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Neocolonialismo nell’Amazzonia brasiliana: il caso del colonialismo del carbonio a Portel

Un nuovo studio illustra il caso di un’iniziativa nel comune di Portel, nello stato del Pará, nell’Amazzonia brasiliana, che indica quello che può essere definito “colonialismo del carbonio”.

Tradotto da Desinformemonos

Si tratta di quattro progetti nell’ambito del meccanismo di riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado (REDD) collegati tra loro in vari modi e che occupano un’area di oltre 7.000 km² di foresta.

Lo studio del Tropical Forest Movement (WRM) descrive i progetti guidati dagli investitori dei paesi industrializzati.

Con un discorso geniale, i fautori dell’iniziativa si presentano come salvatori della foresta e come promotori di azioni sociali a beneficio delle comunità fluviali.

Tuttavia, non vi è trasparenza nella documentazione del progetto per quanto riguarda la proprietà dei terreni utilizzati e vi sono indicazioni di irregolarità legate all’uso improprio di terreni di proprietà demaniale.

Inoltre, ci sono stime discutibili da diversi punti di vista dell’effettiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) che – si sostiene – sarebbe raggiunta attraverso i progetti.

Un altro aspetto problematico è che, a quanto pare, non c’era alcuna autorizzazione legale da parte di centinaia di famiglie lungo il fiume incluse e presumibilmente rappresentate nel progetto.

Alcuni di loro, con cui WRM ha parlato, sono rimasti sorpresi nell’apprendere che la terra su cui vivono è inclusa nel progetto.

Né immaginavano che la vendita stimata di una merce che non conoscono superasse già i 100 milioni di dollari che i proponenti dell’iniziativa hanno intascato.

Mentre i progetti REDD promuovono azioni per ridurre le emissioni trascurabili delle famiglie lungo il fiume di Portel, lontano dalla regione, i crediti di carbonio di questi progetti vengono acquistati da alcuni dei maggiori inquinatori del mondo.

Questo è il caso di Repsol (compagnia petrolifera); Air France, Delta Airlines e Boeing (aviazione); Amazon (e-commerce); Samsung, Toshiba e Kingston (tecnologia); Aldi (catena di supermercati); Kering (beni di lusso); tra gli altri.

Questi acquisti consentono alle aziende che emettono enormi quantità di gas serra di continuare a trarre profitto dalla combustione di combustibili fossili pubblicizzando al contempo la loro presunta responsabilità ambientale e sociale.
 

Originariamente pubblicato su Servindi

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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