Terzo sciopero globale per il clima: più di un milione in piazza in tutta Italia
Sul terzo Sciopero Globale per il Clima lanciato da Friday for Future in tutta Italia
Duecentomila in piazza a Roma. Lo stesso a Milano. 100,000 a Torino, sulla stessa linea Napoli. Almeno 50mila a Firenze. Più di 20mila a Bologna, almeno 15mila a Catania. Diecimila a Genova e Cagliari, ma anche a Bari e Parma. E via proseguendo con cortei che in più di 180 città del paese hanno segnato la giornata di oggi, la terza dopo quelle degli scorsi 15 marzo e 27 maggio. Il terzo sciopero globale per il clima ha portato in piazza più di un milione di persone in tutta Italia.
Soprattutto giovani e giovanissimi, capaci di portare nelle piazze, in maniera variegata per pratiche e discorsi, una netta ostilità ai processi di cambiamento climatico. Piazze che sempre di più stanno ponendo il tema delle responsabilità, che non possono essere condivise. Nonostante rimanga forte la presenza di retoriche anestetizzanti che guardano il dito al posto della luna, che puntano sui comportamenti del singolo e sulla necessità del dialogo con le istituzioni (ascoltiamola davvero Greta su!), sia oggi in piazza che negli scorsi giorni sono stati presi di mira a livello simbolico gli attori responsabili della catastrofe climatica.
Che siano le catene di fast fashion come H&M o le aziende energetiche come Eni, si inizia a delineare una insofferenza verso la retorica dei potenti per la quale alle parole non seguono mai i fatti. Per cui bisogna attivarsi contro un modello di produzione sempre più spietato e violento, che non guarda in faccia nessuno pur di estrarre risorse e accumulare profitto, distruggendo i territori e la salute di chi li abita.
Al fianco di tanti cartelli divertenti, che testimoniano la vasta attivazione giovanile sul tema, ne appaiono tanti in cui si ricorda come “L’ambientalismo senza la lotta di classe è giardinaggio”. Una frase bellissima, tagliente, di Chico Mendes, fatta propria dai tanti che oggi hanno invaso le strade del paese. Lotta di classe significa, in ultima istanza, individuazione dei nemici. Significa creare un noi e un loro. Significa smentire la responsabilità collettiva di processi che sono invece derivanti da precise azioni e precisi soggetti. Significa affermare che non c’è interesse generale da difendere, che non c’è nessuna “stessa barca”.
La sfida che ha davanti l’antagonismo di fronte alla lotta sul tema delll’ecologia politica è tutta qui. Viaggiare sul doppio binario che da un lato costruisce momenti di piazza importanti come quelli di oggi, e dall’altra costruisce, scavando lentamente, una lettura e una pratica di classe ai processi in atto. Stare dentro, per orientare contro. E’ un mondo pieno di finti amici, là fuori. Non solo gli ormai impresentabili negazionisti. Non solo i Cacciari e le loro stravaganti teorie. Ai tempi del governo del greenwashing siamo di fronte alla necessità di contrastare in tutti i modi un approccio collaborazionista a livello istituzionale, puntando a disvelare quale sia la reale natura di questo esecutivo, quale sia in generale l’obiettivo della classe capitalista nella contesa in corso. A individuare le controparti, per uscire dalla secca del movimento d’opinione.
Non mancano infatti le contraddizioni nei cortei, ed è giusto sollevarle per poterle affrontare. Ci sono stati cortei dove sindacati appartenenti a confederazioni apertamente SI Tav come la Fiom hanno partecipato, a sprezzo del ridicolo. Stiamo notando pletore di sindaci e assessori che si affollano a rivendicare a turno la patente del più green di tutti, sancendo nelle loro stanze dichiarazioni di emergenza climatica che cozzano con la realtà degli atti politici che prendono qualche secondo dopo, appena i riflettori si sono spenti. Stiamo leggendo le parole di un governo si precipita subito a dirsi al fianco delle piazze, al fianco dei giovani.
Ma come si può sostenere grandi opere come TAV e TAP ed essere credibili con queste dichiarazioni? Come si può continuare ad imporre un destino assassino sulla popolazione di Taranto e dirsi vicini alle ragioni dei manifestanti? Come si può esaltare il ruolo di aziende come Eni e dirsi pronti alla rivoluzione verde? Nemici che sfilano in testa al corteo, come da brechtiana poesia, non li vogliamo. E questa minaccia che lotte per il futuro, che gli scioperi sull’emergenza climatica dovranno affrontare per darsi durata e incisività.
E’ necessario allo stesso ribadire, ancora una volta, che esiste ormai come dato acquisito un nuovo protagonismo giovanile. Inaudito, ancora maggiore in queste piazze rispetto agli ultimi anni di mobilitazione sul tema delle riforme scolastiche del periodo 2008-2011. Dalla necessità di dare corpo a questa attivazione, di renderla continua e non orientata unicamente all’evento, dobbiamo ripartire.
Si apre un autunno in cui la battaglia sull’ecologia politica può potenzialmente tradursi in una mobilitazione sociale, di massa e non estemporanea. Capace di nutrirsi della spinta di una fase di movimentazione globale che non si vedeva dal 2003, dai movimenti contro la guerra in Iraq, come abbiamo visto la scorsa settimana con piazze di centinaia di migliaia di giovani che si sono mosse in tutto il mondo. Sembra sempre più chiaro che questo movimento è qui per durare, stretto tra l’impossibilità da parte capitalistica di trovare reali soluzioni alla crisi e la determinazione gioiosa e speriamo sempre più incazzata di tanti giovani. Alla lotta!
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