea femminista di Non Una di Meno, il nuovo sciopero del clima è riuscito a portare un’aria nuova e potente in città.
Fin dalle prime mosse in Piazza Maggiore, dove si è dato il concentramento, è stato subito chiaro il segno impresso alla giornata da una nuova generazione di protesta determinata e creatrice, più che creativa: nei cartelli contro il paradigma capitalista e banco-centrico che antepone i profitti all’ambiente; in quelli contro il negazionismo climatico e l’anti-ecologismo di Trump e Bolsonaro; nelle scritte in difesa del pianeta in diverse lingue; nei cori intonati dall’inizio alla fine del percorso e negli interventi ostili al modello di sviluppo delle grandi opere inutili…ovunque si leggeva la voglia e l’urgenza di cominciare qualcosa di diverso e migliore della vuota retorica del paternalismo liberale e sovranista.
Impressionante il colpo d’occhio della mobilitazione, che sul proprio cammino ha paralizzato tutti i punti simbolo del centro cittadino: le due torri, la zona universitaria di Piazza Verdi, le commerciali via indipendenza, ugo bassi, marconi, la stazione e il parco della montagnola. Ventimila studentesse e studenti – ma anche maestre e maestri ed i loro piccoli alunni delle scuole Dozza, Longhena e di altri istituti – hanno così infranto il percorso concordato e l’odioso reato di blocco stradale del Decreto Sicurezza di Salvini, finendo per irrompere in Consiglio Comunale e bloccare anch’esso. “Andiamo dove ci
pare!”
La battaglia contro il sistema ed il suo modello di sviluppo è iniziata e anche le bandiere no tav erano in corteo a ricordarlo: tutte e tutti a Roma il 23 marzo, da tutta Italia contro il cambiamento climatico e le grandi opere imposte!
Di seguito il comunicato del Collettivo Autonomo Sutdentesco di Bologna:
E’ Sciopero Globale ambientalista (e anticapitalista)!
Almeno 20.000 persone. Una folla oceanica ha invaso Bologna questa mattina. Non semplice riuscire a ragionare a caldo e in maniera sintetica su quanto avvenuto. E’ quasi impossibile trovare una sintesi nelle emozioni, nei volti, nella determinazione delle migliaia di giovanissimi che hanno paralizzato la città. Perché è questo il primo dato: una piazza principalmente composta da giovanissimi, soprattutto under 18.
L’altro dato lampante è la voglia di protagonismo, di autorganizzazione. Tutti hanno voluto portare il proprio cartello o striscione da casa o da scuola. Decine di slogan: da quelli che vanno da una generica denuncia del disastro ambientale, anche poco interessanti, spesso fuorvianti, a tanti altri, che con lucidità, hanno individuato i veri responsabili del disastro ambientale in corso. C’è da dire che questo è movimento nuovo e mai visto recentemente che sicuramente maturerà vista l’importanza di questa lotta, dato che senza essa andiamo incontro ad un futuro sempre più incerto. L’attacco complessivo al modello di sviluppo capitalista, al modello delle grandi opere. Tanti i cartelli e le bandiere No Tav. Ma anche tanti i cartelli e le prese di parole sulle scelte politiche cittadine: dal No al passante di mezzo, alla difesa del Bosco dei prati di caprara. Tanti gli attacchi anche a Salvini e all’attuale governo.
“15 marzo, sciopero globale, la nostra lotta non si può fermare”; “Ambientalismo, anticapitalismo”. Questi i principali cori che il corteo, con forza e rabbia, scandiva, trasmettendoli dalla testa alla coda. Quando la testa ha imboccato per la prima volta via Indipendenza la coda era ancora sotto le due torri.
Stupore per numeri impressionanti. Stupore per la lucidità e la consapevolezza che a larghi tratti ha dimostrato questo corteo. Ma fino ad un certo punto. Solo chi in questi anni, in questi ultimi mesi, non è stato presente nelle scuole, nei capannelli, sulle panchine di quartiere, non riusciva ad immaginare una esplosione simile. Perché va bene la spinta e lo sciacallaggio mediatico e politico, ma oggi c’era tanto, molto di più. C’era soprattutto una voglia di presa di parola e di protagonismo che per gli studenti e le studentesse manca da troppo tempo. Dentro l’apparente accettazione, pacificazione, disciplinamento cova una rabbia e una voglia che è pronta ad esplodere. Tutto bene? No, questo non significa certo negare la pressante spinta mediatica e politica. Del resto non si fa che parlare di ambiente. I giornali non fanno altro che mostrare i volti buoni e neutrali della protesta contro un generico disastro che però non sembra voler individuare responsabili e che anzi ai responsabili sembra volersi rivolgere; i politici fanno a gare per intestarsi la medaglia ambientalista mentre continuano a distruggere e devastare i territori.
Eppure quanto spazio c’è per riuscire a trattenere questo movimento dentro questi angusti paletti? La piazza di oggi ci dice che è davvero poco. La risposta in parte è nella iniziale narrazione che facevamo. Nella miriadi di cartelli che attaccavano le grandi opere inutili, le banche, un modello di sviluppo non più sopportabile. Del resto in questo paese di lotte ambientale ne abbiamo viste decine, già dagli anni ’60 e ’70. Sempre più spesso di massa. Dalle lotte contro il lavoro nocivo, le grandi opere inutili, il nucleare, discariche ed inceneritori. Lotte che hanno sempre saputo individuare i responsabili e che hanno sedimentato una consapevolezza e una radicalità diffusa che difficilmente è disposta a restare da parte.
Non è un caso che la manifestazione di sabato prossimo, 23 marzo, a Roma, la marcia per il clima e contro le grandi opere, lanciata dal Movimento No Tav, all’interno del corteo era qualcosa di sentito come passaggio conseguenziale a questa giornata.
Ma la voglia e la determinazione si è vista anche nel modo di stare in piazza. Quando la manifestazione è arrivata al termine del percorso autorizzato, chi era alla testa non ha potuto fare altro che registrare la volontà di non terminare la giornata. Si è scelto quindi di proseguire su un percorso non autorizzato, continuando a bloccare la città, arrivando fino ai viali per costeggiare la stazione centrale. Nemmeno il momento spontaneo ed emozionante che ha visto migliaia di persone invadere le scale del Pincio e issare striscioni e cartelli tra cori e battimani ha portato alla chiusura della giornata. Da lì, ancora una volta, si è ripartiti per tornare in piazza Maggiore. All’arrivo davanti al Comune una delegazione ha fatto irruzione all’interno del Consiglio Comunale per interromperlo. A seguito dell’interruzione qualche assessore, a margine dell’iniziativa, ha provato una sciagurata passerella venendo contestato dagli studenti che hanno ricordato loro il ruolo quotidiano nella devastazione e il saccheggio dei territori.
Una giornata emozionante quanto complessa, ma che sembra comunque indicare qualcosa di chiaro: non siamo disposti a fermarci. Dinanzi a questi dati non possiamo fare altro che rilanciare sui nuovi appuntamenti di settimana prossima: #fridayforfuture e marcia per il clima e contro le grandi opere di Roma.
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