Sblocca Italia: regali ai petrolieri e massacro programmato del territorio
Qui di seguito il documento del Coordinamento Nazionale che documenta tutto questo
Il nuovo decreto è la traduzione in legge dello Stato del manifesto programmatico scritto vent’anni fa da Assomineraria e dai gruppi economico-finanziari che spingono sul ritorno alle energie fossili, facendo leva sul totem dell’indipendenza energetica, sulle disgrazie dei lavoratori delle raffinerie e dell’indotto, e sulle difficoltà economiche di famiglie ed imprese che continuano a pagare a caro prezzo l’energia malgrado la perdurante flessione dei prezzi di gas e petrolio”.
Se fosse un film potremmo titolarlo “Trivelle, spaghetti e mandolino”; la regia potremmo affidarla al PD ed al suo segretario pro-tempore, Matteo Renzi. Sul genere è impossibile dividersi: nè “spaghetti western” né “commedia all’italiana” né surrealismo bensì trash-horror.
Invece non è un film. E’ lo “Sblocca-Idrocarburi” del PD e di Assomineraria, al secolo “Sblocca-Italia”, rimasto top secret per circa due mesi e riemerso a mo’ di tonno in Gazzetta Ufficiale.
Un aggettivo su tutti: inqualificabile, sia nei contenuti sia nell’approssimazione della tecnica giuridica. La Corte Costituzionale ed il TAR Lazio avranno il loro bel da fare, sempre che l’ondata contro riformatrice di Renzi e del PD non riesca a depotenziare quel poco che è rimasto del già fragile sistema dei controlli nel nostro Paese.
Il nuovo decreto è la traduzione in legge dello Stato del manifesto programmatico scritto vent’anni fa da Assomineraria e dai gruppi economico-finanziari che spingono sul ritorno alle energie fossili, facendo leva sul totem dell’indipendenza energetica, sulle disgrazie dei lavoratori delle raffinerie e dell’indotto, e sulle difficoltà economiche di famiglie ed imprese che continuano a pagare a caro prezzo l’energia malgrado la perdurante flessione dei prezzi di gas e petrolio.
Da oggi quel manifesto programmatico appartiene di diritto anche al PD e del suo segretario che sono riusciti laddove, nel 2004, perfino Berlusconi e l’allora Ministro Marzano non avevano neppure tentato osare.
Questa la “galleria degli orrori” dello Sblocca-Idrocarburi: titolo concessorio unico di durata indeterminata ed indeterminabile; coinvolgimento “di facciata” delle Regioni nel procedimento di rilascio dei titoli attraverso lo strumento dell’Intesa, che la Riforma del Titolo V provvederà a svuotare di contenuto; apertura delle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi alle attività petrolifere; autorizzazione di non meglio specificati “progetti sperimentali” di estrazione di idrocarburi per la durata di 10 anni; possibilità di autorizzare anche la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento allo scopo di migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, ed altre amenità.
L’impianto della Controriforma non mostra lati oscuri. E’ ancora orfano della sua pietra angolare, la Riforma del Titolo V della Costituzione, non a caso invocata dal blocco delle trivelle e dagli oligopolisti dell’energia. Ma non manca molto al completamento dell’opera. Il Paese non può attendere.
Di una cosa, però, va dato atto al PD: con lo “Sblocca-Idrocarburi”, il PD è definitivamente tolto di dosso la mise eco-dem da sfoggiare nelle feste comandate (appuntamenti elettorali, Feste dell’Unità, Feste Democratiche, convegni, ecc.), mostrando la sua vera natura.
La risoluzione approvata il 6 agosto scorso dalle Commissioni riunite VIII e X della Camera, a firma di Stella Bianchi e di altri 26 parlamentari (25 del PD, tra cui Ermete Realacci), che impegnava il Governo a varare leggi e provvedimenti più restrittivi nei confronti delle attività di ricerca e di estrazione, è finita nel contenitore dei rifiuti indifferenziati e a mettercela è stato proprio il Governo il cui azionista di maggioranza è, guarda caso, il PD.
I promotori di quella risoluzione e tutti i Parlamentari in quota PD che finora si sono stracciati le vesti in nome della difesa dei rispettivi territori hanno ora il dovere di opporsi alla conversione in legge del decreto, anche qualora fosse posta la fiducia.
Siamo all’ennesimo di una serie di deja vu senza fine: la conversione in legge del Decreto Sviluppo ricorda qualcosa al PD che allora sosteneva il Governo Monti? La gestione del potere per il potere provoca anche nel PD ricorrenti crisi di amnesia?
La domanda è rivolta a tutti i Parlamentari del PD e, in particolare, ai firmatari della Risoluzione del 6 agosto: Bianchi, Ginefra, Borghi, Realacci, Braga, Bratti, Carrescia, Cassano, Cominelli, Dallai, Del Basso de Caro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Giovanna Sanna, Zardini, Scalfarotto, Antezza, Oliverio, Cominelli e Famiglietti.
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